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Verso un vaccino universale per l’influenza

Nuove prospettive dallo studio delle proteine M2, che a differenza di altre, non mutano nel virus.

Il virus dell’influenza muta molto velocemente, creando problemi di compatibilità con i vaccini disponibili. Crediti immagine: Vernon Young

RICERCA – Il problema della vaccinazione per influenza è legata alla continua variabilità del virus: di anno in anno i ceppi possono modificarsi, e quindi la corrispondenza tra il virus presente in una stagione e il vaccino messo in commercio per la stagione precedente risulta sempre scarsa. Per questa ragione ogni anno è necessario sottoporsi a nuova vaccinazione anti-influenzale per essere certi di essere coperti.

Da anni però gli scienziati stanno cercando nuove strade per mettere a punto un vaccino che riesca finalmente a rivelarsi adatto a tutti i ceppi influenzali, nella prospettiva di eliminare la necessità di sottoporsi annualmente a un nuovo vaccino. La prospettiva di questo genere di ricerche è quella di fare in modo che le persone siano il più protette possibile, per più tempo possibile, con meno somministrazioni vaccinali possibile.

Un gruppo di ricercatori della Cornell University è riuscito a ottenere buoni risultati in questa direzione lavorando sulla proteina Matrix-2 (M2). Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Vaccine.

Il vaccino per agire si dirige verso alcune proteine che si trovano sulla superficie del virus. Il problema è che nel caso del virus dell’influenza queste proteine mutano stagione dopo stagione. “Da tempo diversi gruppi di ricerca nel mondo hanno iniziato a studiare queste proteine M2, che a differenza di altre, non mutano nel virus, e oggi finalmente siamo riusciti a ottenere i primi importanti risultati” spiega a OggiScienza Pierluigi Lopalco, del Dipartimento di Ricerca Traslazione e Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia dell’Università di Pisa.

La strategia utilizzata dai ricercatori americani si è basata sul confezionare la proteina Matrix-2 (M2) all’interno di una “capsula” a rilascio lento, al fine di creare un vaccino ad azione rapida in un’unica dose ma di lunga durata contro l’influenza A. La capsula che contiene la proteina è una vescicola della membrana esterna (OMV), che i ricercatori della Cornell University hanno studiato per diversi anni.

Nei test effettuati in laboratorio, i topi infetti da virus dell’influenza A hanno sviluppato un numero elevato di anticorpi solo quattro settimane dopo la vaccinazione, rispetto alle otto settimane richieste dai vaccini in commercio, mostrando una protezione di lunga durata: dopo sei mesi, tutti i topi esaminati a cui era stato dato il nuovo vaccino erano sopravvissuti a un’infezione letale di influenza A. Bisogna notare – aggiungono gli autori nell’articolo – che si tratta di una sopravvivenza molto lunga nel caso dei topi, fatto che rende i ricercatori ottimisti anche riguardo alla sperimentazione clinica. Inoltre, dal momento che il vaccino è incapsulato in una vescicola batterica, non c’è bisogno di un adiuvante, un agente che viene aggiunto alla maggior parte dei vaccini per aumentare la risposta immunitaria dell’organismo.

Lavorare sulle proteine che non mutano però non è l’unica strada percorribile per la messa a punto di un vaccino “universale”. “Sebbene la maggior parte delle proteine muti – continua Lopalco – vi sono infatti delle parti nella struttura di queste proteine che in realtà non si modificano, e proprio queste sono al centro di nuove ricerche.” Una di queste proteine è l’emoagglutinina, che appunto evolve nel complesso, ma non in tutte le sue parti. “Si tratta di ricerche ancora in uno stadio meno sviluppato rispetto a quelle relative alla proteina M2, ma ugualmente interessanti”.

L’elemento cruciale, specie rispetto alla discussione pubblica sull’argomento, rimane il dibattito sulla necessità o meno di vaccinarsi contro l’influenza.
“Sono 3 gli aspetti per i quali la vaccinazione anti-influenzale è importante, soprattutto per le persone anziane”, conclude Lopalco. “Il primo è l’impatto che l’influenza ha ogni anno in termini economici, dal momento che circa il 10% della popolazione italiana ogni inverno viene colpita dal virus. Vi è poi l’aspetto clinico sulle persone più vulnerabili. Ogni anno infatti assistiamo a un picco di mortalità fra la popolazione anziana in multicronicità, proprio dovuto all’abbattersi dell’influenza stagionale. Infine, ma importantissimo, il problema dell’antibiotico-resistenza, che come sappiamo costituisce oggi un problema importante per la sanità pubblica. Non dimentichiamo che vaccinandosi si riduce anche il rischio di complicanze dovute all’influenza, come polmoniti batteriche, che appunto richiedono un massiccio uso di antibiotici.”

@CristinaDaRold

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.