IL PARCO DELLE BUFALE

Il più grande “esperimento” mai effettuato sugli OGM

Dal 2014 un'Associazione russa raccoglie 25 milioni per alimentare 6000 ratti a mais OGM condito o meno con un erbicida, ma non si fa più trovare.

Risultati immagini per Factor GMO

IL PARCO DELLE BUFALE – Per conto del proprio centro di ricerca, Gilles-Cédric Séralini scrive da sei anni che il mais geneticamente modificato della Monsanto fa venire il cancro e il glifosato Roundup della Monsanto al quale il mais resiste, la steatosi epatica.

Sempre più preoccupato per la sopravvivenza dell’umanità, spera che le sue tesi siano confermate da Factor GMO, “il più grande esperimento del mondo” mai fatto in materia. Lanciato con una conferenza stampa a Londra l’11 novembre 2014, l’esperimento doveva

  • iniziare nella primavera del 2015, appena pubblicato dell’elenco dei finanziatori
  • riguardare 6 mila ratti distribuiti in località segrete russe e occidentali
  • pubblicare i dati via via che scienziati anonimi di chiara fama li analizzavano.

Concepito da Elena Sharoykina dell’Associazione nazionale russa per la sicurezza genetica, aveva un comitato scientifico responsabile del protocollo e della sua applicazione, formato dal biologo americano Bruce Blumberg dell’Università della California a Irvine, da Oxana Sinitsyna del Ministero per la sanità della Federazione russa, e dall’oncologa italiana Fiorella Belpoggi dell’Istituto Ramazzini (nota 1).

Il crowdfunding più veloce del mondo

I video dei loro interventi, un sito web poliglotta, una pagina FaceBook minimalista e una manciata di tweet facevano arrivare a destinazione in soli due mesi “un’alta percentuale” dei 25 milioni di dollari necessari.

Pascal Najadi, un banchiere svizzero residente a Mosca, aveva contribuito per primo entrando così nel “comitato pubblico” nel senso di pubblicitario. Lo raggiungevano Mahmoud Kabil, un attore egiziano diventato americano, coltivatore di agrumi in Texas e ambasciatore dell’UNICEF, e Béatrice Lombard-Martin, fondatrice e presidente di un forum della Camera di commercio russo-elvetica.

Il successo finanziario dell’evento londinese è stato pari a quello mediatico

tenuto conto del fatto che nella rassegna stampa di Factor GMO, mancano Grist forse non abbastanza lusinghiero, Il Cambiamento e Le Journal de l’Environnement  entusiasta. In Francia, Séralini era ancora una gloria nazionale.

Ma il 29 marzo 2015, Factor GMO emetteva un ultimo comunicato e sprofondava nel silenzio, ne usciva in dicembre con il peggior video del mondo e ri-sprofondava.

Per sempre?

La genetista Mary Mangan in aprile e il giornalista Dan Vergano il 1 giugno scorso hanno confermato che Factor GMO odora di marcio (eufemismo). Salvo Blumberg, partecipanti e sostenitori si sono dati alla latitanza. Un’analisi dei media negli Stati Uniti mostra che RT e Sputnik News, sono all’origine del 56% delle bufale americane sulla tossicità degli Ogm. Vergano sospetta che Factor GMO sia disinformazione di stato (2).

Quanto a Blumberg, ora sostiene di essere andato a Londra al posto di un amico, di ignorare il seguito e di aver troppo da fare per informarsi. A suo avviso,

Mangan e altri critici dello sforzo russo sono apologhi dell’industria degli erbicidi.

Come i “negazionisti delle scienze del clima e dei pericoli del fumo”, sono pagati per impedire ogni ricerca sulla tossicità degli Ogm e del glifosato e ci sarebbero pure riusciti.

Custode offresi

Pronta a vendersi alla Bayer anche per poco, la custode del Parco fa presente che sulla tossicità del glifosato esistono più di 600 ricerche e su quella degli Ogm oltre 1700 tra il 2002 e il 2012. Tre mesi fa sono stati pubblicati gli ultimi risultati (3) di un’iniziativa simile a Factor GMO, finanziata dall’Unione Europea e dall’Istituto francese per la ricerca agronomica.

Lo scopo era di replicare l’opus séraliniano con più rigore sperimentale (serie di dati più lunga su più topi) e metodologico (scelta meno a naso dei marcatori). Lo “sforzo europeo” ha coinvolto una sessantina di scienziati dalla fama forse meno chiara a Mosca e a Irvine, California, ma con nome e cognome. Concludono in coro:

non sono stati rilevati effetti avversi relativi alla somministrazione di mais gm coltivato con o senza Roundup.

La custode non ci giurerebbe. I muridi di sua conoscenza preferiscono le crocchette al formaggio, al prosciutto, al cioccolato, la pizza, i fagiolini al burro (omissis) e perfino le patatine appena fritte che ustionano il palato, al granoturco crudo.

Note

  1. Non risulta sul sito Factor GMO, l’annuncio del suo impegno sarà stato prematuro.
  2. La custode dissente. Da un confronto con le bufale sulle scie chimiche sparse dalla NASA e/o dai militari (con rimando a un approfondimento di Rosario Marcianò, sic) le risulta che quelle del Cremlino siano più professionali e politicamente efficaci.
  3. Dagmar Zeljenková et al., “GMO Risk Assessment and Communication of Evidence”, Archive of Toxicology 2014; Bernard Salles et al., “Large scale studies of the influence of GMO-based corn diet after 6 months of consumption in Wistar rats”, Toxicology Letters 2017 e INRA-Open Archives; Dagmar Zeljenková et al., “GM plants two year safety testing reports”, conclusioni e raccomandazioni aprile 2018.

Leggi anche: Seralini, OGM e un paper sparito ma poi ricomparso; Il Roundup della Monsanto, i ratti e il nostro fegato

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