IPAZIA

Marie Maynard Daly, la prima donna afroamericana a ottenere un dottorato in chimica

Impegnata nella ricerca sui legami tra ipertensione e patologie cardiovascolari, Daly ha portato avanti anche diverse iniziative per aiutare le studentesse appartenenti a minoranze etniche.

Mary Maynard Daly ha condotto importanti ricerche sul colesterolo, studiando il legame tra ipertensione e patologie cardiache.

La storia delle lotte e delle conquiste degli afroamericani è costellata di gesti fortemente simbolici: Rosa Parks che nel 1955 rifiuta di cedere il posto sull’autobus a un passeggero bianco; il celebre “I have a dream” di Martin Luther King durante la marcia su Washington, nel 1963; il pugno alzato di Tommie Smith e John Carlos alle Olimpiadi di Città del Messico del 1968. Altri eventi non hanno lasciato  una traccia altrettanto forte nell’immaginario collettivo, ma sono stati egualmente importanti. E meritano di essere ricordati. Superando il doppio ostacolo della discriminazione razziale e di genere, nel 1947 Mary Maynard Daly è stata la prima donna afroamericana a ottenere un dottorato in chimica. Un grande traguardo, raggiunto anni prima del rifiuto di Rosa Parks, della marcia di Martin Luther King e del pugno alzato di Smith e Carlos. Donna appassionata e volitiva, Daly ha condotto importanti studi sul colesterolo e ricerche pionieristiche sul legame tra ipertensione e patologie cardiache, lavorando per anni allo sviluppo di programmi per agevolare l’accesso delle donne afroamericane alle facoltà scientifiche.

Nata nel 1921 a New York, nel popoloso distretto del Queens, Mary Maynard Daly cresce in un ambiente familiare ricco di stimoli culturali. Suo padre, dopo aver lasciato le Indie occidentali britanniche per iscriversi alla facoltà di chimica della Cornell University, era stato costretto ad abbandonare gli studi per mantenere la famiglia, ma non aveva mai smesso di coltivare la sua passione per la scienza, contagiando la figlia. Durante l’infanzia Mary è un’avida lettrice e trascorre pomeriggi interi nella biblioteca della casa dei nonni materni, a Washington. Lì scopre diversi saggi di divulgazione scientifica e resta particolarmente colpita da Microbe Hunters, del batteriologo Paul de Kruif. Sarà questo libro, oltre al desiderio di seguire le orme paterne, a indirizzarla verso la chimica.

Dopo il diploma all’Hunter College High School, istituto femminile di Manhattan, Daly prosegue i suoi studi vicino casa, al Queens College, per evitare di gravare sulle finanze familiari. Nel 1942 consegue, col massimo dei voti, una prima laurea in chimica e viene nominata “Queens College Scholar”, prestigioso riconoscimento riservato a una esigua minoranza di studenti. Prosegue gli studi alla New York University, lavorando al contempo come assistente di laboratorio al Queens College. Nel 1943, ad appena un anno di distanza dalla prima laurea, si specializza in biochimica. L’anno successivo ottiene una borsa di studio per accedere ai corsi di dottorato della Columbia University. Studia sotto la direzione di Mary Caldwell, unica donna del dipartimento di chimica dell’università. Le sue ricerche vertono sull’analisi dell’enzima amilasi e sulla chimica del sistema digestivo. Nel 1947 discute la sua tesi, intitolata “Uno studio dei prodotti formati dall’azione dell’amilasi pancreatica sull’amido di mais”.

Dopo aver completato i suoi studi di dottorato, Daly inizia lavorare come ricercatrice presso l’Howard University, storica università per neri di Washington, chiamata dal celebre fisico afroamericano Herman Branson, rimasto colpito dalle sue capacità fuori dal comune. In questo periodo si concentra sullo studio delle sostanze chimiche prodotte dall’organismo umano durante la digestione. Ottiene poi un assegno dall’American Cancer Society per lavorare al Rockefeller Institute di New York, dove per anni sarà l’unica scienziata di colore. Sotto la guida di Alfred Mirsky, geniale biologo molecolare, lavora all’analisi dei nuclei cellulari e dei meccanismi di formazione delle proteine all’interno delle cellule. Nel 1955 ottiene un incarico come assistente di ricerca presso il dipartimento di medicina e chirurgia della Columbia University, dove inizia a collaborare col medico Quentin B. Deming. Le loro ricerche si concentrano sull’analisi degli effetti che invecchiamento, ipertensione e aterosclerosi hanno sul funzionamento del sistema cardiocircolatorio e sul metabolismo delle arterie. Nel 1960, Daly e Deming proseguono il loro lavoro presso l’Albert Einstein College of Medicine della Yeshiva University. In questo periodo, Daly affianca all’attività di ricerca l’insegnamento e porta avanti iniziative volte ad agevolare le studentesse appartenenti a minoranze etniche. A partire dal 1971, dopo essere stata promossa professore associato in biochimica, la scienziata approfondisce i suoi studi sulla relazione, all’epoca poco conosciuta, tra i livelli di colesterolo nel sangue e gli attacchi cardiaci. I suoi lavori, pubblicati in importanti riviste scientifiche come American Journal of Physiology, Circulation Research e Lipid Research, hanno dato un contributo importante alla comprensione delle cause delle malattie cardiovascolari.

Nel dicembre del 1975 Daly partecipa, insieme ad altre 29 scienziate appartenenti a minoranze etniche e culturali, a una piccola conferenza ospitata dall’American Association for the Advancement of Science. Si tratta anche in questo caso di un evento poco conosciuto, ma estremamente importante per l’intera comunità scientifica. È stato, infatti, il primo incontro pubblico della storia interamente dedicato agli ostacoli e alle sfide di tutte quelle donne che cercano di fare scienza portando su di loro il “marchio” dell’appartenenza a un gruppo minoritario. Il risultato dell’incontro è una relazione, intitolata “Il doppio vincolo: il prezzo di essere una scienziata appartenente a una minoranza”, da cui emerge come solo poche, pochissime donne appartenenti a minoranze riescano a farsi strada nella scienza. Il doppio vincolo del titolo si riferisce “alla doppia oppressione del genere e dell’appartenenza etnica, a cui si aggiunge una terza oppressione, quella legata all’aver scelto una carriera in ambito scientifico”. A distanza di oltre quarant’anni, come dimostrano recenti statistiche, la situazione non è migliorata di molto. Per questo è importante che si parli di scienziate come Marie Maynard Daly, modello e fonte di ispirazione per tutte le ragazze appartenenti a minoranze che oggi decidono di seguire la loro passione per la scienza, sfidando la doppia oppressione di cui sono vittime.

Leggi anche: I ricercatori? Meglio maschi, bianchi ed eterosessuali

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Condividi su
Simone Petralia
Giornalista freelance. Amo attraversare generi, discipline e ambiti del pensiero – dalla scienza alla fantascienza, dalla paleontologia ai gender studies, dalla cartografia all’ermeneutica – alla ricerca di punti di contatto e contaminazioni. Ho scritto e scrivo per Vice Italia, Scienza in Rete, Micron e altre testate. Per OggiScienza curo Ipazia, rubrica in cui affronto il tema dell'uguaglianza di genere in ambito scientifico attraverso le storie di scienziate del passato e del presente.