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Un orso ha dato un volto ai cambiamenti climatici

Il video del fotografo di National Geographic Paul Nicklen ci ha messi di fronte a una dura realtà: il riscaldamento globale è tangibile, è spietato e porterà molte specie all’estinzione

Il video ripreso sull’isola di Baffin è terribile ma fondamentale, perché ci ha messo di fronte alla futura realtà del riscaldamento globale. Crediti foto: Paul Nicklen, Sea Legacy

SPECIALE DICEMBRE – In passato il panda gigante è diventato il simbolo dell’estinzione. È stato quella che si chiama una specie bandiera, scelta per il suo aspetto e per i rischi ambientali in modo da sensibilizzare l’opinione pubblica, ed è servito. Nella Lista Rossa della IUCN, che monitora lo status di conservazione delle specie animali, Ailuropoda melanoleuca (il panda, appunto) è passato da “in pericolo” a “vulnerabile”. E nel decennio 2004-2014 la popolazione di questi animali è cresciuta di un buon 17%, grazie alla protezione da minacce come la caccia di frodo e la frammentazione del suo habitat.

Oggi a diventare il simbolo di un grave problema ambientale è un altro orso, quello polare. Che ha appena dato un volto ai cambiamenti climatici, attraverso le immagini di un video ripreso dal fotografo di National Geographic Paul Nicklen e dal suo team di Sea Legacy, organizzazione che riunisce professionisti della comunicazione, della fotografia e del video con l’obiettivo di spronare il pubblico ad agire in difesa degli oceani.

Verso la fine dell’estate Nicklen e i colleghi si trovavano sull’isola di Baffin, nell’artico canadese, quando si sono trovati di fronte una scena terribile. Un orso polare che sembrava ridotto alla fame, emaciato e senza forze, che si spostava piano su un terreno completamente privo di ghiaccio alla ricerca di qualcosa da mangiare, trascinando la zampa posteriore, probabilmente atrofizzata.

Il fotografo e biologo ha trascorso la sua infanzia in Canada e di orsi polari ne ha visti a migliaia. Ma non si era mai trovato di fronte a una scena simile, ha raccontato. Scegliendo di condividerla con il mondo intero ha voluto mostrare gli effetti del riscaldamento globale sulla fauna selvatica dell’Artico. “Quando gli scienziati dicono che gli orsi si stanno estinguendo, voglio che le persone realizzino che cosa significa. Gli orsi moriranno di fame. Ecco che aspetto ha un orso che muore di fame”, ha detto.

Il video ha fatto il giro del mondo e ha suscitato reazioni di ogni tipo; molti, già sotto un’immagine che Nicklen aveva pubblicato sul suo account Instagram in agosto, avevano chiesto perché non avesse dato da mangiare all’orso. Non sono mancati insulti irrazionali ma l’enorme attenzione riscossa immediatamente dalla foto aveva incoraggiato il fotografo a tornare sull’isola di Baffin per documentare la vita degli animali, in una tarda estate nella quale il ghiaccio ancora non si vedeva. Quando il video è andato online, il 5 dicembre, Nicklen ha commentato “Ovviamente ci ho pensato, ma non vado in giro con un fucile per tranquillanti o 200 chilogrammi di carne di foca”. Per di più in Canada è proibito nutrire gli orsi e dar da mangiare ad animali in questo stato, che si troveranno nuovamente senza cibo, secondo Nicklen non farebbe che prolungarne le sofferenze.

