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2018, epidemia di ebola in Congo

È trascorso quasi un anno dal termine dell’ultima epidemia che aveva colpito il paese, dichiarata conclusa il 2 luglio 2017. Ora il primo contagio in un'area urbana

epidemia di ebola in Congo
I medici al lavoro sul vaccino sperimentale che verrà distribuito per l’attuale epidemia di ebola in Congo. Foto WHO/ S. Hawkey

APPROFONDIMENTO- Un nuovo caso di ebola è stato confermato nella health zone di Wangata a Mbandaka, una città di oltre un milione di abitanti nella Repubblica Democratica del Congo. Si tratta delle nona epidemia di ebola in Congo dalla scoperta del virus, nel 1976, avvenuta proprio in occasione di due epidemie simultanee una in Congo e una nel Sud Sudan.

2018, epidemia di ebola in Congo

La notizia ha attirato l’attenzione perché i casi riportati finora erano limitati alla zona di Bikoro, a quasi 150 chilometri di distanza da Wangata. A Bikoro la situazione è complessa: l’area è difficile da raggiungere e durante la stagione delle piogge, attualmente in corso, gran parte delle strade è impraticabile. Questo rende ostica la la gestione sanitaria e le strutture, già spesso poco fornite di strumenti e medicinali, non possono operare a pieno regime.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) segue la situazione da vicino e, nonostante questi nuovi casi abbiano già fatto il giro dei media di tutto il mondo, manda un messaggio positivo riguardo all’epidemia di ebola in Congo. “Si tratta di uno sviluppo preoccupante, ma mai come oggi abbiamo avuto a disposizione strumenti efficaci per combattere l’ebola”, ha commentato il direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus che si è recato in Congo per visitare le aree colpite.

L’OMS ha già stanziato un milione di dollari dal suo Contingency Fund for Emergencies per sostenere le attività dei prossimi tre mesi, con l’obiettivo di limitare la diffusione dell’ebola ed evitare che il contagio passi ai paesi limitrofi.

Sul posto ci sono 30 esperti dell’OMS intenti a valutare la situazione insieme al ministero della salute locale e i partner come Medici Senza Frontiere. Un altro degli obiettivi è ricostruire la catena di contagio per capire come il virus si è diffuso in quest’ultima epidemia, dichiarata ufficialmente l’8 maggio.

Il lavoro sul territorio è fondamentale per coinvolgere la popolazione, informando su prevenzione (ad esempio nelle interazioni con la fauna selvatica, che può trasmettere il virus), trattamenti, possibilità di trasmissione sessuale e garantendo che i nuovi casi vengano prontamente segnalati. Secondo gli esperti anche sul fronte della gestione dell’emergenza siamo decisamente più preparati del passato, grazie all’esperienza maturata nel 2017.

L’aspetto più preoccupante in quest’ultima epidemia di ebola in Congo è che il virus abbia già raggiunto una zona urbana, ma finora i numeri sono contenuti. L’ultimo dato OMS al 15 maggio, è di 44 casi: tre confermati, 20 probabili e 21 sospetti.

Gli ultimi anni dell’ebola

È trascorso quasi un anno dal termine dell’ultima epidemia che aveva colpito il paese, dichiarata conclusa il 2 luglio 2017 (a 42 giorni dal secondo test negativo dell’ultimo paziente, nell’area colpita di Bas-Uélé).

L’ebola è una malattia grave e spesso fatale che colpisce gli esseri umani, la mortalità si aggira intorno al 50%, ma nelle epidemie passate è variata dal 25% al 90%. Può essere trasmessa da animali selvatici e si diffonde poi da umano a umano. La più grave epidemia della storia che ha colpito l’Africa occidentale, arrivando sia nelle zone rurali che nelle aree urbane, è quella del 2014-2016. In pieno svolgimento l’OMS l’ha dichiarata Public Health Emergency of International Concern, una dicitura riservata alle emergenze più gravi che richiedono sforzi coordinati per il rischio di una diffusione internazionale.

Il paziente zero dell’epidemia 14-16 era un bambino di 18 mesi proveniente da un piccolo villaggio della Guinea e colpito dall’ebola nel dicembre 2013. La fine ufficiale dell’epidemia è stata dichiarata appena nel giugno 2016, quando in tutti e tre i paesi più colpiti (Guinea, Liberia e Sierra Leone) non si presentava alcun caso di contagio da almeno 42 giorni. A due anni e mezzo dall’inizio dell’epidemia il totale dei casi era arrivato a 28 600, con più di 11 000 morti.

Il retaggio dell’epidemia è stato importante, nel bene e nel male. Nel 2015 un sondaggio condotto su 4 000 persone tra Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti ha mostrato che sei intervistati su dieci non ritenevano primario il supporto nei paesi in via di sviluppo come strategia per evitare il contagio nazionale. La maggior parte degli intervistati, al contempo, pensava che il mondo avrebbe presto dovuto affrontare una nuova epidemia globale ma meno della metà degli intervistati credeva che il proprio paese fosse preparato al riguardo.

Punti di forza e debolezza

Migliorare la comunicazione del rischio da parte dei media è emersa, già al tempo, come una priorità. “Le immagini che sono arrivate in occidente di ebola possono risultare fuorvianti” spiegava Toby Merlin, dei Centers for Disease Control and Prevention. “Ad esempio molti giornali hanno mostrato nei mesi infermieri nelle ambulanze che indossavano particolari protezioni per le vie respiratorie, durante il trasporto dei malati di ebola, proprio mentre noi cercavamo di rassicurare il pubblico che non si veniva contagiati semplicemente respirando l’aria”.

La fiducia, nella gestione delle epidemie di ebola, è un aspetto cruciale: la malattia è rimasta a lungo circondata da stigma e lo è tuttora, il che richiede di intervenire con assistenza psicologica e sociale per i sopravvissuti ma anche per le loro famiglie.

Non c’è un trattamento ufficiale per ebola se non agire rapidamente sui sintomi: i pazienti colpiti vengono reidratati per via orale ed endovenosa. In via di studio ci sono varie terapie che comprendono l’utilizzo di emocoponenti, immunoterapia e farmaci.

Il vaccino rVSV-ZEBOV

Un grosso trial condotto in Guinea, uno dei tre paesi più colpiti nell’epidemia 14-16, ha mostrato l’efficacia di un vaccino sperimentale (selezionato tra le scoperte scientifiche più importanti del 2015). Testato su 7 500 persone proprio nel 2015 (da OMS insieme al ministero della salute della Nuova Guinea, MSF e Norwegian Institute of Public Health) a dieci e più giorni dalla vaccinazione nessuna delle persone che hanno ricevuto la dose di rVSV-ZEBOV si è ammalata. Nel campione di confronto, che non ha ricevuto il vaccino, sono invece stati registrati più di 20 casi.

I trial non si sono fermati al 2015 e, arrivati a quest’epidemia di ebola in Congo, il totale di volontari coinvolti nelle sperimentazioni è arrivato a 16 000 persone.

I risultati ottenuti in Europa, Africa e Stati Uniti hanno permesso di stabilire che il vaccino (prodotto da Merck) è sicuro per l’uso su esseri umani. L’OMS ha appena aggiornato la sua pagina informativa sul vaccino per l’ebola e spiegato accuratamente come verrà impiegato per l’epidemia attuale. Le aree colpite sono difficili da raggiungere ma la logistica per portare il vaccino in loco è in via di studio.

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".