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10 curiosità sull’omeopatia

Dalle diluizioni omeopatiche per piante fino a elettromiopatia e nosodi, i "vaccini omeopatici" creati a partire da pustole, urina e sangue

Secondo l’ISTAT, tra le terapie non convenzionali la più diffusa resta l’omeopatia: ancora oggi è seguita da più del 4% degli italiani. Foto Pixabay

Il fatto che l’omeopatia non abbia mai curato nessuno non la rende meno interessante e, ancora oggi, la scelgono quattro italiani su 100. Per sopravvivere a secoli di prove inconfutabili, che ne dimostrano inefficacia e inconsistenza scientifica, deve avere per forza qualcosa di speciale. Come pseudoscienza ha saputo scimmiottare teoria e pratica delle scienze, e allo stesso tempo sfruttare a proprio vantaggio il giusto scetticismo nei confronti di alcune pratiche comuni delle industrie farmaceutiche. Come sistema di credenze è riuscito a intercettare il nostro bisogno di spiritualità, spacciandosi come una cura olistica e personalizzata se non alternativa, almeno complementare (sic) a quelle fredde e meccaniciste della vera medicina. Si potrebbero scrivere interi libri sulle stranezze legate all’omeopatia. In occasione della settimana internazionale che la celebra, a partire da martedì 10 aprile (data di nascita del fondatore, il medico Samuel Hahnemann) ve ne proponiamo, appunto, dieci.

1. L’india ha il ministro dell’omeopatia

L’omeopatia in India è arrivata nel XIX secolo grazie al medico tedesco Johann Martin Honigberger, era il 1839. Ebbe subito successo, tanto che nel 1881 fu fondato a Calcutta un college e ospedale omeopatico. Oggi l’omeopatia convive con rimedi tradizionali come l’Ayurveda e dal 2014 è stato istituito il ministero dell’AYUSH: Ayurveda, Yoga Naturopatia, Unani, Siddha e Omeopatia. Nelle ultime settimane il ministro in carica Shripad Naik ha dichiarato di avere le prove che l’omeopatia non è una pseudoscienza e che le revisioni sistematiche hanno confermato la sua efficacia. Allo stesso tempo ha dichiarato un aumento del 50% in cinque anni tra i pazienti che cercano l’omeopatia. Come ha scritto Edzard Ernst, uno dei primi medici a occuparsi di mettere alla prova le medicine alternative, ci si stupisce che il ministro possa passarla liscia con dichiarazioni tanto fuori dalla realtà. Il consenso sull’inefficacia dell’omeopatia è solidissimo e, di fronte alla sua parola e nient’altro, forse anche il dato sul 50% è da prendere con le pinze. Se le pseudoscienze non fossero abbastanza popolari forse non esisterebbe il ministero dedicato all’omeopatia, ma nel 2015 un sondaggio ha mostrato che il 90% della popolazione preferiva la medicina all’alternativa….

2. Omeopatia e piante

Nessuno ha mai messo in dubbio che l’acqua facesse bene alle piante, ma secondo alcuni ricercatori (anche italiani) le diluizioni omeopatiche – che, ricordiamo, spesso e volentieri fanno scomparire ogni altra molecola –  hanno effetti sui vegetali. Ed ecco che con l’agro-omeopatia non è più possibile parlare di effetto placebo, quindi… abbiamo una prova che l’omeopatia funziona? In realtà, come spiega il farmacologo David Colquhoun, l’effetto placebo esiste ma gli effetti di lieve entità (i preferiti dagli omeopati) possono essere spiegati soprattutto da artefatti statistici, come la regressione verso la media. In altre parole (e non è solo un problema delle pseudoscienze) un risultato “statisticamente significativo” di per sé non prova nulla, specialmente se le premesse non sono plausibili nemmeno lontanamente, come in questo caso. Anche i lavori di questo sottodisciplina dell’omeopatia tipo vengono in genere pubblicati su riviste che hanno il nome “Omeopatia” nel titolo e non producono mai applicazioni pratiche. Questo se escludiamo alcuni rimedi venduti a giardinieri particolarmente sprovveduti.

