IPAZIA

Florence Sabin, la donna che visse due volte

Una sola donna, due vite. Entrambe costellate di successi. Medico e ricercatrice di prim’ordine, Florence Sabin è stata anche una grande attivista politica, in prima linea nella lotta per i diritti delle donne e per il rinnovamento della sanità pubblica.

IPAZIA – Prima donna a diventare membro della National Academy of Science, ha dimostrato il modo in cui si formano i vasi linfatici e ha contribuito alla comprensione dei meccanismi all’origine della tubercolosi; non soddisfatta, dopo una carriera eccezionale ha avuto la forza di rimettersi in gioco, ormai ultrasettantenne, ricoprendo un ruolo di primo piano nell’attuazione di una serie di politiche sanitarie grazie alle quali è stato possibile salvare migliaia di vite.

Infanzia

Crediti immagine: Smithsonian Institution

Florence Rena Sabin nasce nel 1871 a Central City, in Colorado, secondogenita di George e Serena Sabin, ingegnere minerario e maestra di scuola. Dopo il diploma si iscrive allo Smith College e nel 1893 consegue una prima laurea in scienze. Il medico dell’istituto, la dottoressa Grace Preston, la incoraggia a intraprendere gli studi in medicina. Quello stesso anno, a Baltimora, viene inaugurata la Johns Hopkins School of Medicine. Aperta grazie al contributo economico di un gruppo di donne dell’alta borghesia locale, si tratta della prima scuola medica a consentire l’iscrizione alle donne. Le alte rette della Johns Hopkins sono però al di là della portata delle modeste finanze della ragazza, che è spinta dai parenti a interrompere gli studi e a dedicarsi all’insegnamento; Florence segue il loro consiglio e per due anni insegna matematica a Denver, ma lo fa solo per mettere da parte i soldi con cui finanziare la sua iscrizione alla scuola medica. Nel 1896, dopo aver superato un duro test selettivo, riesce ad accedere alla John Hopkins.

Gli studi alla John Hopkins

La scuola ha standard elevati e consente l’accesso alle studentesse sulla base degli stessi criteri utilizzati per gli studenti maschi, ma non accetta donne tra il corpo docente. I migliori progetti di ricerca e i tirocini ospedalieri sono inoltre assegnati quasi sempre agli uomini e non poche ragazze decidono di abbandonare gli studi dopo essersi sposate. Non è il caso di Florence Sabin, che ignora il sessismo e le disparità di trattamento e si dedica allo studio con un impegno e una dedizione non comuni. Le sue capacità attirano l’attenzione di Franklin P. Mall, direttore del dipartimento di anatomia, che diventa suo mentore e la sprona a non mollare, coinvolgendola in due progetti che si riveleranno fondamentali per la sua crescita professionale: la realizzazione di un modello tridimensionale del tronco cerebrale di un neonato – a partire dal quale sarà realizzato An Atlas of the Medulla and Midbrain, libro pubblicato nel 1901 –  e un’indagine sullo sviluppo embriologico del sistema linfatico. A quel tempo l’opinione prevalente fra gli anatomisti è che i vasi linfatici siano strutture aperte che si formano nel mesenchima, il tessuto connettivo indifferenziato dell’embrione; iniettando sostanze colorate negli embrioni di maiali, la donna dimostra che i vasi linfatici sono in realtà strutture chiuse che non derivano dal mesenchima, ma dalle vene.

La carriera e il femminismo

Grazie ai lavori di quegli anni, dopo la laurea in medicina Sabin ha la possibilità di svolgere un tirocinio di un anno presso il Johns Hopkins Hospital, seguita da William Osler, uno dei padri della medicina moderna, e subito dopo ottiene una borsa di studio della Baltimore Association for the Promotion of University Education for Women che le consente di continuare a lavorare con Mall al dipartimento di anatomia della Johns Hopkins School of Medicine. Di fronte a tali successi, la Johns Hopkins non può continuare a perseguire le sue politiche di chiusura nei confronti delle donne: nel 1902 Sabin ottiene una cattedra e inizia a insegnare embriologia e istologia per l’università, nel 1905 è promossa professore associato presso il dipartimento di anatomia.

