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Uova al fipronil: conosciamo i nostri polli?

Trovate anche in Italia uova contaminate da fipronil: cos’è, perché viene impiegato e quali possono essere i rischi per la salute.

APPROFONDIMENTO – Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Gran Bretagna, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia, Svezia e Svizzera. Sono al momento 16 i Paesi dell’area europea in cui sono state individuate uova contaminate dall’insetticida e antiparassitario fipronil, ai quali bisogna aggiungere la lontana Hong Kong.

Evidenziati in rosso i Paesi dell’area europea dove sono state individuate uova contaminate.

Può forse stupire la facilità con cui due uomini – Martin van de Braak, 31 anni, e Mathijs IJzerman, 24, ora agli arresti – abbiano potuto basare il proprio business su una “cura miracolosa” contro i parassiti, in particolare l’acaro rosso del pollo, evitando ogni controllo. L’hanno proposta a un convegno di allevamento intensivo nello scorso marzo come una versione migliorata del DEGA-16, un prodotto alle erbe già conosciuto. Avrebbe funzionato velocemente e avrebbe tenuto lontani i parassiti da ogni angolo delle fattorie per otto mesi (al posto dei tre dei metodi convenzionali), con un gradevole profumo alla menta. Gli allevatori hanno provato a chiedere loro quale fosse la ricetta miracolosa, ma questa era – ora è facile capire il perché – segreta. I due giovani imprenditori, che avevano fondato la loro startup ChickFriend, a fronte dei dichiarati mentolo ed eucaliptolo avevano aggiunto l’efficace ma vietato fipronil. Coinvolta anche l’azienda fiamminga Poultry Vision, che aveva importato da una compagnia rumena specializzata nella realizzazione di prodotti chimici almeno 6 metri cubi del prodotto illegale, procurato alla ChickFriend.

Il Ministro dell’Agricoltura belga Denis Ducarme, in audizione davanti al Parlamento, ha sottolineato come le autorità olandesi fossero a conoscenza dell’uso illegale del fipronil nelle loro fattorie già dal novembre scorso: ma questa informazione non è stata comunicata agli altri Stati, né è stata notificata al Rapid Alert System for Food and Feed (RASFF) della Commissione Europea. Tutto è reso ancora più grave dal fatto che i Paesi Bassi sono uno dei massimi esportatori mondiali di uova. I belgi, dal canto loro, hanno scoperto la contaminazione – in maniera fortuita, grazie a un controllo a campione – il 2 giugno, ma la notifica al RASFF è arrivata solo il 24 luglio.

La NVWA, l’agenzia per la sicurezza alimentare olandese, nega di essere stata a conoscenza della contaminazione: il documento citato dal ministro belga Ducarme si riferiva alla presenza dell’insetticida nelle stalle. Secondo l’ispettore generale della NVWA, Rob van Lint, non c’era motivo di credere che ci fossero rischi per la salute pubblica: “abbiamo fatto molte ricerche”, ha dichiarato a Rtl Nieuws. Scaricabarile o meno, le polemiche continuano, e nei Paesi Bassi 180 allevamenti avicoli sono stati chiusi in via cautelare all’inizio del mese. Milioni di uova sono state bloccate o ritirate dal commercio.
La Commissione Europea ha convocato per il 26 settembre una riunione di alto livello con i ministri e le autorità interessate, per stabilire delle linee guida che permettano di affrontare situazioni simili con maggiore tempestività e trasparenza, evitando rischi ai consumatori.

La situazione in Italia

Nel nostro Paese vivono 42 milioni di galline ovaiole e sono attivi 1600 allevamenti industriali. Nonostante questo, l’Italia non è del tutto autosufficiente nella produzione di uova – nel 2016 ne ha prodotte 12 miliardi e 900 milioni, esportandone più di 860 milioni e importandone circa un miliardo per soddisfare la richiesta interna (dati Istat) – e derivati (maionese, pasta fresca, creme, prodotti dolciari…). Secondo i dati diffusi da Coldiretti, avremmo importato solo dall’Olanda circa 580 tonnellate di uova. Non risulterebbero, invece, importazioni dal Belgio.

