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Plutone tornerà a essere un pianeta?

Era il nono pianeta del sistema solare, poi il declassamento nel 2006 a “pianeta nano”. E se gli astronomi si fossero sbagliati?

SCOPERTE – Dopo anni di “onorata carriera” allo status di pianeta, nel 2006 il povero Plutone cadde in disgrazia. Gli astronomi dell’International Astronomical Union, IAU, decisero infatti che il pianeta più esterno del sistema solare non era tale e lo declassarono a pianeta nano. Il motivo, però, ha sollevato qualche dubbio in Philip Metzger, scienziato della University of Central Florida di Orlando  e membro del Florida Space Institute, che sulla rivista Icarus spiega perché dovremo restituire al povero Plutone lo status di pianeta.

Crediti immagine: NASA

Secondo gli astronomi ed esperti mondiali, per ottenere lo status di pianeta un corpo celeste deve soddisfare tre condizioni: orbitare intorno al Sole, avere una gravità tale da assumere una forma sferica e tenere pulita la sua orbita, cioè la dominanza orbitale. Proprio quest’ultimo punto fa la differenza tra un pianeta e un pianeta nano, ma cosa significa? Per gli astronomi un pianeta è gravitazionalmente dominante se nella propria zona orbitale non vi siano altri corpi di dimensioni comparabili a quelle del pianeta, a meno che non siano suoi satelliti o legati a esso dalla gravità.

Il caso di Plutone

Il povero Plutone dunque è stato declassato proprio per le peculiarità della sua orbita, dal periodo orbitale di 248 anni terrestri e molto inclinata rispetto al piano dell’eclittica, tanto che in alcuni punti del suo moto intorno al Sole si trova più vicino alla stella rispetto a Nettuno. Proprio per questo motivo il pianeta, ancora nano, è considerato un oggetto transnettuniano ed è preso come punto di riferimento per tutti i corpi celesti con orbite simili.

Data la vicinanza con Nettuno e le sue influenze gravitazionali, Plutone divide la sua orbita seppur stabile con altri oggetti della cintura di Kuiper, come asteroidi e comete con dimensioni confrontabili con i suoi 2370 chilometri di diametro. Poco più della metà di oggetti come l’asteroide Sedna, da 1600 chilometri di diametro, o il pianeta nano Eris, secondo a Plutone nel sistema solare con i suoi 2326 chilometri di diametro.

Se appare evidente che la dominanza orbitale è un parametro che Plutone non può soddisfare, sembra evidente il suo declassamento. Spulciando tra gli ultimi 200 anni di pubblicazioni scientifiche però Metzger ha scoperto che il criterio dell’”orbita pulita” per classificare i pianeti è stato utilizzato in astronomia solo una volta e nel 1802. In tutti gli altri casi, lo status di pianeta veniva attribuito nonostante la mancanza di questa condizione, motivo per cui secondo lo scienziato il declassamento di Plutone è illegittimo.

Anzi, nello studio pubblicato Metzger sottolinea come nella precedente letteratura scientifica anche i satelliti di Saturno e Giove, rispettivamente Titano ed Europa, vengono classificati come pianeti fin dai tempi di Galileo Galilei:

“La definizione della IAU sostiene che l’oggetto fondamentale della scienza planetaria, cioè il pianeta, sia definito sulla base di un concetto che nessuno utilizza nelle proprie ricerche. E lascerebbe fuori il secondo più complesso e interessante pianeta del nostro sistema solare. Abbiamo ora una lista di oltre 100 recenti esempi di scienziati planetari che usano la parola “pianeta” in un modo che viola la definizione IAU, ma lo fanno perché è funzionalmente utile. Quella della IAU è una definizione approssimativa. Non hanno spiegato cosa intendessero per pulizia della propria orbita. Se la interpretassimo letteralmente, allora non esisterebbero pianeti, perché nessuno è in grado di avere orbite pulite”.

Lo scienziato planetario sostiene che la letteratura dimostra che la vera differenza tra i pianeti e gli altri corpi celesti, come gli asteroidi, è stata fornita negli anni Cinquanta da Gerard Kuiper che li distingueva in uno studio in funzione della loro formazione. Dunque lo standard utilizzato dagli astronomi dell’IAU non è uno standard, ha sottolineato il co-autore dello studio e ricercatore del Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory di Laurel, nel Maryland: “abbiamo dimostrato che si tratta di una falsa rivendicazione storica, dunque è sbagliato applicare lo stesso ragionamento a Plutone”.

Ma come definire allora un pianeta?

La proposta di Metzger è quella di creare una classificazione che sia basata su proprietà intrinseche, piuttosto che su proprietà dinamiche e soggette facilmente a variazioni come appunto le loro orbite: “le proprietà dinamiche non sono costanti, ma cambiano costantemente. Non rappresentano dunque la descrizione fondamentale di una classe di corpi celesti, ma solo la loro posizione in quel momento”.

Per Metzger dunque sarebbe sufficiente classificare i pianeti in funzione al secondo criterio, cioè che la loro gravità sia tale da raggiungere una forma sferica, e spiega: “non si tratta solo di una definizione arbitraria. Abbiamo scoperto che si tratta di una importante pietra miliare nell’evoluzione dei corpi planetari, perché apparentemente quando questo accade, inizia anche l’attività geologica del corpo celeste”.

Declassare Plutone a pianeta nano, sottolineano poi gli scienziati, significa anche non riconoscergli la complessità che lo rendono uno degli oggetti più interessanti del nostro sistema solare. Il pianeta nano, forse ancora per poco, possiede un oceano sotterraneo, un’atmosfera multistrato, componenti organiche e le prove di antichi laghi, oltre che diverse lune, che lo rendono più dinamico e vivo di Marte, comparabile per complessità geologica solo con un altro pianeta: la Terra.

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Veronica Nicosia
Aspirante astronauta, astrofisica per formazione, giornalista scientifica per passione. Laureata in Fisica e Astrofisica all'Università La Sapienza, vincitrice del Premio giornalistico Riccardo Tomassetti 2012 con una inchiesta sull'Hiv e del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica Giancarlo Dosi 2019 nella sezione Under 35. Content manager SEO di Cultur-e, scrive di scienza, tecnologia, salute, ambiente ed energia. Tra le sue collaborazioni giornalistiche Blitz Quotidiano, Oggiscienza, 'O Magazine e Il Giornale.