RICERCANDO ALL'ESTERO

Il destino delle cellule del sangue nella struttura 3D della cromatina

La differenza tra due cellule specializzate non sta tanto nel genoma quanto nel modo in cui il genoma viene utilizzato, nei suoi profili di espressione genica. A livello molecolare, ciò dipende dagli elementi regolatori.

Federico Comoglio si occupa di epigenomica, cioè di studiare l’insieme dei cambiamenti dell’espressione genica di una cellula. Crediti immagine: ZEISS Microscopy, Flickr

RICERCANDO ALL’ESTERO – Grazie al sequenziamento del genoma umano, oggi sappiamo che tutte le cellule di un organismo contengono la stessa sequenza di DNA. Tuttavia il nostro corpo è fatto da diversi tipi di cellule, ciascuna altamente specializzata per la funzione che andrà a svolgere. La sequenza di informazioni contenuta nel DNA, quindi, non è di per sé sufficiente a generare la diversità funzionale ma ci devono essere dei meccanismi che consentono di interpretare queste informazioni in maniera differenziale.

Federico Comoglio si occupa di epigenomica, cioè di studiare l’insieme dei cambiamenti dell’espressione genica di una cellula. In particolare Comoglio si occupa degli elementi regolatori che modulano l’espressione genica agendo a livello delle sequenze promotore.

Se gli elementi regolatori si trovano lontani dal promotore in termini di spazio lineare, come avviene l’incontro?

Tutto dipende da come è impacchettata la cromatina, cioè da quella che viene chiamata in inglese signaling to chromatin, o trasduzione del segnale alla cromatina. A volte la distanza tra un enhancer (cioè un elemento regolatore che attiva la trascrizione) e il suo promotore è di decine di migliaia di basi, in alcuni casi addirittura 1 megabase, eppure questi due elementi sono in grado di entrare tridimensionalmente in contatto, comunicare tra loro e regolare l’espressione genica di una cellula.

Esistono due modi in cui promotore ed enhancer possono attivare l’espressione genica in risposta a una segnalazione esterna. In un modello la struttura della cromatina è formata de novo, enhancer e promotore non sono accoppiati e interagiscono in maniera 3D solo all’arrivo del segnale. Nel modello in cui la struttura della cromatina è stabile e preformata, enhancer e promotore sono già accoppiati e il segnale esterno dà l’input per attivare l’espressione controllata da quel promotore.

Al Cambridge Institute for Medical Research, dove ho lavorato fino a qualche mese fa, ho cercato di capire quale di questi due modelli è il più consono nella regolazione della trascrizione delle cellule coinvolte nell’ematopoiesi. In particolare volevo capire come la trombopoietina, che è una particolare citochina, è in grado di indurre una risposta estremamente rapida nei progenitori ematopoietici.

L’ematopoiesi è un ottimo modello per questi studi perché consiste in cellule staminali capaci di dare origine ai progenitori di tutte le cellule del sangue; questi restringeranno poi il loro potenziale di differenziamento fino a generare le varie cellule specializzate del sangue. La trombopoietina (TPO) è quella molecola di segnalazione in grado di stimolare le cellule staminali a differenziarsi in megacariociti, cioè i progenitori delle piastrine.

Qual è l’effetto della trombopoietina sulla cromatina?

Nel giro di 30 minuti da quando le cellule entrano in contatto con la TPO, questa citochina è in grado di fare due cose. Innanzitutto nelle cellule progenitrici modula in maniera sostanziosa la cromatina a livello degli enhancer, spegnendo parecchi elementi regolatori. In particolare, vengono spenti quegli elementi che regolano i geni associati a un destino cellulare diverso dai megacariociti. È come se nell’ematopoiesi ci fossero più programmi paralleli, portati contemporaneamente avanti fino a un certo punto: quando arriva la trombopoietina, il programma che porta le cellule a diventare megacariociti viene in qualche modo favorito, mentre i programmi alternativi vengono spenti.

Quindi il primo evento che succede in 30 minuti non consiste nell’istruire la cellula a diventare un megacariocita, ma istruire la cellula a ciò che NON deve diventare.

