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Desierto florido, un’esplosione di colori ad Atacama

In corrispondenza di El Niño, il deserto cileno si ricopre di un tappeto di fiori selvatici. Uno spettacolo unico nel suo genere, che si è ripetuto anche quest’estate (ma non era atteso per almeno altri tre anni)

Un’immagine del fenomeno nel 2010, dopo il passaggio di El Niño. Fotografia di Joselyn Anfossi Mardones – Wikimedia Commons CC BY 2.0

SPECIALE SETTEMBRE – La pioggia nel deserto è un evento così raro che diamo per scontato non si verifichi quasi mai, e quando poi le prime gocce d’acqua toccano il suolo sembra quasi un miracolo. Eppure è proprio un deserto, in Cile, che ogni cinque-sette anni sfrutta tutta l’acqua a disposizione e sfodera un enorme, meraviglioso e variopinto tappeto di fiori rigogliosi. Il fenomeno è detto in spagnolo desierto florido (“deserto fiorito”) e normalmente si verifica in corrispondenza del passaggio di El Niño, quando le acque dell’oceano Pacifico al largo del Cile settentrionale subiscono un notevole riscaldamento. L’acqua più calda modifica la circolazione dell’aria sulla regione e, di conseguenza, aumentano le precipitazioni.

Di norma il deserto di Atacama, che si trova a quasi 800 chilometri dalla capitale del Cile Santiago, non riceve infatti più di 3-4 millimetri d’acqua l’anno. Dopo l’ultimo desierto florido del 2015 (considerato il più intenso degli ultimi 18 anni) non ci si aspettava una nuova fioritura per almeno cinque anni. Ma lo scorso agosto tutto il mondo ha avuto una sorpresa: l’arido terreno del deserto si è ricoperto nuovamente di centinaia di migliaia di fiori, almeno 200 specie diverse, la maggior parte delle quali è endemica del Cile. Non si trovano in nessun altro luogo al mondo.

Alcune, come l’amarillidacea añañuca (Rhodophiala rhodolirion) e l’arancione Bomarea ovallei, sono a rischio di estinzione a causa della perdita di habitat.

Il fiore di Bomarea ovallei. Fotografia Wiki surfer bcr – Wikimedia Commons, Public Domain

Il desierto florido aumenta la presenza turistica – tra curiosi ed esperti botanici che vengono a osservare il fenomeno – di almeno il 20%. Anche per questo le autorità cilene cercano di monitorare l’area e preservarla, gestendo l’afflusso dei visitatori che arrivano ad ammirare i quasi 1000 chilometri di tappeto fiorito.

Ma nel 2015 di notevole non c’è stata solo la fioritura. A marzo il Cile settentrionale era stato duramente colpito dalle precipitazioni, con piogge torrenziali e alluvioni che hanno coperto di fango e reso impraticabili le strade, lasciato senza corrente elettrica una grossa porzione del Paese e causato più di 20 morti. Dichiarato lo stato di emergenza, migliaia di persone erano state evacuate per proteggerle da quella che Mahmud Aleuy, allora Ministro degli Interni, aveva descritto come “il peggior disastro che ha colpito il Nord negli ultimi 80 anni”.

Come si spiegano eventi tanto estremi?

L’Atacama è considerato il più arido deserto del pianeta, e non è un caso, come spiega la National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA). La sua posizione, la vicinanza con le Ande e la prossimità con la fredda corrente di Humboldt (a causa della quale le temperature dell’acqua lungo la costa occidentale del Sud America sono inferiori di 7-8° rispetto ad altre aree alla stessa latitudine ma lontane dalla costa) tengono letteralmente lontane le precipitazioni. Quando arrivano estate e autunno, l’area del deserto si trasforma in una sorta di “scatola” ad alta pressione, che mantiene all’esterno la bassa pressione delle tempeste.

Le Ande sono esse stesse un muro per le precipitazioni: quando il vento soffia in questa regione, l’aria arriva sul lato orientale delle Ande, si condensa e si trasforma in piogge che bagnano la catena montuosa. Ben poco rimane per il deserto lì accanto.

Ma le esplosioni di fiori inaspettate non riguardano solo il deserto di Atacama. Nel 2016 anche la famosa Death Valley, arida e spoglia come il nome lascia intendere, si è riempita di un’abbondanza di fiori selvatici. Nel marzo 2017 ha seguito l’Anza-Borrego Desert State Park nella California Sud-orientale

@Eleonoraseeing

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".