SCOPERTE

Bianco (e biocompatibile) come un coleottero

Un gruppo di ricerca dell'Università di Cambridge ha sviluppato un rivestimento bianco leggero, ultrasottile, economico e commestibile. Ma soprattutto, bioispirato

Il segreto del bianco di questo maggiolino? Un esoscheletro ricoperto da una fitta ma disordinata selva di microscopiche squame di sclerotina. Crediti immagine: terrier3538, Flickr

SCOPERTE – Si fa presto a dire bianco: esiste la tonalità ghiaccio, caratterizzata da una punta di grigio. E quella avorio, lievemente sporcata di giallo, dotata di un maggiore calore. Le tonalità di bianco sono davvero numerose, talora definite da nomi evocativi come fantasma o panna; altre volte in maniera pragmatica come nel caso dei bianchi di titanio e di zinco, frequentemente impiegati in oggetti di uso quotidiano come creme solari, cosmetici e vernici. In quanto somma dell’intero spettro elettromagnetico, il bianco è maledettamente difficile da ottenere rispetto agli altri colori. Vernici e rivestimenti devono includere particelle altamente rifrattive come il biossido di titanio o l’ossido di zinco, privi di effetti sulla salute, almeno in piccole quantità, ma di per sé non sostenibili né biocompatibili.

Alla ricerca di un materiale che rispondesse a queste caratteristiche, i ricercatori del laboratorio di Silvia Vignolini, professoressa di Chimica e Biomateriali all’Università di Cambridge, hanno sviluppato un rivestimento leggero e ultrasottile, economico e commestibile. Nell’articolo pubblicato sulla rivista Advanced Materials, gli autori riferiscono che esso sia costituito da cellulosa e diffonda la luce dalle 20 alle 30 volte più efficacemente della carta. Nonostante le applicazioni siano prevalentemente commerciali – l’industria alimentare e quella farmaceutica sono già alla finestra – l’invenzione è scientificamente intrigante poiché rappresenta il coronamento di un decennio di tentativi votati a imitare il genio di Madre Natura.

Sebbene la sorgente più comune di colore sia la pigmentazione, resa possibile dalla concentrazione di molecole colorate all’interno delle cellule, le colorazioni iridescenti come quella dei pavoni o di molte farfalle sono ottenute sfruttando meccanismi fisici. Quando la luce incontra la superficie di una struttura trasparente, le singole lunghezze d’onda sono rifratte in misura diversa. Il risultato è una banda spettrale analoga a quella che si ottiene quando si fa passare della luce bianca attraverso un prisma. Una complessa geometria di angoli d’incidenza può sfruttare questo fenomeno per riflettere sulle superfici la lunghezza d’onda desiderata: per ogni angolo d’incidenza apparirà un solo colore, che verrà sostituito da un altro quando viene variato l’angolo stesso.

“I colori brillanti che osserviamo nelle ali delle farfalle o negli opali sono determinati da una geometria ordinata e precisa. Invece il bianco è un tipo molto particolare di colore strutturale: l’architettura deve essere il più casuale possibile” chiarisce la ricercatrice Olimpia Onelli, prima autrice dello studio. Inoltre, il ricorso a fibre troppo sottili si traduce in un eccesso di trasparenza e viceversa, l’aggiunta di fibre medie o spesse determina l’opacità del materiale. Per questo motivo da diversi anni i ricercatori di a Cambridge studiano con interesse la struttura delle squame di un coleottero proveniente dal Sudest asiatico.

Non il latte né i denti e nemmeno il ghiaccio. Il bianco più luminoso e splendente appartiene infatti al maggiolino Cyphochilus. Il candore della sua livrea, forse evoluto per confondersi tra i funghi, è talmente perfetto che persino l’Organizzazione Internazionale per la Normazione (ISO) l’ha classificato al vertice della lista. Il suo segreto? Un esoscheletro ricoperto da una fitta ma disordinata selva di microscopiche squame di sclerotina, una proteina simile alla cheratina presente nelle nostre unghie. Nonostante la sclerotina abbia un basso indice di rifrazione, la peculiare disposizione degli elementi – il cui spessore è di circa 7μm, dieci volte inferiore a quello di un nostro capello – disperde la luce in tutte le lunghezze d’onda con la medesima efficienza. Determinando il bianco assoluto di Cyphochilus.

Tramite il ricorso a una combinazione di nanofibrille di diametro diverso, i ricercatori sono stati finalmente in grado di riprodurre lo stesso effetto di Cyphochilus in una membrana flessibile. “Non vogliamo che sia troppo uniforme, né che collassi. Questi materiali a base di cellulosa hanno una struttura simile agli spaghetti, motivo per cui sono in grado di disperdere la luce tanto efficacemente” ha commentato Vignolini, ricordando come lo spessore della membrana ottenuta sia di pochi millesimi di millimetro. Indipendentemente dal successo del “bianco coleottero”, sono sempre più numerosi i gruppi di ricerca che guardano con interesse ai colori strutturali di uccelli e insetti per trovarne applicazioni pratiche.

Alcuni anni fa l’azienda statunitense Qualcomm aveva brevettato Mirasol, una tecnologia che prometteva di rivoluzionare gli eReader. Ispirandosi all’architettura delle ali della farfalla tropicale Morpho, caratterizzata da scaglie nanometriche che interferiscono con la luce donando una lucentezza metallica a tessuti di per sé non pigmentati, gli ingegneri avevano inventato una carta elettronica a colori priva di retroilluminazione. A differenza di quanto accade negli schermi a cristalli liquidi, nei quali una luce posteriore illumina i pixel, nei display Mirasol il colore era prodotto dal passaggio della luce ambientale attraverso membrane riflettenti e rifrangenti. Una tecnologia incredibilmente complicata eppure meravigliosamente semplice, che permetteva di ridurre il peso del dispositivo e di aumentarne l’autonomia.

Nonostante ciò il destino di Mirasol fu sfortunato: il costo eccessivo e la scarsa brillantezza dello schermo ne decretarono il flop commerciale. Un passo falso che tuttavia dimostrò come il traguardo non fosse più così lontano.

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Davide Michielin
Indisposto e indisponente fin dal concepimento, Davide nasce come naturalista a Padova ma per opportunismo diventa biologo a Trieste. Irrimediabilmente laureato, per un paio d’anni gioca a fare la Scienza tra Italia e Austria, studiando gli effetti dell’inquinamento sulla vita e sull’ambiente. Tra i suoi interessi principali vi sono le catastrofi ambientali, i fiumi e gli insetti, affrontati con animo diverso a seconda del piede con cui scende dal letto.