Non volevamo avvicinarci troppo a lui. Non volevo che usasse le sue ultime energie per cercare di evitarci. Ci ha messo un sacco di tempo e sforzi solo per riuscire a mettersi in piedi, per poi collassare di nuovo. Non siamo intervenuti. È stata una delle decisioni più difficili che abbia dovuto prendere in molto tempo. Volevo che le immagini raccontassero la sua storia. Volevo poter raccontare la storia della sua specie. Una volte era un enorme orso polare maschio e ora è un mucchio di ossa, con la pelle che ondeggia cadente da quella che un tempo era una figura imponente. Presto sarà morto e voglio che vada in pace dopo una vita vissuta come uno straordinario nomade polare. Non possiamo provare che si trova in quelle condizioni a causa della mancanza di ghiaccio, ma forse si tratta di un primo sguardo a un futuro in cui il ghiaccio raggiungerà la minima estensione storica? […]

Nel 2013, sulle pagine di Conservation Letters, un gruppo di scienziati ha provato a mettere nero su bianco le possibilità a disposizione per salvare questi orsi, con interventi concreti e proattivi ma che sembrano usciti da un film. Si potrebbe spostarli più a Nord o integrare la loro alimentazione portando cibo – il “cibo per orsi” industriale, qualcosa di paragonabile alle crocchette per cani – in elicottero. Questo li renderebbe “carnivori semi-selvatici, quasi in cattività, liberi. E probabilmente non funzionerebbe nemmeno con un eventuale ritorno del ghiaccio”, commentava in un’intervista con la CNN Andrew Derocher della University of Alberta, primo autore della pubblicazione. Una sorta di precario e costosissimo zoo.

Nutrire artificialmente gli orsi o spostarli, ha continuato Derocher, non è certo la soluzione di conservazione ideale né il sogno di uno scienziato che studia questi animali meravigliosi da anni. Eppure era giunto il momento di essere realisti. Gli orsi polari vivono e cacciano sul ghiaccio, dove trovano le loro prede principali: le foche. Se il ghiaccio non c’è non ci sono nemmeno le foche, il che li lascia con pochissime opzioni. Le prime osservazioni hanno già mostrato che solo pochi esemplari integrano la dieta con il cibo “terrestre” e in piccole quantità, ma essendo carnivori altamente specializzati non sono in grado di usarle in modo efficiente come fanno invece gli orsi bruni. Con i quali, secondo i ricercatori, potrebbero trovarsi a condividere l’habitat.

I poli sono le aree più sensibili del pianeta al cambiamento climatico, spiegano gli scienziati del National Snow & Ice Data Center (NSIDC), e la perdita di copertura di ghiaccio non fa che accelerare il riscaldamento globale: l’80% della luce solare che colpisce il mare Artico viene riflessa e ritorna nello spazio. Quando in estate il ghiaccio si scioglie, la superficie esposta è quella scura dell’oceano, che assorbendo quasi tutta la luce fa riscaldare l’acqua e salire ulteriormente le temperature artiche. A novembre gli strumenti NSIDC hanno registrato un nuovo triste record, con la copertura di ghiaccio del mare dei Ciukci al minimo storico, in un’area definita dai ricercatori come “cruciale” perché mette in comunicazione il mare di Bering con l’oceano Artico.

Ora, vicino a enormi moli di dati preoccupanti, il riscaldamento del pianeta ha anche la sua specie bandiera. “Nessun biologo sta dicendo che ogni orso polare del pianeta è a rischio”, ha commentato in un’esaustiva intervista sul video di Nicklen Steven Amstrup, leader di Polar Bears International, rispondendo ad alcuni dei dubbi emersi dopo la pubblicazione del video “ma quelli che lo sono ora ci stanno dando un assaggio del futuro”. Ed è un futuro in cui gli animali delle regioni artiche rischieranno di morire di fame.

*poiché ci sembrava significativo, in seguito al dibattito scaturito sui media riguardo alla vicenda, vi abbiamo dedicato un altro articolo. Questo è stato editato alle 15:50 di giovedì 14 dicembre per aggiungere all’estratto di Nicklen riportato nel testo – e scritto a corredo della foto scattata e pubblicata in agosto – ancora una frase, nella quale già precisava che non c’era modo di sapere con certezza se l’orso fosse in quelle condizioni per la mancanza di ghiaccio legata al cambiamento climatico.

@Eleonoraseeing

Leggi anche: Orsi polari, sentinelle degli inquinanti nell’Artide

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".