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Biodiversità: le conseguenze del malgoverno sull’ambiente

Una governance debole è il principale elemento antropogenico che influenza la diminuzione della biodiversità: più dei cambiamenti climatici, della crescita economica e dell'aumento della popolazione.

Una cattiva gestione del paese è spesso associata a una mancanza di azioni e investimenti in ambito ambientale, con una conseguente perdita dell’habitat. Crediti immagine: Pixabay

RICERCA – Lo afferma uno studio, durato quasi trent’anni, pubblicato di recente su Nature. Secondo quanto riporta il gruppo di ricerca, guidato dall’università di Cambridge, le aree protette contribuiscono a mantenere la biodiversità, ma solamente nei paesi che hanno una buona stabilità politica, con solide strutture sociali e giuridiche.

Il team internazionale di scienziati e di esperti di conservazione ha analizzato più di 2,4 milioni di dati ricavati dai censimenti annuali di 461 specie di uccelli acquatici, in quasi 26.000 siti in tutto il mondo. I ricercatori hanno utilizzato questo enorme dataset per ottenere dei modelli sulle variazioni nelle specie in diverse regioni e nazioni. I risultati sono stati confrontati con gli indicatori di governance mondiali della World Bank (Worldwide Governance Indicators, WGI), che misurano vari fattori, tra i quali il tasso di violenza, lo stato di diritto e la corruzione politica, così come il PIL e la performance dei vari paesi nella tutela dell’ambiente.

Lo studio ha riscontrato una maggiore diminuzione nelle regioni del mondo in cui la governance è stata meno efficace, come ad esempio in Asia occidentale e centrale, in Sudamerica e nell’Africa subsahariana. Una cattiva gestione è spesso associata a una mancanza di azioni e investimenti in ambito ambientale, con una conseguente perdita dell’habitat – spiega Tatsuya Amano del Dipartimento di Zoologia dell’università di Cambridge, a capo dello studio. I risultati migliori sono stati osservati in Europa continentale, sebbene anche in questa regione il numero di specie sia diminuito drasticamente.

L’analisi ha inoltre evidenziato una relazione tra la crescita del PIL del paese e la biodiversità: quanto più velocemente aumenta il PIL pro capite, tanto più rapido è il declino della biodiversità. Le conseguenze peggiori sono state registrate in Sudamerica: qui il tasso di diminuzione annuale di biodiversità è pari allo 0,95% e in 25 anni è stata registrata una perdita totale del 21%. La cattiva gestione delle acque e la costruzione delle dighe hanno causato il prosciugamento delle paludi in Iran e in Argentina, anche all’interno di aree considerate protette. Deboli regolamenti nel settore della caccia possono inoltre determinare una diminuzione nel numero delle specie, e l’instabilità politica può indebolire l’applicazione della legge e promuovere l’uccisione illegale di animali.

“Sebbene le aree protette continuino ad aumentare – spiega Amano – una governance sbagliata compromette i benefici ottenuti attraverso questo impegno nella tutela ambientale”. La ricerca suggerisce come le iniziative della popolazione locale potrebbero risultare più efficaci per la protezione dell’ambiente rispetto a quelle guidate dai governi: una possibile soluzione per i paesi nei quali prevale l’instabilità politica.

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Francesca Camilli
Comunicatrice della scienza e giornalista pubblicista. Ho una laurea in biotecnologie mediche e un master in giornalismo scientifico.