TECNOLOGIA

Se il videogioco diventa un test del QI

Buona memoria, strategia e una forte componente relazionale: tre fattori che si riscontrano sia nei gamer più abili che in chi ha un alto QI.

La correlazione tra l’abilità nei videogiochi ad alta componente strategica e intelligenza è paragonabile a quella osservata in attività ludiche più tradizionali in cui l’attenta programmazione è elemento cruciale. Crediti immagine: Pixabay

TECNOLOGIA – Buone notizie per i gamer più incalliti: una ricerca condotta presso il Digital Creativity Lab dell’Università di York ha evidenziato un legame tra abilità alla consolle e intelligenza, almeno per alcune tipologie di videogiochi.
I ricercatori sono però molto chiari: l’intento del loro studio, pubblicato su PLOS ONE, non era dimostrare che l’utilizzo di determinati videogiochi aumenti l’intelligenza negli utenti.

Nessun nesso di causa-effetto, quindi, ma la correlazione è evidente, soprattutto per quanto riguarda videogiochi d’azione con elevata componente strategica (come quelli in cui due squadre, composte da diversi componenti, si sfidano all’interno di arene virtuali che riproducono ambientazioni fantastiche o scenari di guerra). Questo tipo di videogiochi ha conosciuto un grandissimo successo negli ultimi anni, e a oggi sono centinaia di milioni i gamer che, nel mondo, si sfidano nelle Multiplayer Online Battle Arenas (MOBA). Un’altra linea di videogiochi che ha avuto – e ha tuttora- molto successo è quella degli sparatutto in prima persona (FPS), in cui l’utente interagisce con alleati e avversari attraverso gli occhi del personaggio che comanda.  

Il team di ricerca multidisciplinare (per questa ricerca hanno collaborato il Dipartimento di Psicologia e quello di Scienze Informatiche dell’università inglese) ha effettuato due studi: nel primo gli esperti hanno esaminato un gruppo di volontari, composto da esperti videogiocatori, analizzando le risposte a un test di intelligenza standard; nel secondo invece sono stati presi in considerazione i dati provenienti da migliaia di utenti esperti in 4 diversi videogiochi (2 MOBA e 2 FPS). In questo secondo studio i ricercatori hanno evidenziato che c’è una forte correlazione, che si mantiene stabile nel corso degli anni, tra la performance nei MOBA e il quoziente intellettivo; la correlazione si è invece dimostrata più debole e meno duratura nei giocatori appassionati di FPS.

I ricercatori sostengono che la correlazione tra l’abilità nei videogiochi ad alta componente strategica e intelligenza sia paragonabile a quella osservata in attività ludiche più tradizionali in cui l’attenta programmazione è elemento cruciale, come ad esempio gli scacchi: “diversi studi negli scorsi decenni hanno mostrato che i bravi scacchisti avevano, in media, un quoziente intellettivo più alto del resto della popolazione- spiega il Professor Alex Wade, uno degli autori dello studio- e la nostra ricerca ha esteso questi risultati al mondo dei videogiochi, suggerendo che la buona performance in questi giochi potrebbe essere utilizzata come misura dell’intelligenza”.

A differenza degli sparatutto in prima persona (FPS), in cui la velocità e la precisione nel centrare il bersaglio sono elementi prioritari, i videogiochi MOBA si basano su funzioni cognitive più complesse, quali la memoria, la pianificazione decisionale; non ultimo, questi videogiochi presentano anche un’elevata componente sociale, e quindi relazionale.
“Crediamo che sia l’insieme di tutti questi fattori il motivo per cui si riscontra una forte correlazione tra l’abilità del gamer e il suo QI”: al banco di prova, infatti, sono le stesse abilità cognitive misurate nei test di intelligenza.

Leggi anche: Giocattoli, videogiochi e disabilità: parola d’ordine inclusione

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Condividi su
Marcello Turconi
Neuroscienziato votato alla divulgazione, strizzo l'occhio alla narrazione digitale di scienza e medicina.