RICERCANDO ALL'ESTERO

Colpire i tumori a intestino e cervello con l’epigenetica

"Meglio conosciamo i meccanismi molecolari e le fasi della riconfigurazione epigenetica di un tumore, più possibilità abbiamo di avere successo in campo terapeutico."

Compartimento staminale dell’epitelio intestinale, zona da cui ha origine il tumore al colon retto. In verde, cellule epiteliali normali; in rosso, cellule epiteliali tumorali con mutazioni a carico del gene APC.

RICERCANDO ALL’ESTERO – Le alterazioni epigenetiche (ne abbiamo parlato qui e qui) rappresentano un passaggio cruciale per l’inizio e la progressione di molti tumori, assieme alle mutazioni a carico della sequenza di DNA. Nella maggior parte dei casi è difficile distinguere le alterazioni più precoci da quelle più tardive o dovute all’accumulo di altre trasformazioni nel panorama cellulare.

Marco Bruschi si occupa dei fattori cellulari e molecolari che portano all’oncogenesi, soprattutto durante le tappe iniziali di questo processo. A Montpellier ha lavorato sui tumori a carico dell’intestino mentre a Parigi la sua ricerca è focalizzata sui gliomi infiltranti infantili.

Qual è l’effetto delle alterazioni epigenetiche nei tumori?

I meccanismi epigenetici sono fondamentali per il normale sviluppo di un organismo e per mantenere l’equilibrio omeostatico di una cellula. Quello che sappiamo dell’epigenetica dei tumori è che, indipendentemente dal tipo di malattia e dallo stadio in cui si trova, nelle cellule tumorali si trovano sempre anomalie epigenetiche oltra a tutta una serie di mutazioni geniche. Il problema è che non sappiamo in quale momento queste alterazioni vengono prodotte.

Nella mia ricerca ho cercato di fare chiarezza sulla sequenza di queste alterazioni epigenetiche, in particolare nelle fasi precoci dello sviluppo tumorale, per riuscire a comprendere come una cellula normale perda il controllo del suo equilibrio omeostatico.
La cosa interessante dei meccanismi epigenetici è che, a differenza delle mutazioni sul DNA, sono potenzialmente reversibili e possono diventare promettenti bersagli a livello terapeutico.

Quali meccanismi sono alterati nel tumore all’intestino?

Il cancro del colon retto è una patologia molto studiata, sappiamo che il gene coinvolto si chiama APC ed è mutato nell’80-90% dei pazienti: se correggiamo l’alterazione di APC, non importa in quale momento dello sviluppo del tumore, le cellule tornano a un fenotipo normale. Una mutazione in APC, quindi, non è solo la causa scatenante del tumore al colon ma è anche quella necessaria durante la progressione della patologia.
Un’alterazione genetica difficilmente è reversibile, soprattutto nel contesto di un tumore in cui migliaia di cellule proliferano in maniera sconsiderata o comunque, allo stato attuale delle cose, non direttamente su un paziente. Senza contare che la diagnosi purtroppo arriva spesso tardi. I meccanismi epigenetici invece offrono una complessità differente perché su di essi si può agire.

I risultati ottenuti con la mia ricerca riguardano la caratterizzazione delle dinamiche con cui si producono le alterazioni epigenetiche negli stadi più precoci; stiamo cercando di pubblicare questi nuovi dati ma quello che posso già dire è che sembra un processo dinamico e che, da una fase all’altra, le anomalie sono abbastanza differenti non tanto qualitativamente ma piuttosto quantitativamente. In pratica il numero di alterazioni epigenetiche aumenta secondo lo sviluppo cronologico del tumore.

Che tipo di tumori sono i gliomi infiltranti?

Il glioma pontino diffuso infiltrante (DIPG, Diffuse Intrinsic Pontine Glioma) è un tipo di tumore che colpisce linea mediana del cervello e, come dice il nome, riguarda le cellule della glia, cioè le cellule che forniscono supporto e protezione ai neuroni. È molto comune nei bambini (adolescenti o giovani adulti) e ed è una forma piuttosto rara di glioma, in Francia abbiamo circa 50 casi all’anno.

