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Cosa sappiamo sui deserti

Il 30% delle terre emerse è desertico: non si tratta solo di distese sabbiose ma anche deserti di ghiaia, freddi, continentali o polari.

SPECIALE SETTEMBRE – In arabo lo chiamano erg (grande distesa sabbiosa), hammada (pianura rocciosa), o in generale sahra (dalla cui forma plurale, deriva il nome del più grande e conosciuto): il deserto, un ambiente per il quale è difficile dare una definizione statica e assoluta. Gli europei per descriverlo hanno usato parole legate all’idea di abbandono (il termine italiano deriva dal latino desertum, participio passato di deserĕre, “abbandonare”), come riflette anche l’etimologia del nome del Namib: “il posto dove non c’è niente”. Per i persiani dasht significa sia pianura che deserto, con riferimento alla pianura che domina il centro dell’Iran.

Per i geologi e i geografi, che hanno provato a elaborare una definizione scientifica, il fattore che accomuna questi ambienti è l’aridità, ovvero la mancanza di precipitazioni (meno di 200-250 mm l’anno). Perciò questo ecosistema, che ricopre circa il 30% delle terre emerse, include non solo le distese sabbiose che fanno parte del nostro immaginario, ma anche i deserti di ghiaia, quelli freddi continentali e i deserti polari.

Deserti caldi, freddi e polari

Una delle classificazioni più comuni, proposta da Peveril Meigs, prevede una suddivisione in tre categorie: paesaggio estremamente arido (mancanza di precipitazioni anche per 12 mesi consecutivi), paesaggio arido (meno di 250 mm l’anno) e paesaggio semiarido (tra 250 e 500 mm). Il Sahel, ad esempio, una fascia di territorio dell’Africa sub-sahariana, è una importante regione semiarida, che rappresenta una zona di transizione tra l’area arida del Sahara e quella fertile della savana. Alcune definizioni più complesse di deserto tengono conto non solo delle precipitazioni ma anche del tasso di evaporazione. Il Kalahari, nell’Africa meridionale, riceve una quantità di precipitazioni doppia rispetto a quella prevista dalla definizione. Tuttavia, nonostante le piogge, il caldo secco fa evaporare la maggior parte dell’umidità della terra e l’ambiente può essere considerato desertico.

In base alla temperatura i deserti si possono suddividere in caldi, freddi e polari. I primi, che rappresentano il 16% delle terre emerse, si trovano nelle regioni subtropicali e tropicali. Sono caratterizzati da forte aridità, vegetazione ridotta o assente, mancanza di corsi d’acqua perenni e assenza di precipitazioni. Oltre ai già citati Sahara, Namib e Kalahari, tra i principali deserti caldi vi sono i il Rubʿ al-Khālī (Penisola araba), il deserto siriano, il deserto di Chihuahua (Messico e Stati Uniti), i deserti del Gran Bacino (Stati Uniti occidentali) e il Gran Deserto Australiano.

I deserti freddi, che si trovano nelle regioni temperate continentali, costituiscono il 14% della superficie terrestre e sono caratterizzati da grandissime escursioni termiche. Il deserto del Gobi, tra la Mongolia meridionale e la Cina settentrionale, è un esempio di deserto freddo. Situato su un altopiano a latitudini piuttosto alte, ha una temperatura media intorno agli zero gradi, che in inverno può raggiungere i -40°C e in estate quasi i 50°C. Altri deserti freddi sono quello della Patagonia, il deserto del Karakum in Turkmenistan e l’altopiano del Colorado, negli Stati Uniti.

Tra gli ambienti più estremi del pianeta, i deserti polari sono caratterizzati da distese perenni di neve e ghiaccio e da un clima glaciale. Comprendono l’Antartide, l’Artide e la Groenlandia. Qui la temperatura media durante il mese più caldo è inferiore ai 10°C. Nelle regioni in cui le precipitazioni sono più abbondanti, il paesaggio è caratterizzato da dune di neve. Per la maggior parte è invece formato da letti di roccia e pianure di ghiaia.

Solo il 20% del totale dei deserti presenti sulla Terra è costituito da sabbia. Circa la metà delle superfici desertiche è invece formata da pianure dove l’azione del vento – attraverso un fenomeno noto come deflazione eolica – ha rimosso i materiali a grana sottile, portando alla luce un terreno fatto di ciottoli e ghiaia. Le rimanenti aree desertiche sono composte da affioramenti di letti rocciosi, aridisol e depositi fluviali, inclusi laghi desertici, saline e oasi. I letti rocciosi in genere sono presenti come piccole montagne circondate da pianure erose.

Il terreno che caratterizza i deserti è costituito soprattutto da minerali ed è povero di contenuto organico. In alcune aree l’accumulo di acqua porta alla formazione di strati di sale, come nel Salar de Uyuni, che si estende per più di 10.000 Km2 nell’altopiano andino della Bolivia. Tra i minerali diffusi in zone desertiche vi è il caliche, un composto che si forma quando il carbonato di calcio cementa insieme ai granelli di sabbia e alla ghiaia. Di colore variabile dal bianco-rosa fino al marrone-rossiccio, questo minerale può trovarsi sotto forma di un letto solido, spesso fino a 50 metri.

Le precipitazioni nei deserti sono scarse, eppure quando arrivano possono essere anche molto violente. Nel Sahara il valore record di quantità di acqua caduta è di 44 mm in tre ore. Durante le tempeste il letto dei ruscelli – un canalone normalmente asciutto, detto uadi o arroyo – si riempie rapidamente e in modo violento. I corsi di questi ruscelli si svuotano poi altrettanto rapidamente, quando l’acqua evapora o si infiltra nel sottosuolo, andando ad alimentare le falde acquifere sotterranee.

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Francesca Camilli
Comunicatrice della scienza e giornalista pubblicista. Ho una laurea in biotecnologie mediche e un master in giornalismo scientifico.