Dopo l’allerta dell’Unione Europea, durante la scorsa settimana sono scattati i controlli dei Nuclei Antisofisticazioni e Sanità su uova e derivati, importati o nostrani. Su 114 campioni due sono risultati positivi alle analisi dei giorni scorsi: uno nelle Marche, dove è stata immediatamente fermata la commercializzazione delle uova di un allevamento di Ostra Vetere (Ancona), e uno nel Lazio, in un laboratorio artigianale di pasta. A Milano è stata sequestrata una partita di omelette surgelate della ditta International Trade Group: prodotte con uova contaminate, sono il primo caso di potenziale vendita al consumatore nel nostro Paese. Martedì sono stati individuati altri due campioni “non conformi” in due centri di imballaggio annessi ad allevamenti a Benevento e a Sant’Anastasia, in provincia di Napoli. Mercoledì, il sequestro più ingente: più di 90 000 uova, 3 capannoni per allevamento con 27 000 galline ovaiole e un centro di imballaggio, tra Viterbo e Ancona. E giovedì un altro episodio, ad Atena Lucana, in provincia di Salerno. Le uova erano già imballate in un deposito all’ingrosso. La Regione Emilia-Romagna, in attesa di conoscere gli esiti degli esami di laboratorio, ha deciso a scopo precauzionale di fermare la commercializzazione da alcuni allevamenti.

Nel 2016 l’Italia ha importato circa un miliardo di uova per soddisfare la richiesta interna.

Il comandate dei NAS Adelmo Lusi ha dichiarato che verranno presentate sette denunce alla magistratura, per i responsabili delle attività finora individuate da NAS, ASL e Regioni. I reati ipotizzati sono adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari e detenzione di alimenti tossici per l’uomo. Due le ipotesi sul fipronil rilevato: potrebbe essere stato impiegato per la disinfezione del terreno in assenza di animali, oppure era presente nei mangimi. È possibile che i casi positivi e i sequestri non siano ancora terminati. Assoavi, associazione per la tutela dell’uovo italiano che rappresenta oltre 400 produttori, ha attivato controlli e analisi volontarie su tutti i capannoni di galline ovaiole degli allevatori aderenti, per far certificare l’assenza di contaminazioni da laboratori accreditati – o escludere dalla commercializzazione uova o prodotti derivati se contengono fipronil.

Cos’è il fipronil e per cosa viene utilizzato?

Nella Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea, il fipronil viene autorizzato solo come insetticida nel trattamento delle sementi. Viene chiaramente specificata la necessità di proteggere gli uccelli granivori e i mammiferi, gli organismi acquatici, le api e tutti gli organismi non bersaglio, evitando la contaminazione delle acque sotterranee. Questa sostanza, però, insieme ad altri pesticidi simili, ha avuto una storia molto travagliata negli ultimi anni, con un susseguirsi di restrizioni, divieti e procedimenti legali, in un braccio di ferro continuo tra l’Unione Europea e la BASF, una delle più grandi compagnie chimiche al mondo, che detiene i diritti di brevetto per la produzione e la vendita di prodotti a base di fipronil dal 2003 in molti Paesi.

Nella Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea, il fipronil è autorizzato solo come insetticida nel trattamento delle sementi.

Nel 2013, sulla base della valutazione dei rischi compiuta dalla European Food Safety Authority, la Commissione Europea lo ha messo parzialmente al bando, consentendone l’utilizzo solo all’interno delle serre e su colture che venivano raccolte prima della fioritura, poco attraenti per gli insetti impollinatori, per limitare la moria di api che stava colpendo molti Stati. L’impatto negativo del fipronil su questi insetti, fondamentali per l’ecosistema, non soddisfava più i criteri di approvazione della regolamentazione sui pesticidi. Però, esiste una scappatoia: l’articolo 53 di questo regolamento consente agli Stati membri di autorizzare in casi di emergenza l’uso di un prodotto non consentito. Se la produzione agricola o l’ecosistema sono soggetti a un pericolo che non può essere contrastato con altri mezzi, in deroga ai requisiti di sicurezza sanitaria e ambientale, potrà essere immesso in commercio un prodotto fitosanitario “proibito”, per un periodo non superiore a 120 giorni e per un uso limitato e controllato.

