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LEGUS, la mappa ultravioletta per svelare la formazione stellare

Dove c’è luce ultravioletta ci sono galassie con giovani stelle: il progetto LEGUS ha realizzato la più completa mappa di 50 oggetti a noi vicini

In un anno di osservazioni, il telescopio ha scattato immagini sia nello spettro del visibile che in quello dell’ultravioletto delle stelle più giovani e massive e degli ammassi di galassie. Crediti immagine: ESA/NASA/LEGUS

SCOPERTE – La formazione stellare e l’evoluzione galattica rappresentano per gli astronomi una domanda senza una risposta ancora certa e un campo aperto di indagine. Per aiutare i ricercatori nella comprensione delle galassie e degli ammassi di galassie dove nascono le stelle, è nato il progetto che ha portato alla realizzazione della più completa mappa nello spettro della luce ultravioletta. Grazie ai dati del telescopio spaziale Hubble, confrontati con quelli in archivio, il team internazionale di astronomi guidati da Daniela Calzetti della University of Massachusetts di Amherst hanno dato vita al progetto Legacy ExtraGalactic UV Survey (LEGUS).

La mappa è la più completa e ad alta risoluzione di 50 galassie vicine ed è costituita dalla combinazione di spettri in diverse lunghezze d’onda, compreso quello dell’ultravioletto. I dati per la prima volta permettono dunque di avere informazioni non solo sulla formazione stellare, ma anche su come l’ambiente circostante influenza il processo, come ha sottolineato la Calzetti:

“È la prima volta al mondo che viene rilasciato un catalogo di galassie e ammassi di galassie che include anche le osservazioni nell’ultravioletto. Proprio questa lunghezza d’onda viene utilizzata per tracciare le popolazioni stellari più giovani e calde, quelle di cui gli astronomi hanno bisogno per determinare l’età e la completa storia stellare. La sinergia dei due cataloghi offre un potenziale senza precedenti per la comprensione della formazione stellare”.

I ricercatori guidati dalla Calzetti e da Elena Sabbi, membro del team e dello Space Telescope Science Institute di Baltimora, hanno selezionato le galassie per la mappa LEGUS da un campione di oltre 500 oggetti e hanno scelto quelle che si trovano tra gli 11 milioni e i 58 milioni di anni luce dalla Terra. La scelta per l’inclusione nella mappa è stata eseguita tenendo conto della massa galattica, del tasso di formazione stellare e anche della presenza di elementi più pesanti di idrogeno ed elio.

Partendo dal catalogo di oggetti ultravioletti della sonda Galaxy Evolution Explorer (GALEX) della NASA, i ricercatori hanno scelto così i loro obiettivi e poi hanno affidato le osservazioni agli strumenti Wide Field Camera 3 e Advanced Camera for Surveys del telescopio spaziale Hubble, frutto della collaborazione tra ESA e NASA.

In un anno di osservazioni, il telescopio ha scattato immagini sia nello spettro del visibile che in quello dell’ultravioletto delle stelle più giovani e massive e degli ammassi di galassie. Per ottenere una mappa che fosse più completa e ad alta definizione, i dati forniti dalle immagini scattate sono stati integrati con altri dati da immagini in archivio e nello spettro del visibile.

Il risultato è stato un catalogo costituito da circa 8mila giovani ammassi stellari, con una età compresa tra 1 e 500 milioni di anni, la cui massa è circa 10 volte superiore a quella del più grande ammasso mai osservato nella nostra Via Lattea. Il catalogo stellare invece comprende 39 milioni di stelle che sono almeno 5 volte più massive del Sole e con età comprese tra 1 milione e diversi miliardi di anni, per gli oggetti osservati nel visibile, mentre quelle più giovani che hanno tra 1 e 100 milioni di anni brillano soprattutto nell’ultravioletto. D’altronde proprio la possibilità di osservare le giovani stelle e galassie in dettaglio grazie all’emissione ultravioletta è l’aspetto di LEGUS che più ha interessato gli astronomi, come spiega la Sabbi:

“La maggior parte della luce che arriva dall’universo viene dalle stelle e ancora non capiamo alcuni aspetti della loro formazione. Si tratta della chiave della nostra stessa esistenza e sappiamo che la vita non si sarebbe sviluppata se non ci fossero state stelle intorno”.

Oltre ad offrire un catalogo dettagliato e organizzato dei dati raccolti da Hubble per queste vicine galassie, la Sabbi ha spiegato che a disposizione dei ricercatori che vorranno usufruirne sono stati messi anche dei modelli informatici che permetteranno l’interpretazione dei dati:

“I ricercatori, per esempio, possono indagare come la formazione stellare sia avvenuta in una specifica galassia o in un set di galassie. Inoltre possono correlare le proprietà delle galassie con la loro formazione stellare e determinare la loro storia. Le immagini nell’ultravioletto possono anche aiutare gli astronomi a identificare le stelle progenitrici di supernova trovate nei dati”.

La mappa apre anche una possibile risposta alla domanda su come la formazione stellare sia connessa alla creazione di strutture più grandi, come ad esempio le braccia a spirale di una galassia o i suoi anelli, come ha sottolineato la Calzetti:

“Quando guardiamo una galassia a spirale, solitamente non notiamo una distribuzione casuale di stelle. Anzi, si tratta di una struttura molto ordinata, con braccia a spirale o anelli, soprattutto per le popolazioni stellari più giovani. Sono molte le teorie che cercano di spiegare come singole stelle o ammassi siano connessi a queste strutture ordinate e osservando le galassie così nel dettaglio, saremo in grado di identificare anche i parametri fisici che consentono la formazione e il riordinamento delle grandi strutture. Il nostro obiettivo è trovare il collegamento finale tra il gas e la formazione stellare, che è la chiave per comprendere l’evoluzione galattica”.

Per gli astronomi dunque la mappa LEGUS rappresenta un punto di partenza per lo studio di come l’ambiente stellare interagisce con le galassie, sia nella formazione stellare che nella formazione della galassia stessa. Se il catalogo per ora mostra solo le galassie vicine, il lavoro di Calzetti e colleghi ha gettato importanti basi anche per lo studio delle stelle più lontane e soprattutto per l’interpretazione dei dati che arriveranno nello spettro infrarosso dal James Webb Space Telescope che sarà lanciato nel 2020.

La luce nell’ultravioletto emessa dalle giovani stelle infatti viene “allungata” dal processo di espansione dell’universo, diventando una emissione nell’infrarosso che potrà essere osservata proprio col James Webb. Le sue osservazioni future dunque completeranno quelle di LEGUS, fornendo nuovi dati sui bozzoli di polvere stellare e sul gas galattico, che permetterà agli astronomi di comprendere dove, come e quando la formazione stellare avviene e svelare la nascita delle stelle e anche della vita.

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Veronica Nicosia
Aspirante astronauta, astrofisica per formazione, giornalista scientifica per passione. Laureata in Fisica e Astrofisica all'Università La Sapienza, vincitrice del Premio giornalistico Riccardo Tomassetti 2012 con una inchiesta sull'Hiv e del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica Giancarlo Dosi 2019 nella sezione Under 35. Content manager SEO di Cultur-e, scrive di scienza, tecnologia, salute, ambiente ed energia. Tra le sue collaborazioni giornalistiche Blitz Quotidiano, Oggiscienza, 'O Magazine e Il Giornale.