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Minacciare per riprodursi

L’intimidazione sessuale dei babbuini

Lo studio è iniziato per una curiosità: nessuno ha mai documentato un babbuino obbligare una femmina all’atto riproduttivo, come avviene invece per altre specie di mammiferi. Crediti immagine: D. Gordon E. Robertson, Wikimedia Commons

RICERCA – Uno studio realizzato da un team dell’Università di Tolosa ha evidenziato come i babbuini maschi utilizzino l’intimidazione sistematica come mezzo per forzare l’accoppiamento. Per ottenete i risultati presentati nello studio, pubblicato sulla rivista Current Biology, Alice Baniel e i suoi collaboratori hanno osservato per circa quattro anni il comportamento di due grandi comunità di babbuini neri in natura (nello specifico, in Namibia).

Il gruppo di ricerca ha iniziato questo studio, secondo quanto riportano gli stessi ricercatori e ricercatrici, per curiosità: nessuno, infatti, ha mai documentato un babbuino obbligare una femmina all’atto riproduttivo, come avviene invece per altre specie di mammiferi. Il dubbio, risolto da questa ricerca, era se questi primati applicassero strategie coercitive meno evidenti. “Durante l’osservazione sul campo – spiega Baniel – abbiamo notato che spesso i maschi attaccavano, senza cause e/o provocazioni evidenti, le femmine che erano nella fase di estro. Abbiamo inoltre notato che i maschi mantenevano un’attenzione elevata, sottolineata anche da una vicinanza fisica costante, nei confronti di volta in volta di una femmina specifica, dall’inizio alla fine del ciclo”. Lungi però dall’essere un’attenzione benevola e, potremmo dire, affettuosa, questo attaccamento si traduceva in comportamenti aggressivi e immotivati. Il team di Baniel ha incrociato i dati, scoprendo che la frequenza di aggressione da parte dei maschi alle femmine in un periodo fertile era significativamente maggiore rispetto agli episodi registrati nei confronti di femmine incinte o che fossero nel periodo di allattamento.

Il dato veramente significativo, tuttavia, è che i maschi che avevano tenuto un comportamento costantemente aggressivo e violento nei confronti di un femmina specifica avevano maggiori possibilità di riprodursi con essa sul lungo periodo, una volta sopraggiunta l’ovulazione. Le osservazioni del team di Tolosa riportano settimane intere di attacchi premeditati al solo scopo di monopolizzare una femmina fertile, e non a caso Baniel e colleghi si riferiscono a questo comportamento come a un’“intimidazione sessuale a lungo termine”.

Gruppi di ricerca diversi hanno documentato, in passato, lo stesso comportamento nelle comunità di scimpanzé, e lo studio dei babbuini namibiani avvalla ulteriormente l’ipotesi di una strategia riproduttiva conservata a livello evolutivo nei primati, fino a giungere all’essere umano. L’intimidazione sessuale, infatti, è favorita da diversi fattori che si possono ritrovare sia nelle comunità di scimpanzé e babbuini, sia nell’uomo: coesistenza di maschi e femmine in gruppi molto numerosi (e quindi con molti competitori a livello riproduttivo) per un lungo periodo, dimorfismo sessuale evidente (maschi più grandi e forti delle femmine) e fine memoria a lungo termine (per immagazzinare e classificare le interazioni sociali, incluse quelle violente, avvenute in passato).

Questo tipo di approccio, meno evidente e più subdolo rispetto alle violenze dirette osservate in altri mammiferi (come l’uccisione della prole, l’accoppiamento forzato e altri comportamenti paragonabili, nell’uomo, alla molestia sessuale), è meno facile da documentare: proprio per questo motivo lo studio di Baniel e colleghi è un nuovo, importante strumento nelle mani di etologi, antropologi e ricercatori sociali per spiegare le complesse dinamiche che intervengono in comunità– come quelle dei primati, ma anche degli esseri umani – in cui la scelta dei partner sessuali appare del tutto libera.

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Marcello Turconi
Neuroscienziato votato alla divulgazione, strizzo l'occhio alla narrazione digitale di scienza e medicina.