STRANIMONDI

Dadi, carte e pianeti

Esplorare lo spazio, rivivere storiche missioni di esplorazione, colonizzare nuovi pianeti: i giochi da tavolo possono offrire molti spunti per affrontare questi temi in modo scientifico, senza ricadere per forza nei giochi educativi.

La plancia di gioco di Terraforming Mars. Crediti immagine: Kynan Stuttard

STRANIMONDI – Il fascino dello spazio è una colonna portante della fantascienza e si rispecchia nei tanti “stranimondi” che esploriamo con questa rubrica: romanzi, film, fumetti, serie tv, giochi. E proprio su questi ultimi ci soffermeremo oggi. Non tutti i giochi però: lasciamo da parte giochi di ruolo e videogiochi, di cui parleremo un’altra volta, e ci concentreremo sui giochi da tavolo, fra i quali spiccano alcuni titoli molto interessanti, non solo dal punto di vista ludico ma anche da quello scientifico.

S.P.A.C.E.

Non si può non cominciare da un gioco tutto italiano, realizzato da Marco Garavaglia e Post Scriptum in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI). S.P.A.C.E. è un gioco di carte in cui i giocatori, nei panni di diverse agenzie spaziali, devono esplorare il Sistema Solare, mandare le loro sonde sui diversi pianeti, partecipare alla realizzazione della Stazione Spaziale Internazionale e ostacolare i progressi dei rivali, in modo da accumulare più prestigio di loro. S.P.A.C.E. è un gioco rapido da imparare e da giocare, che offre diverse strategie per fare punti, consente una buona interazione e, soprattutto, incoraggia i giocatori a scoprire qualcosa sui diversi pianeti – temperatura, massa, numero di satelliti… – per poter usare alcune carte. Un modo efficace per trasmettere informazioni evitando l’approccio didascalico. Non a caso insieme alle istruzioni c’è anche un atlante compatto del Sistema Solare, per chi volesse approfondire. Peccato solo che i testi, sia delle carte sia del manuale, siano molto piccoli e di faticosa lettura.

1969

Altro gioco tutto italiano, dagli sviluppatori all’illustratrice, fino all’editore che l’ha pubblicato. Realizzato da Aureliano Buonfino, Andrea Crespi, Lorenzo Silva e Lorenzo Tucci Sorrentino, illustrato da Giulia Ghigini e pubblicato da Cranio Creations, 1969 è un gioco che ripropone la corsa allo spazio fra cinque superpotenze – USA, URSS, Canada, Germania e Francia – fra il 1963 e il 1969. I giocatori dovranno investire le loro risorse per acquisire scienziati di diversa fama e bravura, assegnarli a diversi incarichi e svolgere diverse esercitazioni, via via più complesse, finché non saranno pronti per tentare la missione più difficile: quella lunare. Ovviamente, mentre ciascuno sviluppa il proprio programma spaziale, gli altri non stanno a guardare. Reclutare spie e interferire con le missioni altrui è infatti fondamentale per diventare la nazione più prestigiosa nella corsa allo spazio. Gestionale leggero e di durata contenuta, semplice da spiegare ma con una discreta profondità strategica e, soprattutto, un alto livello di interazione fra i giocatori.

Apollo XIII

Uno degli autori di 1969, Andrea Crespi, è tornato a occuparsi di storia e spazio con Apollo XIII, gioco del 2015 che consente ai giocatori di rivivere tutte le fasi di una delle più famose missioni spaziali, che ha ispirato film e inciso nell’immaginario collettivo la frase “Houston, abbiamo un problema”. Apollo XIII è un cooperativo, cioè un gioco nel quale i giocatori devono collaborare per fronteggiare le sfide poste da una serie di carte che, in questo caso, scandiscono le diverse fasi della missione, dalla preparazione della missione al lancio. Sfide molto impegnative, poiché serve l’esperienza di più partite, unita anche a un pizzico di fortuna nella pesca delle carte, per riuscire a riportare sulla Terra Lovell, Swigert e Haise. Le condizioni di salute fisica e psichica dei tre astronauti sono alcuni dei parametri che i giocatori dovranno costantemente sorvegliare, man mano che la partita procede e la crisi si fa sempre più complessa. Gli eventi delle carte sono tutti realmente avvenuti e questo, unito all’alto livello di difficoltà, contribuisce a rendere molto efficace l’ambientazione del gioco, che riesce a trasmettere il crescente senso di tensione di fronte all’accumularsi di problemi e guasti, mentre la lucidità degli astronauti inizia a vacillare.