La seconda scoperta che abbiamo fatto è che la trombopoietina agisce su strutture tridimensionali di cromatina interamente preformate, nel senso che le interazioni enhancer e promotore non si formano de novo ma sono già presenti prima dell’attivazione del segnale. Questo è stato possibile grazie alla tecnica capture Hi-C, sviluppata qualche anno fa al Babraham Institute di Cambridge: consiste nel creare una libreria di tutti i frammenti di DNA che, in vivo in una cellula, possono essere in contatto tra loro, anche su scale spaziali abbastanza grandi (si parla di long-term interaction). Una volta formati, i complessi vengono isolati e caratterizzati tramite sequenziamento. Così facendo abbiamo identificato un sacco di interazioni promotore-enhancer e abbiamo visto che quando arriva la TPO, nonostante ci sia attivazione o repressione trascrizionale, a queste strutture non succede nulla e la segnalazione così rapida avviene preferenzialmente tramite contatti tra strutture già preformate.

Quali sono i princìpi che definiscono la specificità e la cooperatività tra un promotore e un enhancer?

L’obiettivo della mia ricerca qui al Netherlands Cancer Institute di Amsterdam è proprio capire come promotore ed enhancer comunicano. A tal fine voglio costruire, grazie alla robotica, milioni di coppie promotore-enhancer per usarle in saggi high-throughput in cui misurare l’attività di questi elementi sia isolamento sia quando sono accoppiati. Vorrei capire quali sono gli ingredienti che li rendono compatibili, per esempio quali fattori di trascrizione sono necessari affinché cooperino e quali vanno assolutamente evitati per ottenere una determinata attività. Gli esperimenti sono ancora preliminari ma i risultati molto incoraggianti.

Quali sono le prospettive future del tuo lavoro?

Vorrei riuscire a non scegliere le coppie promotore-enhancer ma considerarle tutte. È vero che non tutte si verificano in natura in maniera endogena, per esempio se promotore ed enhancer stanno su due cromosomi diversi può essere che non si incontrino mai. Ma costruendo tutte le coppie possibili, è pensabile di riuscire a estrarre dei princìpi generali che spieghino come le sequenze possono funzionare al di là di vincoli fisici. Tra l’altro mi piacerebbe capire se le coppie sono formate da vincoli fisici o sono la causa dei vincoli fisici. E poi, è indispensabile la struttura della cromatina affinché determinati enhancer parlino con determinati promotori o è la comunicazione tra due elementi a determinare la struttura della cromatina? Esiste e qual è la direzione di causa-conseguenza?

Nome: Federico Comoglio
Età: 31 anni
Nato a: Gattinara (VC)
Vivo a: Haarlem (Paesi Bassi)
Dottorato: scienza (Zurigo, Svizzera)
Ricerca: genomica della cromatina
Istituto: Chromatin genomics group, Netherlands Cancer Institute, Amsterdam (Paesi Bassi)
Interessi: ciclismo, escursioni in montagna, alpinismo, nordic walking, corsa
Di Haarlem mi piace: è molto vicina al mare, ci sono parchi molto belli, puoi uscire dalla città ed entrare subito nella natura
Di Haarlem non mi piace: è una città, non ci sono le montagne
Pensiero: Chi più in alto sale, più lontano vede. Chi più lontano vede, più a lungo sogna. (Walter Bonatti)

Segui Luisa Alessio su Twitter

Leggi anche: Epigenetica transgenerazionale: oltre il DNA c’è di più

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Condividi su
Luisa Alessio
Biotecnologa di formazione, ho lasciato la ricerca quando mi sono innamorata della comunicazione e divulgazione scientifica. Ho un master in comunicazione della scienza e sono convinta che la conoscenza passi attraverso la sperimentazione in prima persona. Scrivo articoli, intervisto ricercatori, mi occupo della dissemination di progetti europei, metto a punto attività hands-on, faccio formazione nelle scuole. E adoro perdermi nei musei scientifici.