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Tiangong-1, stazione spaziale cinese fuori controllo: dove e quando cadrà

La stazione spaziale cinese Tiangong-1, lanciata il 29 settembre 2011, è uscita dalla sua orbita. È ormai impossibile un rientro controllato e si stima che potrebbe cadere sulla Terra il giorno di Pasqua. Ecco cosa c’è da sapere

Lanciata il 29 settembre 2011, Tiangong-1 è stata la prima stazione spaziale cinese, una missione che ha permesso alla Cina di portare equipaggi nello spazio tra il 2012 e il 2013. Crediti immagine: CMSE

Aggiornamento della redazione, lunedì 2 aprile 2018 ore 10: alle 2:16 di stanotte (ora italiana) è avvenuto il rientro fuori controllo della stazione, che è caduta nell’oceano Pacifico a Nord-Ovest di Thaiti senza causare danni. Esclusa la possibilità che uno o più frammenti della stazione abbiano raggiunto il territorio italiano

APPROFONDIMENTO – La stazione spaziale cinese Tiangong-1, Palazzo celeste, è ormai fuori controllo. Lanciata nel settembre 2011, il 16 marzo 2016 il centro di controllo a terra ha perso ogni contatto e capacità di controllarne la discesa nell’atmosfera. Un rientro non controllato che fa della stazione uno dei migliaia di detriti di spazzatura spaziale che orbitano intorno alla Terra.

Dopo due anni trascorsi a vorticare intorno al pianeta secondo orbite discendenti, il momento dell’impatto di Tiangong-1 al suolo è quasi arrivato. Effettuare una previsione esatta del luogo e della data dell’eventuale impatto è impossibile, ma gli scienziati hanno definito una fascia compresa tra due latitudini dove la probabilità della caduta è più alta e una stima della data (aggiornata al 27 marzo) per il giorno di Pasqua: il 1° aprile alle 10.25, le 12.25 in Italia.

(Aggiornamento del 31 marzo: nell’ultimo bollettino dell’ESA, Agenzia Spaziale Europea, è stato spostato l’orario previsto per il rientro: 23.25 del 1° aprile ora UTC, le 02.25 del 2 aprile in Italia)

Proprio l’Italia è tra le zone a rischio impatto da rientro tra l’Emilia Romagna e le regioni a Sud. Le probabilità che frammenti della stazione spaziale colpiscano una persona sono bassissime, meno di un centomiliardesimo, ma la Protezione Civile in collaborazione con l’Agenzia spaziale Italiana (ASI) e le altre agenzie spaziali internazionali monitorano costantemente la traiettoria di questo detrito spaziale che passa sul nostro Paese tre o quattro volte al giorno, perdendo quota e avvicinandosi sempre di più al suolo.

Spazzatura spaziale: cos’è?

A partire dagli anni Cinquanta, la corsa allo spazio ha portato in orbita intorno alla Terra oltre 7 500 satelliti in più di 5 200 lanci. Di questi, 4 300 sono rimasti nello spazio e solo 1 200 sono ad oggi ancora operativi, secondo i dati dello Space Debris Office dell’ESA. Queste missioni hanno prodotto una coltre di spazzatura spaziale che orbita intorno al pianeta ad alta velocità: detriti costituiti da stadi dei razzi, frammenti di satelliti, scaglie di vernici e ancora materiale espulso dai motori che vanno dalle dimensioni inferiori al millimetro fino a oggetti delle dimensioni di Tiongang-1, che è lunga circa 10,5 metri.

Durante i 60 anni di attività spaziale il numero dei detriti è aumentato vertiginosamente, tanto da diventare un problema concreto e urgente per via della collisione con altri satelliti in orbita ancora attivi o del loro rientro nell’atmosfera. I frammenti, pur se con basse probabilità, possono causare collisioni con aerei in volo oppure precipitare a Terra. A oggi il principale sistema di monitoraggio e catalogazione dei detriti spaziali si deve all’Us Space Surveillance Network, che si avvale di radar, telescopi e altre tecnologie per tracciare le orbite degli oggetti.

