SCOPERTE

La bolla gigante in cui siamo nati

All'alba di un nuovo anno che inizia novità sull'inizio del Sistema Solare. Gli scienziati dell’Università di Chicago hanno elaborato una nuova teoria esauriente e che racconta la nostra storia, a partire da una bolla gigante in cui spirano potenti venti stellari.

Crediti immagine: V. Dwarkadas/D. Rosenberg

SCOPERTE – Immaginate una bolla densa di materia, racchiusa in un involucro e in cui spirano all’interno potenti venti stellari. L’incubatrice in cui sono nati il pianeta Terra e l’intero sistema solare avrebbe avuto proprio questo aspetto miliardi di anni fa. A elaborare una nuova ed esauriente teoria sulla nostra origine nell’universo sono stati i ricercatori dell’Università di Chicago, che si sono concentrati sull’intricato mistero delle diverse abbondanze degli isotopi dell’alluminio e del ferro presenti nel sistema solare. A creare la bolla che ci ha ospitato non sarebbe stata dunque una “semplice” esplosione di supernova, ma bensì una gigante stella di Wolf-Rayett, con una massa tra le 40 e le 50 volte pari a quella del nostro Sole, che era morta da tempo.

I ricercatori guidati da Vikram Dwarkadas e Nicolas Dauphas hanno pubblicato il risultato ottenuto sulla rivista The Astrophysical Journal, dove spiegano la loro nuova teoria. Fino ad oggi infatti si riteneva che il sistema solare si fosse formato vicino ad una supernova miliardi di anni fa. Questo però avrebbe implicato l’abbondanza di due elementi nel sistema rispetto al resto della galassia e che sarebbero stati prodotti dall’esplosione: l’isotopo alluminio-26 e l’isopoto ferro-60.

L’analisi dei meteoriti che dall’antico sistema solare sono arrivati sulla Terra però ha portato a conclusioni diverse. Se infatti l’alluminio-26 si trova in abbondanza, il ferro-60 è decisamente inferiore ai livelli attesi. Una evidenza dunque che contraddice la teoria della supernova e richiede un nuovo scenario. Dwarkadas e Dauphas hanno ipotizzato che a fare da incubatrice al nostro sistema sia stata la bolla creata dall’esplosione di una stella gigante di Wolf-Rayet, che è tra le stelle più calde e produce dalle sue reazioni tonnellate di elementi che vengono poi spinti via dalla superficie da un intenso vento stellare.

La stella gigante inizia così a perdere la sua massa e il vento stellare procede a fatica nel materiale che lo circonda, formando così una bolla in un denso involucro che rappresenta il posto ideale per produrre nuove stelle. I ricercatori hanno così stimato che tra l’1 e il 16 percento di tutte le stelle simili al Sole si siano formate in incubatrici simili a queste, sollevando il problema del perché uno degli isotopi sia entrato nel sistema solare e l’altro no. La risposta è arrivata proprio con la teoria delle Wolf-Rayet, come ha spiegato Dwarkadas:

“L’idea è che l’alluminio-26 lanciato dalla stella Wolf-Rayet sia stato trasportato verso l’esterno dai granelli di polvere che si sono formati intorno alla stella. Questi granelli avevano abbastanza forza da riuscire a perforare la membrana dell’involucro, andando però per lo più distrutti, e intrappolando l’alluminio al suo interno”.

Per quanto riguarda il destino della gigantesca stella di Wolf-Rayet che ci ha protetto, la sua vita è finita molto tempo fa e le possibilità sono due. La prima è che la stella sia collassata in un buco nero, producendo così poco ferro-60. La seconda è che sia esplosa, diventando una supernova, e il ferro-60 prodotto dall’esplosione non sia riuscito a penetrare nell’involucro, venendo così distribuito in modo disomogeneo. Entrambe le ipotesi sembrano dare una valida spiegazione alla presenza degli isotopi e confermare che la grande bolla calda della gigante stella morte ha dato vita al sistema solare come lo conosciamo.

@oscillazioni

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Veronica Nicosia
Aspirante astronauta, astrofisica per formazione, giornalista scientifica per passione. Laureata in Fisica e Astrofisica all'Università La Sapienza, vincitrice del Premio giornalistico Riccardo Tomassetti 2012 con una inchiesta sull'Hiv e del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica Giancarlo Dosi 2019 nella sezione Under 35. Content manager SEO di Cultur-e, scrive di scienza, tecnologia, salute, ambiente ed energia. Tra le sue collaborazioni giornalistiche Blitz Quotidiano, Oggiscienza, 'O Magazine e Il Giornale.