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Tubercolosi farmaco-resistente: il primo identikit delle mutazioni genetiche coinvolte

Analizzando oltre 1700 set di dati di pazienti provenienti da tutto il mondo, un team del San Raffaele ha elaborato un elenco che raccoglie 300 mutazioni del micobatterio della TB

Le statistiche dicono che un quarto delle morti ogni anno per tubercolosi sono dovute a forme resistenti agli antibiotici. Crediti immagine: CDC; Wikimedia Commons

RICERCA – La tubercolosi multi-resistente (MDR-TB) è una forma di tubercolosi causata da micobatteri diventati resistenti ai due farmaci più efficaci, l’isoniazide e la rifampicina, richiedendo delle terapie dette “di seconda linea”, più lunghe e soprattutto più costose.
Le stime affermano che addirittura un quarto delle morti ogni anno per tubercolosi siano dovute a forme resistenti agli antibiotici. Si tratta di un problema più vicino di quanto pensiamo. Secondo quanto riporta EpiCentro, che cita a sua volta i dati del rapporto Ecdc-Oms, circa un quarto dei 480.000 casi mondiali stimati di Mdr-Tb nel 2014 si sono verificati nella Regione Europea. Se si combinano i dati di tutti i Paesi della regione, si stima che il 15% dei casi nuovi nel 2014 ed il 48% dei casi precedentemente trattati abbia avuto una forma multiresistente della malattia.
All’origine di questa multiresistenza vi sono delle mutazioni genetiche dei micobatteri, e quindi la strategia terapeutica è di trattare i pazienti con i farmaci adatti a prevenire la diffusione di questi micobatteri resistenti, portatori della nuova variazione, nel minor tempo possibile.

Capire quali sono le mutazioni genetiche che permettono al principale batterio responsabile della tubercolosi di sopravvivere nonostante il trattamento con farmaci antibiotici è dunque importantissimo, e ci è riuscito per la prima volta un team internazionale di cui fa parte anche l’Italia con l’IRCCS Ospedale San Raffaele. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica European Respiratory Journal, è stato finanziato dalla Bill & Melinda Gates Foundation ed è stato coordinato da FIND (Foundation for innovative new diagnostics) e da Critical Path Institute (C-Path).

I ricercatori sono riusciti ad analizzare in modo sistematico oltre 1700 set di dati di pazienti provenienti da tutto il mondo, mettendo a punto un elenco che raccoglie 300 mutazioni del micobatterio della tubercolosi, ovvero l’identikit genetico di tutte le forme di tubercolosi farmaco-resistenti. Un elenco su cui basare in futuro test diagnostici fondati sul sequenziamento genico che accelerino la diagnosi e consentano, di conseguenza, di scegliere trattamenti personalizzati ed efficaci.

“Un elemento molto importante è che i dati provengono sia dai paesi ricchi del mondo che dai paesi poveri, dove purtroppo ci può volere anche più di un mese per avere disponibile l’antibiogramma di un’infezione (l’esame in vitro che permette di valutare se un microrganismo è sensibile a un determinato antibiotico)” spiega a OggiScienza Daniela Maria Cirillo, capo Unità Patogeni batterici emergenti dell’Ospedale San Raffaele. “Per trattare nel miglior modo possibile i pazienti è necessario invece avere disponibile l’antiobiogramma in pochi giorni – continua Cirillo – obiettivo che grazie al nostro lavoro sarà sempre più fattibile: queste 300 mutazioni identificate diventano infatti segnali di allerta, che se rilevate in un paziente verranno automaticamente associate alla resistenza a uno specifico farmaco. Per questo il messaggio importante è quello di condividere il più possibile i propri dati, perché solo grazie ad uno sforzo condiviso siamo riusciti ad esaminare più di 1700 set di dati abbiamo potuto individuare le 300 mutazioni chiave correlate all’antibiotico resistenza.”

Il prossimo passo sarà quello di mettere a punto dei nuovi test diagnostici veloci e a basso costo basati sul sequenziamento del genoma, in modo da “sfruttare” questo prezioso identikit genetico della farmacoresistenza. Questo permetterà anche di identificare farmaci in grado di resistere ai meccanismi noti di farmacoresistenza. Certo, si tratta di investimenti – in genere lo sono quelli nel settore della ricerca antibiotica – che attirano poco le industrie farmaceutiche, poiché poco redditizi, dal momento che i tempi necessari per la messa a punto di un farmaco sono molto più lunghi rispetto a quelli dell’evoluzione di un virus o di un batterio in una forma resistente ai medicinali esistenti. Possono passare anche 15 anni dalla prima fase di sperimentazione alla commercializzazione di un farmaco.

Come raccontavamo qualche mese fa, a maggio del 2017 l’OMS aveva pubblicato l’elenco completo dei farmaci attualmente in fase di sperimentazione. Un totale di 42 nuove molecole (33 antibiotici e 11 farmaci biologici) e di queste solo sette per la tubercolosi multiresistente, quattro delle quali ancora in fase 1 (la prima tra le tre fasi nella valutazione di un possibile farmaco). “All’industria poco conviene investire in questa direzione – conclude Cirillo – anche perché il mercato è relativamente limitato con 600 mila nuovi casi l’anno e con prezzi al consumatore che sono per ovvie ragioni calmierati a livello internazionale, in modo che anche i pazienti dei paesi più poveri possano avervi potenzialmente accesso.”

“Insomma, la strada maestra da calcare sembra essere quella della prevenzione da un lato e della riduzione delle forme multiresistenti di tubercolosi, attraverso test diagnostici rapidi e precisi, e la nostra ricerca attraverso l’individuazione di questo identikit genetico ha appena compiuto un passo importante in quella direzione”.

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.