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Salute: l’Europa ha resistito meglio alla crisi rispetto agli Stati Uniti

Addirittura in molti paesi dell’Europa orientale c’è stata un’inversione di tendenza positiva nell’andamento della mortalità degli ultimi anni. Lo mette in luce un recente studio apparso su PNAS.

L’aumento di alcuni fattori di rischio come licenziamenti e debiti ha contribuito all’aumento del numero di suicidi. Dall’altra parte, la probabilità di morire per incidenti automobilistici o abuso d’alcol è diminuita. Crediti immagine: Pixabay

APPROFONDIMENTO – Secondo quanto emerge da un articolo pubblicato su PNAS nell’ambito del Progetto Lifepath, negli anni della crisi la mortalità in Europa ha continuato comunque a diminuire negli ultimi anni, senza interruzioni, cosa che invece non è avvenuta negli Stati Uniti. In altre parole, pare che l’Europa abbia mostrato una maggiore resilienza alla crisi quanto a salute della popolazione, soprattutto perché è migliorata anche la salute degli europei meno istruiti (anche nei paesi dell’Europa orientale) diversamente da quello che è accaduto negli Stati Uniti.

A partire dai primi anni Duemila infatti, negli Stati Uniti sono aumentate le cosiddette “morti per disperazione” fra gli americani bianchi di mezza età e con un basso livello di istruzione, in parte dovute all’abuso di antidolorifici oppiacei. Il risultato è stato un aumento dei tassi di suicidio e di intossicazione.

In Europa questo fenomeno non si è verificato, anzi. Un team di ricercatori guidati da Johan Mackenbach, professore di salute pubblica all’Erasmus University Medical Center di Rotterdam, ha esaminato i dati sulla mortalità in 17 paesi dal 1980 al 2014 (per un totale di 9,8 milioni di morti) e sulla morbilità – cioè una condizione di malattia, disabilità o in generale di scarsa salute – riportata da 350.000 persone provenienti da 27 paesi, dal 2002 al 2014.

Quello che è emerso è che il calo della mortalità che si registra in maniera trasversale fra i diversi gruppi sociali non solo non è stato interrotto dalla crisi finanziaria del 2008, nonostante sia aumentata la disoccupazione e dunque la povertà, ma ha interessato maggiormente le fasce di popolazione più svantaggiate.
Per capire la complessità del fenomeno è necessario però andare oltre la stima generale della mortalità, ma capire di che cosa i cittadini sono morti di più o di meno. Di fatto l’aumento di alcuni fattori di rischio come licenziamenti e debiti ha contribuito all’aumento del numero di suicidi. Dall’altra parte, la probabilità di morire per incidenti automobilistici o abuso d’alcol è diminuita.

Ma c’è di più: in diversi paesi dell’Europa orientale – in particolare Ungheria, Lituania ed Estonia – c’è stata una vera e propria inversione di tendenza: dopo il drammatico aumento verificatosi dopo i cambiamenti politici ed economici successivi alla caduta dell’Unione Sovietica, la mortalità ha iniziato a calare, anche fra le persone meno istruite.

Quali sono le ragioni di questo cambio di tendenza? Secondo gli autori si tratta di una combinazione di fattori: miglioramenti della salute pubblica, calo dei fumatori, variazioni delle abitudini alimentari, misure di sicurezza stradale e politiche di controllo dell’abuso di alcol.

Ma anche i forti investimenti sostenuti dalla Commissione Europea a favore delle infrastrutture di questi paesi potrebbero aver contribuito.

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.