SCOPERTE

I misteriosi getti relativistici da Star Wars ai buchi neri

 I getti relativistici emessi dai buchi neri restano un mistero, ma ora un nuovo studio ha individuato la zona in cui il plasma si infiamma e inizia a brillare nel disco di accrescimento, facendo un passo avanti nella comprensione di questo violento e catastrofico fenomeno cosmico

Studiare l’oggetto da più angolazioni, o meglio in diverse lunghezze d’onda del suo spettro, ha permesso di andare più a fondo nella comprensione del fenomeno e di porre le basi per svelare i misteri dei geti relativistici. Crediti immagine: IAC/G Perez Diaz

SCOPERTE – Pensate alla Morte nera del film Star Wars, con i suoi potentissimi getti di energia in grado di distruggere un pianeta. Pensate ora a un buco nero che emette i suoi getti relativistici: questi sono molto più potenti del superlaser della Morte nera e per gli scienziati il loro funzionamento e la loro origine resta un mistero. Quello che a oggi sappiamo di questo fenomeno cosmico si deve a una nuova scoperta del team di ricercatori dell’università di Southampton guidato da Poshak Gandhi, che ha misurato, dopo l’emissione dal buco nero, i potentissimi lampi che si accendono e iniziano a brillare nello spazio.

L’origine dei getti relativistici, chiamati così perché si propagano a una velocità prossima a quella della luce, resta ancora un mistero. Una delle teorie astrofisiche più accreditate suggerisce che il plasma si addensi nel disco di accrescimento, cioè nella regione dove si addensa la materia intorno al buco nero in crescita, e che la forza di gravità faccia ruotare e allungare i campi magnetici fino a far letteralmente schizzare due getti di plasma in direzione opposta rispetto all’asse rotazionale del buco nero stesso.

Determinare però in quale punto del loro viaggio a velocità relativista i getti inizino a brillare non è stato facile, ma il risultato ottenuto è stato pubblicato sulla rivista Nature Astronomy. I ricercatori hanno analizzato lo spettro in diverse lunghezze d’onda di V404 Cygni, un sistema binario composto da una stella e da un buco nero che si trova a circa 7800 anni luce dalla Terra nella Costellazione del Cigno e che ha una massa pari a 10 volte il nostro Sole. La stella e il buco nero che compongono questo sistema orbitano molto vicino l’uno all’altro e, nel giugno 2015, gli astronomi hanno osservato una delle più brillanti esplosioni di luce provenire proprio da quell’oggetto celeste.

Gli scienziati si sono concentrati principalmente su due tipi di radiazione: quella a raggi X, le cui emissioni sono state osservate dall’orbita terrestre con il telescopio NuSTAR della NASA, e le emissioni nel visibile, catturate dalla ULTRACAM high-speed camera montata sul telescopio William Herschel di La Palma nelle isole Canarie. La radiazione a raggi X si osserva nel punto di origine del getto relativistico, quindi in prossimità del buco nero, mentre le radiazioni nel visibile indicano la zona in cui il lampo si “accende” e inizia a brillare, diventando intensamente luminoso.

Le osservazioni hanno permesso di scoprire che tra i bagliori a raggi X e quelli nello spettro del visibile esiste un ritardo di 0,1 secondi, appena un battito di ciglia, e sono così riusciti a definire la “zona di accelerazione” e di stimarla. Tra il punto di origine e quello di brillamento del getto di plasma, dunque, c’è una distanza di circa 30mila chilometri, che è pari a circa un decimo della distanza tra la Terra e la Luna. Gandhi ha spiegato:

“Gli scienziati hanno osservato i getti relativistici per decenni, ma sono ancora lontani dalla comprensione di come la natura crei queste enormi ed energetiche strutture. Ora, per la prima volta, abbiamo catturato il tempo di ritardo tra le emissioni di raggi X e della luce ottica da un buco nero di massa stellare nel momento in cui il getto di plasma si accende. Questo depone la controversia sulle origini dei lampi ottici e ci dà una indicazione sulla distanza critica che il getto di plasma deve avere per essere accelerato fino a raggiungere una velocità prossima a quella della luce”.

Oltre alle emissioni a raggi X e nel visibile, anche le onde radio associate al fenomeno sono state misurate col telescopio AMI-LA di Cambridge e il professore Rob Fender, dell’università di Oxford, ha spiegato:

“Queste osservazioni sono un nuovo grande passo verso la comprensione esatta di come i getti relativistici si formano dai buchi neri. Le rivelazioni radio arrivano dall’esterno del getto e sono un indicatore chiave inequivocabile della sua attività. Sia le emissioni ottiche, che a raggi X e radio, sono stati cruciali per la scoperta”.

Studiare l’oggetto da più angolazioni, o meglio in diverse lunghezze d’onda del suo spettro, ha permesso di andare più a fondo nella comprensione del fenomeno e di porre le basi per svelare i misteri dei geti relativistici, che ricordano il potente superlaser della Morte Nera, come scherza lo stesso Gandhi:

“La fisica dei getti dei buchi neri non ha nulla a che fare con i laser o con i cristalli Kyber della Morte Nera. La natura ha trovato un modo di produrre getti potentissimi in cui la gravità e i campi magnetici giocano un ruolo chiave e un meccanismo, che non conosciamo ancora, ma che stiamo cercando di svelare”.

@oscillazioni

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Veronica Nicosia
Aspirante astronauta, astrofisica per formazione, giornalista scientifica per passione. Laureata in Fisica e Astrofisica all'Università La Sapienza, vincitrice del Premio giornalistico Riccardo Tomassetti 2012 con una inchiesta sull'Hiv e del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica Giancarlo Dosi 2019 nella sezione Under 35. Content manager SEO di Cultur-e, scrive di scienza, tecnologia, salute, ambiente ed energia. Tra le sue collaborazioni giornalistiche Blitz Quotidiano, Oggiscienza, 'O Magazine e Il Giornale.