Tiangong-1, il Palazzo celeste in caduta libera

Lanciata il 29 settembre 2011, Tiangong-1 è stata la prima stazione spaziale cinese messa in orbita a 350 chilometri di altezza e con inclinazione di circa 43 gradi rispetto all’equatore terrestre. Una missione che ha permesso alla Cina di portare equipaggi nello spazio tra il 2012 e il 2013.

Da allora è rimasta disabitata, ma ha continuato a essere utilizzata per condurre test tecnologici e poi è iniziato il suo rientro controllato, che avrebbe dovuto portarla a precipitare nella South Pacific Ocean Unpopulated Area (SPOUA), un “cimitero” per satelliti in una zona desertica dell’Oceano Pacifico. Qualcosa però è andato storto e dal 16 marzo 2016 il centro di controllo a terra ha perso la capacità di gestire il rientro in sicurezza.

Negli ultimi due anni Tiangong-1 ha continuato a perdere progressivamente quota. Il continuo impatto con le molecole di atmosfera residua le ha sottratto energia e ora è destinata a precipitare sulla Terra senza controllo. La stazione è composta da due moduli cilindrici, uno di servizio e uno abitabile. Il diametro varia dai 2,5 metri del modulo di servizio ai 3,4 metri del modulo abitabile.

La sua massa iniziale era di oltre 8 500 chilogrammi, di cui circa 1 tonnellata di propellente per le manovre, ma si è ridotta a circa 7 500 chilogrammi dopo l’utilizzo del carburante e l’esaurimento delle scorte di cibo, ossigeno e acqua a bordo da parte degli astronauti durante la loro permanenza.

Il rientro di Tiangong-1: le zone a rischio 

Si parla di rientro in atmosfera quando un detrito spaziale scende sotto la quota di 120 chilometri di altezza, ma dato che nella maggior parte dei casi la struttura principale dell’oggetto rimane integra fino agli 80 chilometri di altezza, questa è la quota di riferimento secondo Luciano Anselmo e Carmen Pardini dell’Isti-Cnr. Nel caso di Tiangong-1, la struttura inizierà a disintegrarsi tra i 120 e gli 80 chilometri di altezza e – nonostante l’attrito con l’atmosfera riduca la stazione spaziale in frammenti – alcune componenti potrebbero sopravvivere e precipitare in un’area ellissoide grande tra gli 800 e i 2000 chilometri in lunghezza e circa 70 chilometri in larghezza.

La mappa del rischio mostra le aree tra i 42.8 gradi di latitudine nord e 42.8 gradi di latitudine sud (in verde) in cui il rientro di Tiangong-1 potrebbe avvenire, mentre il grafico a destra indica la densità di popolazione delle aree. Crediti immagine: ESA CC BY-SA IGO 3.0

Un’allerta è stata lanciata per tutte le località che si trovano nella fascia compresa tra i 43 gradi di latitudine Sud e i 43 gradi di latitudine Nord. Data la bassa eccentricità e l’inclinazione non polare dell’orbita, come spiegano gli esperti di Isti-Cnr, la stazione spaziale ha una maggiore probabilità di cadere in prossimità dei confini di banda di latitudine.

Una eventuale esplosione ad alta quota, dovuta ai residui di propellente nei serbatoi, potrebbe allontanare i frammenti di un centinaio di chilometri rispetto alla traiettoria originale, estendendo i confini delle zone a rischio a 44 gradi di latitudine Nord e 44 gradi di latitudine Sud. Proprio in questa fascia si trova l’Italia.

Il rientro di Tiangong-1: quando?

La data di rientro stimata della stazione spaziale è il 1° aprile 2018, proprio nel giorno di Pasqua, alle ore 10.25 Utc, le 12.25 in Italia. Si tratta però solo di una stima con incertezza di 48 ore, dunque tra il 30 marzo e il 3 aprile. Gli scienziati spiegano che non è possibile prevedere con esattezza il “dove” e il “quando” per via della complessità dell’atmosfera rispetto ai modelli di cui dispongono, l’alta velocità con cui si muove la stazione e altri fattori che generano errore sulla stima.

Quello che però gli scienziati possono fare è prevedere dove non cadrà: nelle ultime 36 ore di volo possiamo escludere progressivamente le aree a rischio. La conferma avverrà, per un eventuale impatto, con un preavviso inferiore ai 40 minuti e quello che sappiamo è che al momento Tiangong-1 attraversa il cielo italiano tre o quattro volte al giorno ad una distanza temporale di 90 minuti e ad una quota tra i 200 e i 220 chilometri di altitudine.