I DIPG rappresentano attualmente una delle maggiori sfide per l’oncologia pediatrica perché sono molto aggressivi e non ci sono trattamenti veramente efficaci per questi bambini. Negli anni ci sono stati decine di trial terapeutici per testare vari chemioterapici ma nessuno ha mostrato un reale vantaggio in termini di sopravvivenza. L’unica terapia attualmente accettata a livello globale è la radioterapia cui i bambini vengono sottoposti subito dopo la diagnosi, ma ha solo un effetto palliativo: la diminuzione della taglia della massa tumorale è solo transitoria e, nel giro di qualche settimana o al massimo qualche mese, c’è una sistematica ricaduta dei pazienti. Pochissimi, se non nessuno, sopravvive 2 anni oltre la diagnosi. Stiamo parlando di pazienti con età media attorno ai 10-11 anni, con una mediana di sopravvivenza di circa 9 mesi.

Un altro problema è che fino a qualche anno fa non si sapeva praticamente nulla dei meccanismi molecolari di questi tumori e i bambini entravano spesso nei protocolli terapeutici usati per gli adulti. Recentemente, grazie alle tecniche di sequenziamento del genoma e all’elaborazione dei dati su larga scala, si è compreso che questi tumori sono completamente diversi da quelli degli adulti e per questo le terapie usate erano inefficaci.

Quali meccanismi epigenetici vengono coinvolti nei DIPG?

Nella stragrande maggioranza dei casi i pazienti hanno mutazioni su geni che codificano per istoni, proteine contenute nel nucleo su cui si avvolge il DNA e con funzioni di regolazione dell’espressione genica. C’è da dire che questo tipo di gliomi infiltranti è caratterizzato da una tale eterogeneità di mutazioni che variano da persona a persona da non riuscire ad accomunare i pazienti rispetto a un certo gruppo molecolare.

L’istone più citato in letteratura nel DIPG è l’H3, in particolare nelle sue due varianti H3.1 e H3.3: una mutazione a carico di questi istoni dà origine a tumori con caratteristiche simili ma che in realtà seguono due programmi tumorali diversi, sia per quanto riguarda la sopravvivenza, sia la risposta alla radioterapia sia le caratteristiche molecolari. I pazienti con una mutazione a carico di H3.1 mostrano una migliore risposta alla radioterapia e sopravvivono più a lungo rispetto a quelli con una mutazione su H3.3, fermo restando che in nessuno dei due casi la speranza di vita è superiore ai due anni. Infine per H3.1 l’età media di diagnosi è più bassa rispetto a H3.3.

Nei prossimi anni mi occuperò di modellizzare questa malattia a livello genetico e molecolare: ci sono mutazioni ritenute iniziatrici perché fortemente rappresentate nei pazienti e tutta una serie di altre alterazioni, probabilmente più tardive, che creano l’eterogeneità nelle coorti. La nostra idea è cercare di capire l’effetto singolo di queste mutazioni sulla cellula per comprendere meglio lo sviluppo della patologia.

Quali sono le prospettive future del tuo lavoro?

Meglio conosciamo i meccanismi molecolari e le fasi della riconfigurazione epigenetica di un tumore, più possibilità abbiamo di avere successo in campo terapeutico. Oltre a caratterizzare la sequenza delle alterazioni vogliamo capire quali sono le cellule in cui queste hanno un effetto: perché una mutazione sia iniziatrice di un tumore deve introdursi in un certo tipo di cellula ma finora abbiamo informazioni poco chiare su quali popolazioni cellulari siano coinvolte nell’oncogenesi del DIPG.

Nome: Marco Bruschi
Età: 30 anni
Nato a: Roma
Vivo a: Parigi (Francia)
Dottorato: biologia dei tumori (Montpellier, Francia)
Ricerca: Meccanismi molecolari e cellulari dei gliomi infantili.
Istituto: CNRS/Gustave Roussy (Villejuif Cedex, France)
Interessi: sport (calcio, atletica e rugby), viaggi, musica
Di Parigi mi piace: la diversità a livello culturale
Di Parigi non mi piace: i parigini, il traffico, la difficoltà negli spostamenti, i troppi turisti
Pensiero: C’è una verità elementare la cui ignoranza uccide innumerevoli idee e splendidi piani: nel momento in cui ci si impegna a fondo, anche la provvidenza allora si muove. (Goethe)

Leggi anche: Tumori maligni al cervello: è possibile fermarne la crescita?

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Luisa Alessio
Biotecnologa di formazione, ho lasciato la ricerca quando mi sono innamorata della comunicazione e divulgazione scientifica. Ho un master in comunicazione della scienza e sono convinta che la conoscenza passi attraverso la sperimentazione in prima persona. Scrivo articoli, intervisto ricercatori, mi occupo della dissemination di progetti europei, metto a punto attività hands-on, faccio formazione nelle scuole. E adoro perdermi nei musei scientifici.