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Autismo, la sfida della diagnosi precoce

Secondo un nuovo studio l'elettroencefalogramma potrebbe fornirci indizi importanti per diagnosticare l'autismo già nel primo anno di vita

diagnosi precoce di auitsmo
Secondo una ricerca condotta da un gruppo di scienziati americani, una prima indicazione di rischio per lo sviluppo dell’autismo potrebbe venire dall’elettroencefalogramma (EEG). Crediti immagine: Pixabay

SALUTE – Quando si parla di diagnosi di autismo, per la ricerca la parola d’ordine è “precoce”. Una delle principali sfide che i disturbi dello spettro autistico pongono ai medici, infatti, è proprio riuscire ad avere una diagnosi nel primo anno di età del bambino.

È con una diagnosi precoce di autismo che possiamo intervenire il prima possibile, abituando il bambino e sollecitandolo in modo che possa sviluppare le competenze sulle quali è in difficoltà. Questo va fatto il prima possibile, quando il sistema nervoso è ancora plastico e in fase di organizzazione.

Secondo una ricerca recentemente pubblicata sulla rivista Scientific Reports e condotta da un gruppo di scienziati americani, una prima indicazione di rischio per uno sviluppo dell’autismo potrebbe venire da un esame poco invasivo e relativamente semplice da eseguire. L’elettroencefalogramma (EEG).

L’autismo è un disturbo molto complesso con varie manifestazioni e livelli di gravità. Proprio per questo si preferisce parlare di disturbi dello spettro autistico. In generale i pazienti affetti hanno deficit nella comunicazione sociale e di immaginazione, ossia un repertorio ristretto di interessi e comportamenti ripetitivi e stereotipati. Le cause non sono ancora ben conosciute ma si pensa che questi disturbi dipendano da un insieme di fattori genetici e ambientali.

I disturbi dello spettro autistico hanno una certa familiarità e i bambini che hanno parenti malati sono più a rischio di presentarli. Un fattore importante da considerare e che oggi permette sempre più spesso di arrivare a una diagnosi precoce di autismo.

Oggi i disturbi dello spettro autistico non possono essere diagnosticati prima dei 15-18 mesi d’età, perché i principali criteri diagnostici si riferiscono a comportamenti, come lo sviluppo del linguaggio, che non sono analizzabili nei bambini più piccoli. Prima si riconosce, maggiori sono le possibilità di intervenire sui processi di sviluppo.

Ecco perché gli scienziati stanno cercando di trovare metodi che diano informazioni sul rischio di sviluppare disturbi dello spettro autistico già nel primo anno di vita del neonato.

Un nuovo impiego per l’elettroencefalogramma

È in questo contesto che si inserisce lo studio. È stato condotto dai ricercatori del Boston Children’s Hospital, in collaborazione con l’Università di Boston e quella di San Francisco, nell’ambito dell’Infant Screening Project. L’obiettivo è identificare i bambini a rischio di sviluppare disturbi dello spettro autistico e arrivare così a una diagnosi precoce di autismo.

Gli scienziati hanno analizzato l’EEG di 99 bambini considerati a rischio familiare e li hanno confrontati con 89 bambini non a rischio. L’indagine è di tipo spettrografico, differente dal normale EEG che si fa di routine in ospedale. Impiega una sorta di cuffia con più di 120 elettrodi posta sullo scalpo del bambino, che permette di analizzare l’organizzazione dell’attività cerebrale nelle diverse aree del cervello.

I risultati sono stati presi a diverse età  – tre, sei e nove mesi, un anno, un anno e mezzo, due e tre anni – per seguire i bambini nel tempo. Poi sono stati analizzati con specifici algoritmi. Tutti i bambini sono inoltre stati sottoposti all’ADOS, il principale sistema diagnostico utilizzato per l’autismo. I ricercatori hanno così potuto osservare che i bambini in cui poi è stato confermato il disturbo dello spettro autistico presentavano schemi anomali dell’EEG. Una tecnica che in futuro potrebbe rappresentare uno strumento economico e poco invasivo per la diagnosi precoce di autismo

“È uno studio molto interessante, anche se ancora nell’ambito della ricerca”, commenta il professor Leonardo Zoccante, coordinatore del centro regionale per l’autismo del Veneto e neuropsichiatra infantile all’ospedale universitario di Verona.

“Bisognerà valutare nel tempo questo tipo di analisi, che per ora non può essere definita una diagnosi. Deve essere accompagnata da test come l’ADOS, utilizzato anche dagli autori dello studio. Permette tuttavia di individuare un rischio, evidenziando un pattern neuro-biologico che può essere un’indicazione per un eventuale sviluppo autistico”.

Tecniche e strumenti per una diagnosi precoce di autismo

L’EEG non è l’unico metodo studiato per aumentare la possibilità di diagnosi precoce di autismo. Un altro è il metodo dell’eye-tracking, che consiste nel porre davanti al bambino delle immagini e seguire con strumenti appositi il suo sguardo. Così possiamo capire se si concentra o meno sugli elementi importanti per ricavare informazioni utili dall’ambiente.

I ricercatori effettuano anche l’analisi del pianto. Nei neonati sani questo è modulato a seconda del bisogno che il bambino vuole esprimere (fame, sonno…), mentre nei bambini autistici risulta amorfo e piatto. Gli studi per la diagnosi precoce di autismo vengono condotti anche in Italia. Nel 2011 è stato avviato dall’Istituto Superiore di Sanità il progetto “Network italiano per il riconoscimento precoce dei disturbi dello spettro autistico” (NIDA), cui partecipa anche l’ospedale universitario di Verona e che tra i responsabili ha proprio Zoccante.

“Gli studi per la diagnosi precoce di autismo sono condotti sui bambini considerati a rischio: chi ha un parente affetto, quelli nati sottopeso e quelli nati pre-termine. Purtroppo, oltre alla diagnosi precoce, i disturbi dello spettro autistico pongono anche altre sfide”, spiega Zoccante, ad esempio capire come si andranno a sviluppare nei “diversi livelli di gravità e diverse manifestazioni”.

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Nota della redazione, 11/05/2018: abbiamo modificato l’articolo eliminando la dicitura “malattia” erroneamente attribuita ai disturbi dello spettro autistico. Ci scusiamo per l’imprecisione

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Anna Romano
Biologa molecolare e comunicatrice della scienza, amo scrivere (ma anche parlare) di tutto ciò che riguarda il mondo della ricerca.