SCOPERTE

La stella che non vuole morire

Una supernova che da anni esplode e poi ritorna a vivere: gli astronomi hanno osservato per la prima volta una stella che si rifiuta di morire e riscrive quello che sappiamo su questi oggetti

“Questa supernova rivoluziona tutto quello che abbiamo sempre pensato di sapere su come funzionano. È il più grande puzzle che abbia incontrato in oltre un decennio di studio delle esplosioni stellari”. Crediti immagine: NASA/ESA/G. BACON (STSci)

SCOPERTE – Una violenta esplosione consuma l’ultimo carburante della stella al termine del suo ciclo vitale, che dopo lo stadio di supernova può fare solo una cosa: morire. Questo almeno è quello che pensavano gli astronomi sul ciclo stellare prima di scoprire una stella che di morire non ne voleva sapere. Il suo nome è iPTF14hls, si trova a circa 5 miliardi di anni luce dalla Terra nella costellazione dell’Orsa Maggiore, e negli ultimi 50 anni, dopo ogni esplosione, è tornata a splendere più brillante che mai, contraddicendo tutte le teorie moderne sulla morte stellare.

La scoperta si deve a un team internazionale di astronomi guidato da Iair Arcavi, ricercatore del Las Cumbres Observatory (LCO) e della University of California Santa Barbara, ed è stata pubblicata sulla rivista Nature. Un grande puzzle da svelare, come ha sottolineato l’autore dello studio:

“Questa supernova rivoluziona tutto quello che abbiamo sempre pensato di sapere su come funzionano. È il più grande puzzle che abbia incontrato in oltre un decennio di studio delle esplosioni stellari“.

Ma cosa accade quando una stella muore? Le stelle con una massa superiore a 8 volte quella del Sole, dopo aver consumato tutto il loro carburante, vanno verso il collasso dando vita a un’esplosione, la supernova, per poi andare incontro a due possibili destini: diventare una stella di neutroni o un buco nero, a seconda della massa residua dopo l’esplosione.

Anche iPTF14hsl, scoperta nel settembre 2014 dal Palomar Transient Factory, sembrava una comunissima supernova a prima vista. Le osservazioni, che includono anche i dati del Keck Observatoy alle Hawaii, sfidano le teorie esistenti su questa catastrofe cosmica. In un arco temporale di 50 anni, infatti, la stella è esplosa più volte, senza mai raggiungere l’epilogo della sua vita. Peter Nugent, scienziato del Lawrence Berkeley National Laboratory e co-autore dello studio, ha spiegato:

“Lo spettro ottenuto dal Keck Observatory mostra che questa supernova non assomiglia a nulla di osservato finora, nonostante la scoperta di circa 5mila supenova negli ultimi 20 anni. Sebbene lo spettro rassomigli a quello di un ordinario collasso del nucleo ricco di idrogeno di un’esplosione di supernova, è diventata brillante e poi meno luminosa almeno 5 volte più lentamente, dilatando nel tempo un evento che normalmente dura circa 100 giorni su oltre 2 anni”.

Proprio questa particolarità ha portato gli astronomi a cercare nuovi indizi per comprendere questo mistero cosmico. I ricercatori si sono avvalsi dello strumento Low Resolution Imaging Spectrometer (LRIS), che si trova nell’osservatorio hawaiiano, per ottenere lo spettro della galassia che la ospita, e dello strumento Deep Imaging and Multi-Object Spectrograph (DEIMOS) per ottenere uno spettro ad alta risoluzione dell’insolita stella.

Oltre ai nuovi dati, il team guidato da Arcavi ha cercato tracce della stella nel passato e ha scoperto negli archivi che nel 1954 e proprio nella stessa posizione dove si trova iPTF14hls era stata osservata un’altra esplosione. La stella, che ha una massa di almeno 50 volte superiore a quella del Sole, potrebbe essere l’esplosione più massiva mai osservata e propio questa sua caratteristica potrebbe spiegare perché continui a sopravvivere a quello che secondo gli astronomi avrebbe dovuto essere il suo ultimo respiro.

Per i ricercatori, la stella potrebbe dunque essere il primo esempio di supernova a instabilità di coppia pulsante, oggetti con masse superiori a 130 masse solari che durante l’esplosione innescano delle reazioni nucleari tali da produrre sia materia che antimateria nel nucleo. La presenza di antimateria, che reagisce con la materia, provoca nuove esplosioni e dunque un aumento della luminosità. Si tratta di un processo che potrebbe ripetersi per oltre un decennio prima che la stella giunga all’esplosione finale e collassi diventando un buco nero, come ha sottolineato Andy Howell, a capo del gruppo di LCO e co-autore dello studio:

“Ci aspettiamo di vedere queste esplosioni solo nell’universo primordiale e dovrebbero essere estinte oggi. È come trovare un dinosauro che sia ancora vivo. Se ne trovi uno, ti chiedi se si tratti davvero di un dinosauro”.

C’è qualcosa però, nella teoria della supernova a instabilità di coppia pulsante, che non convince del tutto i ricercatori. L’energia rilasciata da iPTF14hls, infatti, è decisamente superiore a quella prevista dalla teoria, dunque potrebbe trattarsi di un oggetto stellare totalmente nuovo. Il prossimo passo dei ricercatori sarà quello di continuare a monitorare la stella, che a 3 anni dalla prima osservazione è ancora brillante, come ha spiegato Nugent:

“Questo è uno di quegli eventi che ti manda fuori di testa. In un primo momento abbiamo pensato che fosse un oggetto completamente normale e noioso. Poi però ha continuato a brillare, non cambiando di intensità, mese dopo mese. Mettendo insieme tutti i pezzi, dalle osservazoni al Palomar Transient Factory, quelle del Keck Observatorye del LCOGT, oltre alle immagini acquisite nel 1954 dal Palomar Sky Survey, abbiamo iniziato a fare luce su cosa potesse essere e ora mi piacerebbe davvero trovare un altro di questi oggetti”.

@oscillazioni

Leggi anche: Una supernova che ne vale quattro: la candela “non standard” per capire l’universo

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Condividi su
Veronica Nicosia
Aspirante astronauta, astrofisica per formazione, giornalista scientifica per passione. Laureata in Fisica e Astrofisica all'Università La Sapienza, vincitrice del Premio giornalistico Riccardo Tomassetti 2012 con una inchiesta sull'Hiv e del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica Giancarlo Dosi 2019 nella sezione Under 35. Content manager SEO di Cultur-e, scrive di scienza, tecnologia, salute, ambiente ed energia. Tra le sue collaborazioni giornalistiche Blitz Quotidiano, Oggiscienza, 'O Magazine e Il Giornale.