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Geoswim, mappare il Mediterraneo una bracciata alla volta

Un progetto nato all'Università di Trieste ha un obiettivo ambizioso, mappare più di 30 000 chilometri di coste per ripercorrerne il passato. E poterne così modellare il futuro, in vista dei cambiamenti climatici.

Il ricercatore Stefano Furlani e Ciclope, il barchino del progetto Geoswim. Fotografia di Stefano Furlani – GEOSWIM

TRIESTE NEXT – Per un geologo studiare gli ambienti continentali “è come essere un ispettore di polizia che deve indagare su un caso misterioso: è tutto coperto, ad esempio dai boschi, non è un territorio aperto e facile da osservare. Hai pochi elementi a disposizione e devi ricostruire la storia di quello che hai davanti. Con le coste rocciose invece è completamente diverso: è tutto in vista e puoi toccare con mano l’azione del mare e come è cambiata nel corso del tempo”.

A raccontarlo è Stefano Furlani, ricercatore al Dipartimento di Matematica e Geoscienze dell’Università di Trieste, che nell’ambito della manifestazione scientifica Trieste Next ha raccontato l’esperienza del progetto Geoswim, arrivato nel 2017 al sesto anno di spedizioni.

Geoswim è nato nel 2012, quando Furlani ha nuotato e fatto rilievi in solitaria lungo tutte le coste dell’Istria. Un totale di 260 chilometri percorsi, da Pola fino a Trieste. Da allora il progetto è cresciuto e il gruppo si è allargato: con il coinvolgimento di biologi, archeologi e geologi di tutta Italia si prefissa di mappare più di 30 000 chilometri di coste. Coste che, dati alla mano, sono state a lungo delle perfette sconosciute.

“Un database continuo di tutte le grotte costiere del Mediterraneo non esiste ancora, come anche scarseggiano molti dati ambientali. Tutti quelli che raccogliamo finiscono in un database, che è il primo a livello mediterraneo, insieme alle informazioni sulla presenza di sorgenti di acqua dolce, alle caratteristiche ecologiche dell’ambiente, ai parametri fisici e chimici come temperatura e conducibilità”, racconta Furlani.

L’asso nella manica è un barchino, Ciclope, che di anno in anno si arricchisce di nuovi strumenti “per automatizzarlo sempre di più”. GPS, torcia, GoPro per immortalare i tratti di costa e le forme costiere. Una volta terminata la spedizione, ogni anno, si torna in laboratorio e tutte le immagini georeferenziate vanno a unirsi per creare una mappa del profilo della costa. Senza interruzioni, come non era mai stato fatto prima.

Avere a disposizione una tale mole di dati, soprattutto grazie ai solchi marini (che ci mostrano dove era il livello del mare nel corso del tempo e di rimando dove si trova oggi) permette di ripercorrere la storia geologica e, grazie al passato, costruire modelli di previsione per l’innalzamento del mare del presente e del futuro.

Aree stabili dal punto di vista tettonico, come la Sardegna, sono anche quelle dove il “colpo d’occhio” del livello del mare è più evidente: nel golfo di Orosei la differenza si aggira intorno ai 7-8 metri. Ma durante esplorazione e mappatura i ricercatori hanno anche trovato luoghi inaspettati, come una grotta della quale non si conosceva l’esistenza, ad appena 500 metri dal porto di Favignana, nelle isole Egadi in Sicilia.

“Ha tre camere lunghe 70 metri e i locali non sapevano nulla di questa grotta. All’interno sono addirittura stati trovati i resti della foca monaca”, racconta Furlani. “Anche l’interno delle grotte fornisce ulteriori dettagli interessanti, come forme peculiari che mostrano quali sono le zone più esposte alle mareggiate”.

In funzione del cambiamento climatico e della vulnerabilità delle aree costiere, più soggette alle modifiche ambientali e agli eventi climatici estremi che il riscaldamento globale porta con sé, tutte queste conoscenze  si fanno ancora più preziose. Un asso nella manica per conoscere davvero il nostro territorio, e di conseguenza poter prevedere che cosa lo aspetta nei decenni a venire.

@Eleonoraseeing

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".