IL PARCO DELLE BUFALE

Una rete neurale impara dalle figure come fare previsioni

Grazie a un approccio "alternativo", un algoritmo prevede le temperature locali e globali senza tener conto dei processi fisici che le determinano.

L’uso di un algoritmo per prevede le temperature locali e globali può portare a grossolani errori se non si considerano i processi fisici che le determinano.

IL PARCO DELLE BUFALE – Gli anelli degli alberi e i coralli sono la “prova” che il riscaldamento globale non è dovuto alle emissioni di CO2, dicono alcuni lettori, cosa ne pensa la custode del Parco?

I suoi pensieri riguardano solo lei, comunque li ringrazia di aver segnalato un studio, uscito su una rivista che Elsevier ha appena deciso di chiudere. Gli autori sono due dipendenti di una lobby australiana per le energie fossili: l’ex chimico John Abbot e l’ex biologa e giornalista Jennifer Mahorasy.

Come dice il titolo

Applicazione del machine learning per valutare il cambiamento climatico naturale rispetto a quello antropogenico

si tratta di

un approccio alternativo che, come viene dimostrato, non richiede una conoscenza preliminare dei processi fisici, ma dati adeguati e tecniche di machine learning appropriate.

Molto alternativo e di una semplicità incantevole.

Tra migliaia di ricostruzioni delle temperature pubblicate nei decenni scorsi, ne hanno scelte cinque basate sulla composizione di pollini, coralli, stalattiti, anelli degli alberi, sedimenti lacustri, in Sudamerica meridionale, Tasmania, Nuova Zelanda, Canada e Svizzera. Ciascuna copre un periodo variabile da 800 a 1200 anni. La sesta lunga quasi duemila anni e detta “Emisfero Nord”, non ricostruisce la temperatura, ma le variazioni del clima estivo in Islanda.

Al posto di “dati adeguati”, gli autori hanno fatto una scansione delle figure riassuntive, trovate nelle pubblicazioni, che una rete neurale (un algoritmo per il “machine learning”) doveva “apprendere”. Allenata a riconoscere periodicità, amplitudini e fasi delle sei curve, avrebbe usato la ciclicità postulata a priori dagli autori per fare previsioni.

Nelle figure gli anni indicati sull’asse x non coincidevano, quindi gli autori li hanno fatti slittare allineando il picco di ogni curva sul periodo caldo medievale, tra il X e il XIII secolo. Una volta aggiustata l’informazione di partenza, la rete l’ha ripetuta per simulare la temperatura in ogni località dal 1860 in poi. Con una semplice media, gli autori hanno calcolato che quella globale cala dal 1980:

Tra l’anno 0 al 1830, le nostre emissioni di gas serra erano ininfluenti, per una rete neurale che non ha imparato nulla dei “processi fisici”, non possono che restare tali in seguito. Gli autori ne deducono che la temperatura globale aumenterà al massimo di 0,6° C quando la concentrazione di CO2 in atmosfera sarà passata da 275 ppm nel 1830 a 550 ppm.

La concentrazione attuale è di 404 ppm, e la temperatura è già aumentata di 1 °C, il che non ha impedito a Jennifer Mahorasy di sostenere sulla stampa che

  • il suo modello climatico è il più affidabile di tutti;
  • nel Medioevo la temperatura dell’emisfero Nord era superiore a quella attuale;
  • di aver smentito definitivamente l’effetto serra delle emissioni di gas serra.

E soprattutto, non ha impedito a parecchi giornalisti di crederci.

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