Negli anni successivi entra in contatto con femministe e attiviste per i diritti delle donne. Partecipa alla raccolta di firme e alla stesura di lettere di protesta del National Woman’s Party e collabora con un settimanale per l’estensione del suffragio elettorale. Impiega parte del suo tempo lavorando come volontaria all’Evening Dispensary for Working Women and Girls, ente di Baltimora nato con lo scopo di offrire alle donne delle classi più disagiate l’opportunità di accedere gratuitamente a cure e trattamenti medici, ma anche per fornire una formazione medica costante alle giovani dottoresse coinvolte nelle varie attività.

Nel frattempo continua a insegnare e a portare avanti le sue ricerche alla Johns Hopkins, collezionando successi e conquistando primati su primati. Nel 1917 è la prima donna a ottenere il titolo di professore ordinario, nel 1921 la prima a essere eletta presidente dell’American Association of Anatomists e nel 1925 la prima a diventare membro della National Academy of Sciences. Quello stesso anno lascia la Johns Hopkins e accetta di dirigere il nuovo dipartimento di studi cellulari del Rockefeller Institute for Medical Research di New York. È, anche in questo caso, la prima donna di sempre a ricoprire un incarico così prestigioso. A New York, oltre a portare avanti il suo lavoro sui vasi sanguigni e sul sistema linfatico, ha l’opportunità di guidare un gruppo di giovani ricercatori con cui partecipa a un programma di ricerca coordinato dalla National Tuberculosis Association. La sua squadra si occupa di studiare il modo in cui i monociti e altre cellule del sistema immunitario reagiscono al batterio responsabile della tubercolosi (Mycobacterium tuberculosis), ottenendo importanti risultati che consentono di comprendere meglio i meccanismi all’origine della malattia.

L’attivismo politico

Sabin si ritira nel 1938, ma il suo pensionamento dura solo sei anni. Nel 1944 il governatore dello stato del Colorado, John Vivian, le chiede di guidare il Comitato per la Salute dello Stato. A quel tempo il Colorado ha uno dei più alti tassi di mortalità infantile degli Stati Uniti: è al terzo posto per morti causate da scarlattina e al quinto per morti da difterite. In realtà poco interessato alla questione, Vivian nomina Sabin col solo scopo di placare l’opinione pubblica, convinto che una “vecchia signora” come lei non avrebbe smosso troppo le acque. Si sbaglia di grosso. La “vecchia signora” lo sorprende e, come ai tempi della sua adesione al femminismo, dimostra di avere la stoffa della vera attivista politica: scrive lettere in cui denuncia l’arretratezza del Colorado, chiede con forza che venga approvata una riforma sanitaria, organizza incontri e fa pressioni su medici, legislatori e politici locali. Ormai ultrasettantenne, si dedica anima e corpo a questo lavoro e redige personalmente otto disegni di legge, poi approvati, oggi conosciuti col nome di Sabin Health Laws. Nel 1947, nominata responsabile della salute cittadina dal sindaco di Denver, avvia un programma di educazione pubblica alla salute grazie al quale i casi di tubercolosi nella capitale del Colorado si riducono di oltre il 50%.

Florence Sabin si ritira ufficialmente nel 1951, all’età di ottant’anni, ma continua a combattere per una sanità pubblica più equa ed efficiente fino alla morte, nel 1953. Nel 1959 viene scelta una sua statua per rappresentare lo stato del Colorado nella National Statuary Hall Collection del Campidoglio, a Washington.

“Spero che i miei studi possano incoraggiare altre donne, specialmente le giovani, a dedicare le loro vite ai più grandi interessi della mente; poco importa chi sia ad avere più cervello tra uomini e donne, tutto ciò che noi donne dobbiamo fare per esercitare la nostra influenza sul mondo è usare tutto il cervello che abbiamo.” Parola di Florence Rena Sabin, medico, ricercatrice, femminista, attivista politica.

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Simone Petralia
Giornalista freelance. Amo attraversare generi, discipline e ambiti del pensiero – dalla scienza alla fantascienza, dalla paleontologia ai gender studies, dalla cartografia all’ermeneutica – alla ricerca di punti di contatto e contaminazioni. Ho scritto e scrivo per Vice Italia, Scienza in Rete, Micron e altre testate. Per OggiScienza curo Ipazia, rubrica in cui affronto il tema dell'uguaglianza di genere in ambito scientifico attraverso le storie di scienziate del passato e del presente.