Diversamente da campi agricoli e allevamenti, il fipronil entra nelle nostre case con grande facilità, nelle fialette che acquistiamo per tenere lontani da Fido e Fuffi pulci, pidocchi, acari, zecche e altri parassiti. Per i conigli è tossico, vanno incontro a crisi convulsive violente, a danni neurologici irreversibili e spesso anche alla morte. Se quindi può essere utile, seguendo rigorosamente le dosi consigliate, su cani e gatti, non bisogna dimenticare che è un veleno.

Quali sono i rischi per la salute?

La classificazione di rischio che dà la European Chemicals Agency è quella di tossicità in caso di ingestione, contatto con la pelle, inalazione. Causa danni agli organi in caso di esposizione prolungata o ripetuta e risulta particolarmente tossico per la vita acquatica, anche con effetti a lungo termine. L’Organizzazione mondiale della Sanità considera il fipronil, allo stato solido, “moderatamente tossico per l’uomo”. Ci possono essere sintomi legati al sistema nervoso come tremolio alle mani, leggera sonnolenza e reattività ridotta, ma si può arrivare anche a nausea, vomito, dolore addominale o convulsioni. Se consumato in grandi quantità può provocare danni ai reni, al fegato e alla tiroide.

Al momento, però, si conoscono solo le dosi minime al di sopra delle quali uova, carni e altri derivati sono tossici. Non è ancora stata stabilita in modo scientifico la quantità massima di fipronil che, se presente negli alimenti (a causa di una possibile diffusione accidentale nell’ambiente, non per consentirne un utilizzo indiscriminato), non costituisce alcun rischio per le persone anche in caso di consumo quotidiano per tutta la vita. È scorretto dire che non esiste nessun rischio, mentre ha senso affermare che questo rischio è basso e che il ritiro delle uova contaminate è precauzionale e legato soprattutto al fatto che l’uso di questo antiparassitario è illegale sulle specie animali legate alla filiera alimentare.La German Federal Institute for Risk Assessment ha calcolato che, anche se un uomo di 65 kg consumasse più di 7 uova contaminate in 24 ore, non dovrebbe avere alcun danno da avvelenamento. A causa del peso inferiore, la soglia da non superare per i minori per non avere sintomi legati alla tossicità è di circa 1,7 uova in 24 ore per un bambino di 16,1 kg. Il fipronil non viene degradato dalla bollitura o dalla frittura, quindi i livelli massimi di assunzione raccomandati sono gli stessi, che le uova siano trasformate o meno.

In attesa del completamento di controlli e analisi, la scelta migliore rimane quella di adottare una dieta varia, in modo da bilanciare il consumo di uova con molte altre cose, mantenendo basso il rischio di entrare in contatto con alimenti contaminati. L’aspetto positivo di questa vicenda è quello di aver portato alla luce l’utilizzo illegale di questo pesticida anche nel nostro Paese, facendo aumentare i controlli e garantendoci di trovare cibi un po’ più sani sulla nostra tavola. Viene da chiedersi, però, se conosciamo davvero quello che mangiamo.

@giuliavnegri89

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Giulia Negri
Comunicatrice della scienza, grande appassionata di animali e mangiatrice di libri. Nata sotto il segno dell'atomo, dopo gli studi in fisica ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza “Franco Prattico” della SISSA di Trieste. Ama le videointerviste e cura il blog di recensioni di libri e divulgazione scientifica “La rana che russa” dal 2014. Ha lavorato al CERN, in editoria scolastica e nell'organizzazione di eventi scientifici; gioca con la creatività per raccontare la scienza e renderla un piatto per tutti.