Il rientro di Tiangong-1: rischi e probabilità

I rischi legati al rientro della stazione spaziale cinese sono di tipo meccanico o chimico. Il rischio meccanico è definito come l’urto di frammenti massicci che viaggiano a elevata velocità con veicoli in movimento, strutture vulnerabili e persone all’aperto. Il rischio chimico invece è rappresentato dalla presenza ancora a bordo, secondo le stime Isti-Cnr, di 230 chilogrammi di tetrossido di azoto e di 120 chilogrammi di monometilidrazina, due sostanze molto tossiche. Le probabilità di contaminazione sono basse ma non possiamo escludere il rischio; chiunque individui un frammento è invitato a non avvicinarsi, evitare qualunque contatto e allertare immediatamente le autorità.

La certezza è che al momento Tiangong-1 è un sorvegliato speciale: cinque telescopi, radar, sensori ottici e sistemi di tracciamento laser per 13 agenzie spaziali internazionali stanno monitorando la sua discesa nell’atmosfera terrestre e la Protezione civile, sotto il coordinamento del Capo Dipartimento Angelo Borrelli, è impegnata sul territorio a gestire l’eventuale emergenza. In Italia il monitoraggio vede coinvolti l’ASI, il Centro di Geodesia Spaziale Giuseppe Colombo di Matera, l’amministrazione della Difesa, l’Inaf e l’Isti-Cnr.

La probabilità che una persona venga colpita da un frammento è davvero infima, pari a uno su cento miliardi: è 130mila volte più probabile essere colpiti da un fulmine e tre milioni di volte più probabile di rimanere vittima di un incidente domestico in un paese sviluppato. In 60 anni di attività spaziale, al ritmo di uno-due stadi o satelliti rientrati a settimana, nessuno è mai rimasto ferito nel rientro non controllato di un detrito spaziale. E 200 volte più piccola è la probabilità che i frammenti della stazione spaziale possano collidere con un aereo in volo.

Evento eccezionale o comune?

La stazione spaziale cinese non rappresenta il primo caso di rientro non controllato nell’atmosfera terrestre, anzi: rientri di detriti spaziali come satelliti o stadi senza controllo con una massa superiore ai  5 000 chilogrammi avvengono in media una o due volte l’anno. Si tratta di evento più comune di quanto pensiamo.

La storia dei rientri delle stazioni spaziali (controllati e non controllati) con massa superiore a Tiangong-1. Crediti immagine: SA CC BY-SA 3.0 IGO

Lo scorso 27 gennaio uno stadio russo-ucraino di circa 8 500 chilogrammi (con una massa dunque superiore a Tiangong-1) è rientrato sul Perù e i suoi frammenti sono precipitati nella regione del lago Titicaca. Il 10 marzo uno stadio del lanciatore cinese Lunga Marcia 3B è rientrato sul Paraguay e uno dei suoi serbatoi è stato recuperato al confine con il Brasile, nei pressi della città di Canindeyù.

Tiangong-1 fa parte di una categoria di mezzi di trasporto spaziali, con o senza equipaggio, che sono rientrati in atmosfera e non è certamente il più piccolo per massa. Basta pensare al rientro di Skylab, la stazione spaziale statunitense della NASA che ha effettuato un rientro semi-controllato nel 1979 e con i suoi 74 000 chilogrammi è arrivata sul suolo terrestre. Ecco dove monitorare il rientro di Tiangong-1:

Rocket Science Blog (ESA)

ASI

Protezione civile

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Leggi anche: Spazzatura spaziale

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Veronica Nicosia
Aspirante astronauta, astrofisica per formazione, giornalista scientifica per passione. Laureata in Fisica e Astrofisica all'Università La Sapienza, vincitrice del Premio giornalistico Riccardo Tomassetti 2012 con una inchiesta sull'Hiv e del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica Giancarlo Dosi 2019 nella sezione Under 35. Content manager SEO di Cultur-e, scrive di scienza, tecnologia, salute, ambiente ed energia. Tra le sue collaborazioni giornalistiche Blitz Quotidiano, Oggiscienza, 'O Magazine e Il Giornale.