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Evoluzione e vita extraterrestre

Secondo uno studio dell'Università di Oxford possiamo avere in comune con gli alieni più di quanto possiamo immaginare.

Le illustrazioni rappresentano diversi livelli di complessità adattativa che possiamo immaginare quando pensiamo agli alieni. Crediti immagine: Helen S. Cooper

RICERCA – In questi giorni a Trieste si è aperto il Science+Fiction, il festival della fantascienza arrivato alla sua diciassettesima edizione. Tra le pellicole, in concorso e non, si possono vedere film provenienti da tutto il mondo che ci fanno conoscere creature aliene (come Cold Skin), che ci portano nel futuro (come The man with the magic box) o nello spazio (come il film Salyut-7 che vedremo anche nelle sale italiane). E se la fantascienza da sempre ha cercato di immaginare l’aspetto delle forme di vita extraterrestri ora arriva anche la scienza e, in particolare, l’Università di Oxford.
Uno studio, pubblicato su International Journal of Astrobiology, mostra per la prima volta come si può utilizzare la teoria evoluzionistica per ipotizzare la forma e la struttura della vita extraterrestre. Come noi, infatti, anche gli alieni su altri pianeti devono sottostare alla selezione naturale.

Immaginare il possibile aspetto degli alieni è uno dei compiti degli astrobiologi, gli scienziati che studiano la vita nel cosmo, ma  questo tipo di previsioni è molto difficile: sappiamo com’è fatta la vita sulla Terra ma questo è solo un esempio delle tante possibili forme di vita che possono formarsi nell’universo.
In passato questo genere di previsioni si basavano sul confronto: partivano da ciò che ci circonda sulla Terra e lo confrontavano con situazioni differenti in termini di condizioni chimiche, geologiche e fisiche di pianeti lontani. Nel nuovo studio, invece, viene spiegato un approccio nuovo: utilizzare la teoria evoluzionistica per fare previsioni che siano completamente indipendenti da ciò che sappiamo della vita sulla Terra. In questo modo tali previsioni possono essere applicate a forme di vita molto diverse dalle nostre, per esempio, come ha detto nel comunicato Sam Levin, uno dei ricercatori coinvolti nello studio, forme di vita che non abbiano il DNA, che siano basate sul silicio o che respirino azoto.

Sappiamo cos’è successo sulla Terra: in caso di condizioni estreme, si sono verificate delle transizioni che hanno portato via via a un aumento della complessità delle forme di vita, come per esempio il passaggio da forme di vita unicellulari a pluricellulari. Se non possiamo ancora sapere esattamente che forma hanno gli alieni, ovvero non possiamo dire se camminano su due gambe oppure se sono forme di vita molto semplici, possiamo invece sapere che, come gli organismi sulla Terra, sono formati da strutture gerarchiche che, a ogni livello, cooperano e mantengono l’organismo funzionante.

Potenzialmente esistono centinaia di migliaia di pianeti abitabili solo nella nostra galassia e questo studio, anche se solo all’inizio, porta un piccolo tassello in più sulle ipotesi di come queste forme di vita extraterrestre possono essere strutturate.

Leggi anche: Dei, alieni o microrganismi? Le tante facce di Asgard

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Livia Marin
Dopo la laurea in fisica presso lʼUniversità di Trieste ho ottenuto il Master in Comunicazione della Scienza della SISSA. Sono direttrice responsabile di OggiScienza dal 2014 e, oltre al giornalismo, mi occupo di editoria scolastica.