3. Un Nobel per l’omeopatia

Come ha fatto Luc Montagnier, uno dei co-scropritori dell’HIV, a diventare uno degli scienziati più amati dagli omeopati? Non è strano come sembra: molti scienziati, tra i quali diversi premi Nobel, sono stati sedotti dalle pseudoscienze. Qualcuno la chiama malattia del Nobel: Linus Pauling ha fatto di tutto per provare inesistenti superpoteri della vitamina C, Kary Mullis non credeva al legame tra AIDS e HIV e Montagnier ha puntato sulla fantomatica memoria dell’acqua, che darebbe un’illusione di credibilità all’omeopatia. I lavori che ha firmato su questo argomento sono stati derisi dalla comunità scientifica, ma hanno ricevuto un’eccellente pubblicità grazie alla sua fama, al punto che nel 2014 l’UNESCO ha ospitato un suo simposio sulla sua versione di memoria dell’acqua.

4. Il suicidio omeopatico

Esiste ancora una confusione tra gli utilizzatori di rimedi omeopatici. Alcuni sono solo vittime della fallacia naturale=buono e credono di usare qualcosa di simile a un integratore o a un rimedio erboristico. Non conoscono cioè la parte più divertente dell’omeopatia: la diluizione e lo shakeramento la dinamizzazione. Come comunicare, almeno a queste persone, che l’omeopatia non ha senso? Simulando un suicidio omeopatico. Gli scettici, da James Randi in giù, si sono spesso esibiti tracannando interi flaconi di rimedi omeopatici. Dal momento che con le normali diluizioni tutto quello che rimane è un eccipiente, è impossibile avvelenarsi. Anche se sulla confezione del rimedio ci fosse scritto belladonna o arsenico. Nel 2004 un gruppo di scettici belgi decise di fare un suicidio omeopatico di massa, ottenendo una certa copertura mediatica. Nel 2010 la Merseyside Skeptics Society trasformò l’idea in una campagna internazionale. Il nome scelto è stato 10:23, in omaggio a quel numero di Avogadro (6.022 x 10^23) che gli omeopati fingono di ignorare.

5. La prefazione ritirata della Lorenzin

I sostenitori dell’omeopatia procedono nel loro imitare la superficie della prassi scientifica pubblicando su riviste classificate come peer-reviewed, ma che in realtà sono per lo più lette solo da omeopati e giustamente ignorate da chiunque altro. Poi c’è il marketing vero e proprio, con un martellamento di pubblicità di prodotti inutili pienamente all’altezza dell’odiata Big Pharma. A volte però qualcosa non va esattamente come previsto, come quando nel 2015 il presidente di Omeoimprese pubblicò il libro Elogio dell’omeopatia con la prefazione di Beatrice Lorenzin, allora ministro della salute. Non poteva che finire in un modo: dopo la pioggia di critiche, la prefazione è stata grottescamente ritirata in quanto “non autorizzata” e “frutto di un errore” degli uffici di Lorenzin.

6. I nosodi, i cosiddetti vaccini omeopatici 

Tutta l’omeopatia, volendo,  può essere venduta sfruttando le conoscenze di base sui vaccini. Dopotutto, spiegano alcuni fan, in entrambi i casi si tratta di una piccola quantità di sostanze in grado di stimolare l’organismo a difendersi da solo. Questa analogia tra omeopatia e vaccini è un’impostura, ma forse non tutti sanno che esiste una classe di rimedi omeopatici chiamati nosodi che spesso sono proprio spacciati per vaccini omeopatici. Assurdità dell’ossimoro a parte, cosa c’è dentro a un nosode? A parte gli eccipienti, nulla: la diluizione il più delle volte non lascia traccia della sostanza di partenza. Fin qui, nulla di diverso dagli altri rimedi, ma i nosodi utilizzano ,al posto di arnica e belladonna, tessuti patologici, secrezioni o allergeni. Per esempio pustole e tessuti di persone malate, saliva, urina, sangue, polline, latte. I nosodi sono diffusi anche in veterinaria: spesso i veterinari omeopati sconsigliano di vaccinare gli animali domestici e propongono invece di ricorrere a questa “alternativa”.

7. Gli altri rimedi folli

Una volta accettata la diluizione e la teoria dei simili, la fantasia è il limite. Così non è difficile trovare rimedi omeopatici realizzati a partire da sostanze particolarmente strane. Per esempio un pezzo del muro di Berlino (Murus Berlinensis), ma anche latte di cane (Lac caninum) e feci di cane (Excrementum caninum). Ma perché fermarsi alla cose realmente reperibili? Esistono rimedi che, sulla carta, dovrebbero essere stati preparati con uranio e plutonio, ma è difficile credere che un omeopata possa procurarselo. Il podio però va al rimedio omeopatico realizzato con la complicità di un buco nero: basta mettere una fiala davanti a un telescopio puntato verso Cygnus X-1 (Lux foraminis nigris).

