ANIMALI

Cosa disgusta un bonobo?

Non siamo l'unica specie a disgustarsi, e meno male: il disgusto è un meccanismo che ci tiene a distanza dai patogeni, ci fa evitare il cibo avariato e ci risparmia così molti problemi di salute.

bonobo provano disgusto
I bonobo sono primati curiosi, anche nei confronti del cibo nuovo. Ma che succede se quel cibo è contaminato e potenzialmente pericoloso per la salute? Foto: Cecile Sarabian, Kyoto University

ANIMALI- Se uno scimpanzé tocca per sbaglio qualcosa di molliccio che non si aspetta, ritrarrà la zampa di scatto. Proprio come facciamo noi di fronte a una superficie “sospetta” che non vediamo, magari un ortaggio dimenticato nel frigo troppo a lungo. L’ha mostrato qualche mese fa uno studio del Primate Research Institute dell’Università di Kyoto, ponendo alcune basi per lo studio del disgusto nelle altre specie animali: il disgusto, precisavano i ricercatori, è una reazione umana, ma per comodità chiamiamo così tutte quelle reazioni negli animali che spontaneamente vi associamo. Comprese le smorfie sul viso o tirare fuori la lingua, segnali più che onesti per chi ci osserva.

Oggi? La ricerca prosegue e gli scienziati hanno coniato un nome per i meccanismi che ci accomunano nel reagire: sistema adattativo del disgusto.

Bonobo come scimpanzé

Dopo gli scimpanzé (Pan troglodytes), i ricercatori del centro giapponese sono passati ai bonobo (Pan paniscus). Oltre alla fama di primati dall’intensa vita sociale e sessuale, questa specie è nota per la sua curiosità. Specialmente di fronte al cibo. Un nuovo alimento gustoso è in genere bene accetto ma attenzione: come per gli scimpanzé, l’interesse si trasforma in cautela se c’è il rischio che sia contaminato. Ad esempio se lo si presenta ai bonobo vicino a terriccio, feci, o se c’è un evidente cattivo odore nei dintorni.

I risultati sono stati pubblicati su Philosophical Transactions of the Royal Society B. e il team, guidato dalla primatologa Cecile Sarabian, è partito dagli stessi presupposti che accompagnano ogni lavoro sulla scienza del disgusto. Ovvero: disgustarsi serve, anzi, può salvarci la vita (o perlomeno risparmiarci problemi di salute).

Sarabian e colleghi hanno predisposto una serie di esperimenti per vedere come i bonobo si sarebbero comportati di fronte al cibo contaminato, o anche solo quando potevano sentire l’odore di feci e alimenti avariati. Hanno scoperto che i primati ingoiavano con gioia il cibo proposto, anche quello nuovo (è escluso quindi che siano neofobici con il cibo, che temano dunque la novità a tutto tondo quando si tratta di nutrirsi), ma che bastava un cattivo odore per scoraggiarli dall’usare uno strumento, dal toccare o avvicinarsi a una superficie per procurarsi cibo. Evitavano con decisione tutto ciò che poteva essere stato contaminato.

Perché ci disgustiamo?

Ci disgustiamo di fronte a feci e liquidi corporei altrui, storciamo il naso se sentiamo l’odore di latte o alimenti avariati, ma possiamo reagire negativamente anche per qualcosa che in passato abbiamo apprezzato. Il più buono dei piatti di pesce può repellerci per anni se l’ultima volta che l’abbiamo mangiato ha provocato un’intossicazione alimentare. Come un buon vino dopo una brutta ubriacatura.

Reazioni innate, spontanee, che nessuno ci ha insegnato ma si sono evolute nel tempo. Con quali specie le condividiamo, perché e con quali meccanismi? L’igiene affonda le sue radici nel disgusto solo per gli esseri umani? Risposte: probabilmente più del previsto e probabilmente sì, ma è proprio quello che si sta cercando di confermare.

L’obiettivo di Sarabian nel suo lavoro è proprio capire come fanno i primati a mantenersi in salute nel proprio ambiente naturale, ad esempio evitando i patogeni che contaminano il cibo o le ferite infette di un compagno. “Questi risultati confermano quello che uno si aspetterebbe se i bonobo avessero un sistema del disgusto a guidare il modo in cui prendono decisioni”, conferma Sarabian  in un comunicato. “È curioso, però, che i piccoli bonobo e i giovani si siano dimostrati molto meno cauti, il che corrisponde al comportamento dei bambini umani in contesti simili”.

Piccoli primati

“Non toccarlo!”, “lavati bene le mani adesso!”. Molti di noi ricordano distintamente i commenti poco entusiasti dei genitori quando ci vedevano toccare entusiasti (e magari, per i piccolissimi, assaggiare con fare esplorativo) cose raccolte dal terreno. Se da un lato anche i piccoli bonobo potrebbero entrare in contatto con patogeni in questo modo, dall’altro il comportamento li aiuta a rinforzare il sistema immunitario. Proprio ciò che accade con i bimbi umani. O meglio accadeva quando c’era meno attenzione verso disinfezione e dintorni.

“Questo non significa che non bisogna lavarsi”, ci spiegava la dermatologa Anna Belloni Fortina qualche tempo fa, “ma nemmeno che bisogna esagerare. Lo spiega molto bene la cosiddetta hygiene hypothesis: una volta, specialmente i bambini, si stava molto più a contatto con l’ambiente. Meno igiene e meno pulizia ma un sistema immunitario portato alla risposta. Con le nuove attenzioni verso l’asetticità, spesso eccessive, a un certo punto il sistema immunitario si è trovato disoccupato”.

Anche il sistema immunitario dei piccoli bonobo deve rinforzarsi e prepararsi a rispondere all’ambiente, confermano gli scienziati. Resta da capire se questa specie esprima il suo disgusto in modo riconoscibile (come le smorfie che facciamo noi).

“Nel nostro studio i bonobo sembravano felici di divorare frutta nuova, il che ci dice che non hanno particolare fobia per il cibo sconosciuto, o perlomeno che associano automaticamente frutti che non hanno mai visto a un alimento”, conclude Andrew MacIntosh, autore senior anche del precedente studio sugli scimpanzé. “Ma abbiamo bisogno di più informazioni su come potrebbero reagire di fronte a una serie di nuovi cibi prima di poter provare a collegare la neofobia alimentare con la sensibilità alla contaminazione in altri primati”.

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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".