IPAZIA

Marie Tharp e la mappa che ha dimostrato la deriva dei continenti

Geologa e cartografa, Marie Tharp ha realizzato la prima mappa dettagliata dei fondali dell’Atlantico.

Crediti immagine: Lamont Doherty Earth Observatory)

IPAZIA – La crosta terrestre è composta da grandi frammenti irregolari che galleggiano su un oceano di rocce parzialmente fuse: le placche tettoniche. Nell’arco di milioni di anni, le placche si avvicinano e si allontanano, si scontrano e slittano l’una sull’altra, modificando l’aspetto dei mari e dei continenti. Sono questi gli assunti di base della tettonica a placche. Nella sua formulazione iniziale questa teoria geologica, oggi accettata dalla comunità scientifica internazionale, fu accolta con scetticismo e diffidenza. Elaborata nel 1912 dal geologo tedesco Alfred Wegener, la teoria della deriva dei continenti fu osteggiata e poi ignorata per decenni. A portarla di nuovo al centro della scena scientifica è stata una sconosciuta ricercatrice americana. Geologa e cartografa, Marie Tharp ha realizzato la prima mappa dettagliata dei fondali dell’Atlantico, grazie alla quale è stato possibile portare delle prove a supporto della teoria di Wegener, rivoluzionando così le idee geofisiche del tempo. I suoi lavori cartografici non sono solo un simbolo delle conquiste geologiche e oceanografiche del Novecento, ma segnano anche un punto di svolta nella capacità di comunicare la scienza al grande pubblico. Nel 1968 una versione aggiornata e semplificata della mappa, disegnata dall’artista austriaco Heinrich C. Berann, fu infatti allegata al National Geographic, ottenendo una grande diffusione ed entrando nell’immaginario collettivo.

Marie Tharp nasce nel 1920 a Ypsilanti, in Michigan. La madre è un’insegnante di tedesco e latino, il padre realizza mappe del suolo per il Dipartimento dell’Agricoltura statunitense. I genitori educano la figlia in modo liberale, permettendole di seguire i suoi interessi senza condizionamenti e costrizioni. Da bambina Marie è affascinata dall’attività del padre, lo segue nei suoi viaggi e colleziona campioni di suolo. La famiglia si trasferisce in continuazione e Marie cambia ben ventiquattro scuole pubbliche, ma riesce a superare indenne l’intero ciclo di istruzione. Ama molto leggere e dopo la scuola si iscrive alla Ohio University, dove nel 1943 consegue una prima laurea in musica e letteratura inglese. In quegli anni quasi tutti i giovani uomini sono impegnati al fronte e molti dipartimenti scientifici delle università americane, fino a quel momento preclusi alle donne, iniziano a consentire le iscrizioni femminili. Marie riscopre la sua passione d’infanzia e decide di proseguire i suoi studi all’università del Michigan, dove frequenta per un anno i corsi di geologia petrolifera. Si laurea nel 1944 e inizia subito a lavorare per la Standard Oil, una compagnia petrolifera di Tulsa, in Oklahoma. Alle donne della compagnia non è consentito lavorare direttamente sul campo, così Tharp si specializza nella raccolta di dati e nella realizzazione di mappe, utilizzate dai colleghi uomini durante le campagne di scavo. In questi anni riprende a studiare e nel 1948 consegue una seconda laurea in matematica all’università di Tulsa. Lo stesso anno lascia la Standard Oil e inizia a lavorare come assistente di Maurice Ewing, geologo della Columbia University. L’attività principale della giovane consiste nell’aiutare studenti e dottorandi nella realizzazione di mappe e disegni tecnici. Nessuno sa che è laureata in geologia. In questo periodo conosce Bruce Charles Heezen, brillante studente interessato allo studio topografico dei fondali oceanici. I due iniziano a lavorare insieme. La loro collaborazione, nata per caso, andrà avanti fino alla morte di Heezen, nel 1977.

Nei primi anni insieme al Lamont Geological Observatory della Columbia, Heezen e Tharp si occupano di analizzare i dati provenienti dalle fotocamere di profondità per identificare gli aeroplani abbattuti durante la seconda guerra mondiale. Individuano anche le zone del fondale oceanico in cui, a causa delle irregolarità del terreno, i cavi transatlantici possono rompersi e rilevano la presenza di canyon e profonde vallate in cui i sottomarini americani possono nascondersi dal nemico. Queste prime scoperte convincono i due della necessità di realizzare una mappa topografica dettagliata dei fondali dell’Atlantico del Nord. Nessuno prima di allora aveva mai tentato un’impresa del genere. A partire dal 1952, Heezen e alcuni collaboratori si imbarcano sulla Vema, nave oceanografica del Lamont Observatory. Marie Tharp non può partecipare alle spedizioni, a quel tempo alle donne non è consentito lavorare a bordo delle navi di ricerca; si occupa quindi di elaborare i dati raccolti per realizzare la mappa. La superficie topografica dei fondali oceanici viene analizzata con l’utilizzo di un ecoscandaglio. Lo strumento funziona attraverso l’emissione di impulsi sonori che, dopo aver raggiunto il fondale, tornano indietro verso la nave oceanografica. Calcolando il tempo impiegato dagli impulsi per percorrere tale distanza, è possibile misurare la profondità di una determinata porzione del fondale sottomarino.