Terraforming Mars

Altro gioco impossibile da non citare, avendo conquistato l’ottava posizione nella classifica di Boardgamegeek, il sito di riferimento per tutti gli appassionati di giochi da tavolo. Uscito nel 2016, sviluppato da Jacob Fryxelius e illustrato dal fratello Isaac, Terraforming Mars è un gioco decisamente più fantascientifico dei precedenti, ma che cerca comunque di mantenere un certo livello di realismo, grazie a un technobabble non esagerato (frutto, probabilmente, di un buon lavoro di documentazione) e a un regolamento non troppo disgiunto dall’ambientazione.

Lo scopo del gioco Terraforming Mars è la colonizzazione di Marte. Crediti immagine: Kynan Stuttard

Si tratta di un gestionale basato sull’uso di diversi tipi di carte, più di 200, dagli effetti più disparati. Lo scopo, come si evince dal titolo, è la colonizzazione di Marte da parte di una serie di imprese in competizione fra loro. Competizione che però non si traduce in un alto livello di interazione fra i partecipanti – il che, combinato a una durata di circa due ore, potrebbe non renderlo un gioco adatto a tutti i palati. I giocatori dovranno fare attenzione ai valori ambientali marziani, sviluppare la produzione di metalli ed energia, fondare città, costruire aree verdi per innalzare i livelli di ossigeno e altre cose ancora.

Evoluzione planetaria

Negli ultimi due anni sono usciti un paio di giochi incentrati sull’origine dei pianeti. In Exoplanets (2015) di Przemysław Świerczyński, i giocatori contribuiscono alla formazione di un nuovo sistema planetario, ottenendo risorse (acqua, gas, energia) dalla stella centrale e dalla nube di polvere cosmica, e spendendole per attivare effetti vari, con lo scopo di creare più forme di vita sui vari pianeti. È un gioco strategico di media complessità, piuttosto veloce e con un buon livello di interazione.

Anche in Planetarium (2017) di Stéphane Vachon ci troviamo in un nuovo sistema planetario, nel quale i giocatori dovranno competere nel raccogliere segnalini materia, muovere i nascenti pianeti intorno alla stella centrale e giocare carte che ne guidano l’evoluzione. Anche in questo caso la durata del gioco non è eccessiva, c’è un certo livello di interazione indiretta ed è adatto anche a giocatori non esperti. La casualità data dalla pesca delle carte e dalla disposizione iniziale delle componenti lo rende più tattico che strategico.

La plancia di gioco di Planetarium. Crediti immagine: Barry Miller

Dal punto di vista della verosimiglianza scientifica, Planetarium sembra decisamente avere la meglio: si percepisce infatti l’attenzione dedicata agli effetti delle carte e alle dinamiche del movimento dei pianeti (che spostandosi sulla plancia di gioco raccolgono la materia con cui collidono, materia che poi potrà venir spesa per giocare le carte evoluzione). Merito senz’altro della partecipazione come consulente di un ricercatore della NASA, James Lewis, geochimico che si occupa delle analisi mineralogiche e organiche condotte tramite il Sample Analysis at Mars (SAM). Exoplanets si prende qualche libertà in più a riguardo – a partire dall’enfasi sul concetto di creazione della vita – risultando un po’ più astratto ma non per questo meno interessante.

Conclusioni

Questa lista non vuole certo essere esaustiva, vista la grande disponibilità di titoli su questi temi; vedetela più come uno spunto da cui partire per esplorare lo spazio con dadi, carte e pedine. Soprattutto, vuole essere uno spunti di riflessione sui diversi modi che alcuni giochi hanno di trasmettere uno o più concetti senza per questo ricadere nella categoria dei giochi educativi, che possono indurre un’istintiva reazione di difesa in molti giocatori, che temono di trovarsi di fronte più a un libro di testo che a un gioco. Eppure a volte può bastare una meccanica ben congegnata o un flusso di azioni calibrato con attenzione per trasmettere nozioni in maniera molto efficace, senza rinunciare all’aspetto ludico, come ben sanno gli esperti di gamification, e come abbiamo già visto su Stranimondi.

Leggi anche: Mars Generation: piccoli astronauti in erba

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Michele Bellone
Sono un giornalista e mi occupo di comunicazione della scienza in diversi ambiti. I principali sono la dissemination di progetti europei, in collaborazione con Zadig, e il rapporto fra scienza e narrativa, argomento su cui tengo anche un corso al Master di comunicazione della scienza Franco Prattico della SISSA di Trieste. Ho scritto e scrivo per Focus, Micron, OggiScienza, Oxygen, Pagina 99, Pikaia, Le Scienze, Scienzainrete, La Stampa, Il Tascabile, Wired.it.