8. Lo “studio” omeopatico ritirato (anche) perché un autore era stato arrestato

Nel 2010 è uscito sulla rivista Evidence-Based Complementary and Alternative Medicine un articolo sul trattamento dei tumori con un nosode ricavato dalla scabbia non trattata, lo Psorinum. Lo studio è passato praticamente inosservato, fino a quando la scorsa estate non si è saputo che l’autore Aradeep Chatterjee e suo padre (uno dei co-autori) Ashim Chatterjee erano stati arrestati in India. L’accusa era nientemeno che praticare medicina senza nemmeno una laurea. A quel punto, meglio tardi che mai, l’editore ha cominciato a indagare sul lavoro, scoprendo i tanti motivi per cui l’articolo non avrebbe mai dovuto essere pubblicato, a prescindere dalla fedina penale. Lo scorso marzo l’articolo è stato ritirato.

9. Dr Reckeweg Mistery Tales, ovvero l’omeopatia a fumetti

Nel 2016 è stato lanciato un nuovo fumetto, che non si può trovare nelle edicole ma solo online ed è completamente gratuito. Il titolo è Dr Reckeweg Mistery Tales, il primo fumetto sull’omeopatia. Come scriveva Wired si tratta di un fumetto promozionale prodotto dall’Istituto di Medicina Omeopatica I.M.O S.p.A. e Racconta la storia di Mark Reckeweg, un giovane omeopata nipote dell’Heinrich Reckeweg che, nella prima metà del Novecento, avrebbe dato – secondo quanto si legge nell’introduzione dei tre volumetti usciti finora – un contributo molto importante all’omeopatia. Il giovane Mark si troverà ad affrontare gravi e strane malattie che riuscirà a debellare proprio grazie ai rimedi omeopatici“. Non è un pesce d’aprile in ritardo, anzi il fumetto esce ancora e il Dottor Reckeweg è pronto a farvi evadere dalla realtà portandovi in un mondo dove l’acqua cura e gli omeopati ci difendono dagli scienziati cattivi.

10. E l’elettromeopatia?

Sull’Appennino bolognese sorge la Rocchetta Mattei, un edificio unico al mondo quanto il suo storico proprietario: il conte Cesare Mattei (1809 – 1896).  Qui Mattei ideò l’elettromeopatia (o elettromiopatia), una pratica con la quale divenne famoso in tutta Europa. Ebbe in cura Gioacchino Rossini (anche amico di famiglia), e i suoi rimedi arrivarono anche agli zar e altri nobili europei. Non a caso è citato ne I Fratelli Karamazov. Basta guardare la Rocchetta, costruita in stile moresco sulle rovine di un castello di Matilda di Canossa, per capire perché il conte era un vero e proprio mito. Ancora oggi sembra esistere una credenza popolare secondo cui non solo guariva davvero, ma aveva anticipato conoscenze attuali. Esistono pochi lavori approfonditi su questa figura storica locale, come quelli del medico Mario Facci, che ha consultato le carte del conte in mano agli eredi. Nel suo I segreti dell’elettromeopatia del conte Cesare Mattei. Ediz. critica (Piani, 2017) Facci scrive che l’elettromeopatia nasce e muore col conte, e la Rocchetta dove riceveva i pazienti ne era parte integrante.

Nonostante il nome, la  preparazione dei rimedi non aveva a che vedere con l’elettricità. Si trattava di una fitoterapia con 33 piante partorita dal conte e che seguiva regole altrettanto arbitrarie. Questi rimedi, solidi e liquidi, per il conte avevano natura elettrica e in quanto tali potevano guarire bilanciando gli umori del corpo. Anche l’omeopatia c’entra poco, perché al solito Mattei seguiva regole proprie. Secondo Bibliografia omeopatica italiana, 1822-1914 (Franco Angeli, 2007): “Il metodo Mattei fa scomparire la raffinata semiotica omeopatica, la complessa valutazione sintomatologica e la minuziosa ricerca del rimedio. Rimangono solo un’idea vaga della legge dei simili e dei principi di diluizione […]”.


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Stefano Dalla Casa
Giornalista e comunicatore scientifico, mi sono formato all’Università di Bologna e alla Sissa di Trieste. Scrivo abitualmente sull’Aula di Scienze Zanichelli, Wired.it, OggiScienza e collaboro con Pikaia, il portale italiano dell’evoluzione. Ho scritto col pilota di rover marziani Paolo Bellutta il libro di divulgazione "Autisti marziani" (Zanichelli, 2014). Su twitter sono @Radioprozac