Le indagini confermano la presenza della dorsale medio atlantica, un’enorme catena montuosa sottomarina che attraversa il centro dell’oceano da nord a sud, identificata per la prima volta alla fine dell’Ottocento. Nessuno prima di Tharp aveva però eseguito un’analisi topografica dettagliata di questa struttura. Durante il suo lavoro, la donna scopre che la cresta del rilievo è divisa in due da una una profonda fenditura a forma di V; intuisce così che quella fenditura indica una rift valley, ovvero una zona lungo cui la crosta oceanica si sta lacerando e le placche tettoniche divergono. È la prima prova che la teoria di Wegener è corretta.

In quegli anni, però, la teoria della deriva dei continenti non gode di molto credito presso la comunità scientifica. Il primo a essere scettico è proprio Heezen, tanto da definire le idee di Tharp una  “sciocchezza da ragazze”. Heezen è un sostenitore della teoria dell’espansione della Terra: è convinto, come molti altri geologi del tempo, che i continenti si siano formati nel corso di centinaia di milioni di anni a causa del lento accrescimento del globo terrestre. Poco tempo dopo, Heezen è contattato dai Bell Laboratories, la divisione di ricerca della compagnia telefonica Bell, per condurre un’indagine sul rapporto tra la rottura dei cavi che attraversano l’Atlantico e il verificarsi di terremoti sottomarini. Heezen chiede ad Howard Foster, un giovane ricercatore, di tenere traccia degli epicentri degli eventi sismici oceanici. Foster lavora per mesi nello stesso ufficio di Marie Tharp, ancora impegnata nella realizzazione della mappa. I risultati della ricerca sono molto chiari: non solo l’origine dei terremoti segue la dorsale medio atlantica, ma gli epicentri sono situati all’interno della fenditura, nella rift valley. Per Tharp è la prova definitiva che la teoria di Wegener è corretta. La donna analizza i dati provenienti da indagini simili eseguite in altri oceani e scopre che ovunque si verificano fenomeni analoghi. La crosta oceanica dell’intero globo terrestre è segnata da profonde cicatrici che attraversano gli oceani per oltre 60 000 chilometri, segnando i punti di contatto delle placche. Quando due masse continentali si allontanano, formano una cicatrice lungo la crosta e creano la rift valley. Ma Heezen non è ancora convinto. Cambierà idea alcuni mesi dopo, studiando la Great Rift Valley, una vasta formazione geologica che non si trova nei fondali marini, ma in superficie, attraversando l’Africa orientale per circa 3500 chilometri, da nord a sud. Capisce così che quello che avviene nel continente africano è l’equivalente terrestre di ciò che si verifica nel mezzo dell’Atlantico.

La prima versione della mappa del Nord Atlantico viene pubblicata nel 1957. Eppure, nonostante l’evidenza dei dati e delle immagini, molti studiosi si mostrano ancora diffidenti. A convincere gli ultimi scettici sarà un filmato subacqueo realizzato nel 1959 dal celebre documentarista e oceanografo francese Jacques Cousteau. Le immagini dimostrano in modo chiaro e inequivocabile l’esistenza della fenditura che divide in due la dorsale medio atlantica. Sono tanti gli studi scientifici sulla tettonica a placche pubblicati negli anni successivi da Heezen e altri studiosi. Alle ricerche partecipa anche Tharp, ma il suo nome non compare mai tra gli autori. Tharp inizierà a essere accreditata come coautrice dei lavori solo a partire dalla metà degli anni Sessanta; nello stesso periodo avrà finalmente la possibilità di imbarcarsi e partecipare attivamente alle spedizioni della Vema.

Negli anni seguenti, Tharp e Heezen migliorano la mappa del Nord Atlantico ed estendono il loro lavoro all’Atlantico del Sud e agli altri oceani del pianeta. Nel 1977, tre settimane prima della morte di Heezen, viene pubblicata un’opera titanica, il World Ocean Floor Panorama, spettacolare atlante del fondale di tutti gli oceani basato sui dati geologici e geofisici raccolti in quegli anni, realizzato in collaborazione con il pittore austriaco Heinrich C. Berann, già autore della mappa allegata al National Geographic nel 1968. Per premiare le sue ricerche pionieristiche, l’anno successivo la National Geographic Society consegna a Tharp la medaglia Hubbard, conferita postuma anche a Heezen.

Nel 1995 Tharp ha donato tutti i suoi scritti e le tavole originali del World Ocean Floor Panorama alla Map and Geography Division della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti. E proprio la Biblioteca del Congresso, nel 1997, l’ha inserita fra i quattro migliori cartografi del ventesimo secolo. Oggi, ancor più che dopo la pubblicazione sul National Geographic, il lavoro di Marie Tharp è davvero sotto gli occhi di tutti. Dal 2009, infatti, la sua storica mappa è disponibile su Google Earth.

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Simone Petralia
Giornalista freelance. Amo attraversare generi, discipline e ambiti del pensiero – dalla scienza alla fantascienza, dalla paleontologia ai gender studies, dalla cartografia all’ermeneutica – alla ricerca di punti di contatto e contaminazioni. Ho scritto e scrivo per Vice Italia, Scienza in Rete, Micron e altre testate. Per OggiScienza curo Ipazia, rubrica in cui affronto il tema dell'uguaglianza di genere in ambito scientifico attraverso le storie di scienziate del passato e del presente.