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«L’anima di un polpo», di Sy Montgomery

Un animale che ha tre cuori e poco da invidiare ai vertebrati, per connessioni cerebrali e flessibilità dei comportamenti. Una naturalista ci svela il mondo dei polpi, che le hanno "cambiato la vita"

Al tatto, quando la si accarezzava, la testa di Athena era “setosa e molle come crema”. Racconta così la naturalista Sy Montgomery il suo primo incontro ravvicinato con un polpo, misteriosa creatura senz’ossa, vivace e curiosa, il cui mondo percettivo ed emotivo abbiamo solo iniziato a comprendere. Un animale che ha tre cuori, gran parte dei neuroni localizzati nelle braccia e che, parlando di specie più grandi come il polpo gigante del Pacifico (Enteroctopus dofleini), può sollevare ben 15 chilogrammi impegnando una sola ventosa più piccola di 10 centimetri. Eppure ancora molti aspetti della loro vita ci sono preclusi: sappiamo ancora poco di come comunicano tra loro, ci sfuggono molti dei meccanismi sul loro accoppiamento, come per tante altre specie è in via di studio un approccio che valuti la personalità.

L'anima di un polpo

L’anima di un polpo. Un viaggio sorprendente nelle meraviglie della coscienza” (Ricca Editore, 20187; 280 pagine – 19,90 €) è il libro che dovrebbe leggere chiunque non abbia ancora ben chiaro cosa si intende nel dire che i polpi sono animali dalle spiccate capacità cognitive. Animali che, come me li ha descritti Graziano Fiorito della Stazione Anton Dohrn di Napoli – tra i maggiori esperti al mondo di Octopus vulgaris – “non hanno nulla da invidiare ai vertebrati per flessibilità dei comportamenti né per complessità delle connessioni cerebrali”.

Polpi che giocano, polpi prima ritrosi poi tutti braccia e ventose per toccare e scoprire quanto più possibile, polpi che manifestano il loro stato d’animo cambiando colore alla velocità della luce, prima rossi e irti, poi lisci di un color marrone-biancastro ricco di venature e che alla fine ritornano bianchi, perché “il bianco è il colore di un polpo rilassato”. L’incontro con un polpo, scrive Montgomery, riempie i sensi. E così fa il suo libro, a metà tra scienza e romanzo per come ci descrive nei minimi dettagli la vita e la personalità di tutti i polpi che ha conosciuto nella sua vita. Dopo Athena anche Octavia, Kali, Karma, ciascuna diversa dalle altre.

Ma non è solo la sua l’esperienza che ci aiuta a conoscere questi invertebrati, perché chiunque vi abbia a che fare – dagli altri scienziati ai curiosi, fino ai volontari che dedicano il proprio tempo libero a occuparsene nei grandi acquari del mondo – vi sviluppa un rapporto che avrebbe a stento potuto immaginare. Come una ragazza che lavorava all’acquario del New England dove Truman, il polpo del posto, la prendeva di mira spruzzando acqua con il sifone contro di lei appena passava vicino alla vasca. Non lo faceva con nessun altro ma non era antipatia, non era la voglia di allontanare qualcosa di sgradito ma piuttosto un gioco tra loro, uno scherzo. E a precisarlo è stata proprio lei: dopo aver letto di Truman su un articolo di Sy, ha voluto scriverle per raccontarle della sua amicizia con il polpo e assicurarsi che capisse la vera natura del loro rapporto.

Montgomery ha trascorso gran parte della sua vita a stretto contatto con animali di varie specie, dalle foreste di mangrovie alla ricerca di tigri fino alle alture della Mongolia per prelevare feci di leopardo delle nevi. Eppure la ricchezza del mondo di un polpo ha colpito persino lei, famosa per aver raccontato in un libro (“Un maiale per amico”) la sua lunga amicizia con un maiale domestico. Ed è così che, ventosa dopo ventosa, ci fa sentire meno soli nelle nostre contraddizioni quotidiane. Ad esempio quando, proprio dopo il primissimo e illuminante incontro con la gentile Athena, si sente a disagio nell’andare a pranzare in un ristorante di sushi. Trovano spazio nella narrazione anche piccoli stupefacenti ospiti come le stelle marine, ad esempio quella che divide la vasca con il polpo Octavia e si avvicina – avvertito l’arrivo dei pesci per pranzo – in cerca di uno spuntino. Come un vicino di casa che sente il profumo di una torta messa a raffreddare sul davanzale.

Se usare il termine “intelligenza” può essere fuorviante e allontanarci da una vera comprensione delle altre menti, spingendoci invece a stilare classifiche su chi lo sia di più o di meno, anche parlare di capacità cognitive, personalità e coscienza nelle altre specie è un terreno tuttora complicato. Ci è tradizionalmente più facile farlo se pensiamo ad animali “vicini” come il cane ma, senza mai rinunciare a un approccio scientifico e a commenti ed esperienza degli esperti che ai polpi hanno dedicato una vita, Montgomery ci parla di polpi che ingannano, polpi più o meno temerari, polpi che scappano dalle vasche o mangiano ciò che non dovrebbero, e poi ti guardano come ti guarda un cane che ha distrutto un cuscino o sgranocchiato un mobile.

Ma conoscere un polpo non è solo momenti di gioia: come accade ad alcuni di noi durante la vecchiaia, con la demenza senile, per questi invertebrati dalla breve vita (uno o due anni in natura) il declino cognitivo è una strada segnata. Diventati anziani si trasformano in creature abitudinarie, “nuotano facendo sempre lo stesso giro nella vasca, sono tutti stralunati”, non attaccano più le prede né ti guardano negli occhi, compiono movimenti irrequieti e disorientati, mentre tutto il loro corpo sembra a volte “l’incarnazione di un forte mal di testa”. Così il bianco non è più solo il colore di un giovane polpo rilassato, ma anche quello di un polpo via via più anziano, i cui muscoli hanno perso tono e nel quale è venuto meno il controllo dei cromatofori, responsabili del loro arcobaleno di colori. Le specie più grandi, come il polpo gigante del Pacifico, arrivate alla senescenza possono anche diventare pericolose. Per chi ha avuto un polpo per amico, vederlo soccombere alla vecchiaia è devastante.

Nel titolo, poi, troviamo un punto ancora dibattuto ma fondamentale quando si tratta di comprendere davvero gli altri animali: non parlo dell’anima, bensì della coscienza. Usare questo termine non è un abbellimento né una metafora, ma un riferimento a qualcosa sul quale gli scienziati ancora dibattono, ovvero il possesso nelle specie animali non umane di un vero e proprio senso del sé.  E non si tratta di speculazioni: nel 2012 all’Università di Cambridge è stato redatto un documento storico, la Dichiarazione di Cambridge sulla Coscienza, firmata da numerosi scienziati compreso il fisico Stephen Hawking. Nel documento si legge che “gli esseri umani non sono gli unici a possedere i substrati neurologici che generano la coscienza”.

Senza lasciarsi dunque spiazzare dalla scelta grafica di copertina, molto meno evocativa rispetto all’edizione originale e che un po’ fa pensare a un libro per bambini, “L’anima di un polpo” è senz’altro un libro che consiglio. Mai noioso, ricco di informazioni, e dove oltre all’approccio naturalistico trova ampio respiro quel mondo di sensazioni che interagire davvero con un’altra specie schiude di fronte a noi. E che spesso, come già accadde a Jane Goodall di fronte alle prime osservazioni sulla straordinaria vita sociale ed emotiva degli scimpanzé, ci si frena dal raccontare per paura di incontrare scetticismo e resistenze.


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".