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Sconosciuto come un Nobel qualunque

Nel suo libro Come vincere un Nobel, Massimiano Bucchi racconta tante curiosità sul premio, istituito all’inizio del Novecento per volontà del chimico Alfred Nobel.

LIBRI – Alzi la mano chi ha sentito parlare di Joachim Frank. E anche chi saprebbe dare un volto a Kip Thorne. E chi riconosce il cowboy in questa fotografia?

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Indizio: sono tre premi Nobel. Di più, sono tre premi Nobel 2017. Sono passate ormai cinque settimane dall’annuncio e per molti è difficile ricordare sia i nomi dei vincitori sia gli ambiti delle loro ricerche. Forse perché il premio Nobel ha perso il suo fascino di premio scientifico, oppure perché il pubblico è attirato solo quando a essere premiato è un proprio connazionale. Oppure ancora per le polemiche che ogni anno accompagnano questa o quella decisione del comitato dei Nobel.

Su tutti questi aspetti riflette il libro di Massimiano Bucchi, Come vincere un Nobel, edito da Einaudi (248 pagine). Il saggio racconta tante curiosità sul premio, istituito all’inizio del Novecento per volontà di Alfred Nobel. Questi è un chimico di origini russe che si è arricchito grazie agli esplosivi: prima produce la nitroglicerina, quindi la combina in una nuova miscela e dà vita alla dinamite, una sostanza molto utile in guerra, ma anche per demolire rocce e palazzi.

Alfred è un uomo di successo, ma nel 1888 avviene la svolta: un giornale francese racconta la sua scomparsa e nel trafiletto lo definisce “mercante di morte”. Il necrologio è sbagliato perché a morire è stato suo fratello Ludvig, ma tanto gli basta per capire che rischia di essere ricordato come l’uomo che faceva morire i soldati in guerra. Decide quindi che una parte del suo enorme patrimonio dovrà essere donato alle persone che hanno contribuito a migliorare il mondo. Nel 1893 lo dichiara in una lettera all’amica Bertha Kinsky von Wchinitz und Tettau:

Sono deciso ad accantonare una parte della mia fortuna per fondare un premio da assegnare ogni cinque anni, in tutto sei volte, poiché se in un periodo di trent’anni l’umanità non arriva a riformare il suo attuale sistema, ricadremo inevitabilmente nella barbarie.

Due anni dopo definisce questa volontà nel suo testamento. I premi devono essere assegnati per il campo della fisica, della chimica, della fisiologia o della medicina, della letteratura e della pace.

Volontà cambiate e principi disattesi

Dalla lettura del suo testamento emergono diversi aspetti interessanti: il premio deve essere quinquennale, personale e deve riguardare una scoperta recente, tutti aspetti che nel tempo saranno superati e disattesi. C’è però un aspetto che, più degli altri, non è stato tenuto in considerazione: la barbarie non è stata scongiurata e per questo il premio è assegnato ancora oggi, mentre secondo la volontà del suo fondatore avrebbe dovuto interrompersi negli anni Trenta.

Per Nobel non ci devono essere campanilismi e quindi qualunque scienziato può vincere il premio, uomo o donna, scandinavo o meno. A questo aspetto se ne collega un altro: il premio non deve essere strumentalizzato a fini politici. Ciò nonostante, nella Prima guerra mondiale, la Germania ha ostentato la propria superiorità tecnologica grazie ai premi assegnati a Max von Laue, Max Plank e Fritz Haber, mentre durante la Guerra Fredda il blocco sovietico e quello statunitense hanno cercato di influenzare la scelta dei propri esponenti per avvantaggiarsi sui rivali.

Nella sua idea originale, poi, Nobel non ha previsto alcun premio all’economia, istituito solo nel 1969. Inoltre il “mercante di morte” ha deciso di puntare sulla pace e quindi di premiare la persona che ogni cinque anni si è più impegnata per il disarmo e l’abolizione delle guerre. In pratica, è un riconoscimento a colui o colei che ha ostacolato gli affari dell’azienda di Nobel stesso.

La decisione del comitato dei Nobel è così opinabile che in più di un secolo il premio è stato chiacchierato e osteggiato al punto che ogni edizione è molto diversa dalle precedenti. Per questo motivo il libro Come vincere un Nobel può essere letto dall’inizio alla fine o saltabeccando tra le varie storie. Perché di storie ne contiene tante: ci sono gli scienziati che hanno vinto per davvero e sono diventati famosi; ci sono quelli che l’hanno mancato, arrivando quarti, ma sono diventati celebri lo stesso; ci sono quelli che l’hanno vinto arrivando terzi, ma non se li ricorda nessuno. Poi ci sono scienziati che non potevano non vincerlo (e infatti lo hanno vinto), come Einstein, mentre altri che non potevano non averlo già vinto (e quindi non lo vinsero), come Tesla ed Edison. Ci sono scienziati che lo hanno vinto e lo hanno fatto vincere ai loro allievi, come Rutherford e i suoi undici collaboratori premiati (tra cui Bohr, Chadwick e Cockcroft). Ma ci sono anche vincitori e vincitrici che lo hanno vinto nonostante non fossero sostenuti da nessuno: Jack Kilby, inventore per caso del microchip, Frederick Banting, medico di provincia e scopritore dell’insulina, e Maria Goeppert, ricercatrice senza lavoro che ha teorizzato la struttura a guscio del nucleo atomico.

Chi può vincere un Nobel?

Statistiche alla mano, Bucchi delinea il profilo del premio Nobel standard: uomo, di mezza età, che lavori in un’università statunitense prestigiosa, collaboratore di altri premi Nobel, già insignito di premi prestigiosi. Un identikit sconfortante per la maggior parte degli scienziati che operino al di fuori degli Stati Uniti, ma che è stato uno sprone per molte nazioni. La Cina, per esempio, ne ha fatta una vera ossessione e ha deciso di investire molto denaro per fare in modo che almeno un premiato provenisse dalle sue università. È il caso di Youyou Tu, Nobel per la medicina 2015 per la scoperta delle proprietà antimalariche di una pianta.

In Italia i premi Nobel sono stati pochi e per questo sono stati celebrati e tirati in ballo soprattutto al di fuori del proprio ambito: Rita Levi Montalcini (vincitrice nel 1986), modello di pacatezza, tenacia e longevità, Renato Dulbecco (vincitore nel 1975), arruolato come “valletto” di Fabio Fazio al Festival di Sanremo 1999, e ancora Vincenzo Balzani (vincitore mancato nel 2016), che oggi viene spesso interpellato per commentare i fatti legati al cambiamento climatico.

Alla santificazione laica dei premiati, Bucchi dedica tutta la parte finale del suo libro, che quindi risulta meno avvincente e più simile a un articolo destinato agli studiosi della comunicazione della scienza. La morale è che il premio li fa più belli di quanto non siano già e quindi ricevere un Nobel è un modo (o un tentativo) per essere ricordati anche al di fuori dell’ambito accademico. Quindi sicuramente tutti i lettori di questo articolo avranno già ricordato che Joachim Frank è il secondo dei premiati in chimica nel 2017, Kip Stephen Thorne è il primo nominato tra i Nobel per la fisica e il cowboy nella fotografia è Jeffrey Connor Hall, uno dei vincitori in medicina di quest’anno.

@claudio_dutto

Leggi anche: Il premio Nobel ha ancora senso?

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claudio dutto
Redattore di libri scolastici, appassionato di saggi scientifici e autore di podcast per diletto. Su twitter sono @claudio_dutto