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Sheila Sherlock, pioniera dell’epatologia

Quando un giovane medico le chiese per quale motivo avesse scelto di dedicare la sua carriera alle malattie del fegato, Sheila Sherlock rispose in modo lapidario: “perché non lo stava facendo nessun altro”. In queste parole è racchiusa la cifra di un’intera esistenza.

IPAZIA – L’epatologia è la branca della medicina che si occupa di studiare, prevenire e curare le malattie che colpiscono fegato, cistifellea, pancreas e vie biliari. Se oggi esiste come disciplina a sé stante lo si deve soprattutto a una dottoressa inglese del secolo scorso: Sheila Sherlock.

Sono molti i motivi per cui Sheila Sherlock merita di essere ricordata. È stata una scienziata brillante e un clinico eccezionale, capace di comprendere istintivamente la natura della malattia che aveva di fronte. Per anni ha portato avanti le sue ricerche pionieristiche in una capanna sul tetto di un vecchio ospedale, struttura che è riuscita a trasformare nel più importante centro di epatologia esistente in Europa. Era, soprattutto, una persona a cui stavano a cuore gli altri. Non solo i suoi pazienti, ma anche i colleghi più giovani, donne e uomini di cui è stata guida e mentore, identificando i più capaci e guidandoli nelle loro carriere.

Gli inizi

Crediti immagine: NPG

Sheila Sherlock nasce a Dublino nel 1918 e cresce a Folkestone, cittadina dell’Inghilterra meridionale. Sin da piccola sa di voler studiare medicina e dopo il diploma tenta di accedere a numerose scuole mediche; in quanto donna, però, tutte le sue richieste vengono respinte. Tutte eccetto una, da parte dell’Università di Edimburgo. Si trasferisce in Scozia, dove inizia a studiare nell’autunno del 1936. Le sue disponibilità economiche sono limitate, ma riesce a mantenersi grazie a varie borse di studio e lavorando come cameriera nei mesi estivi. Si laurea con lode nel 1941, vincendo una borsa di studio come migliore della sua classe.

È una studentessa brillante e preparata, ma l’internato presso l’ospedale Royal Infirmary di Edimburgo è aperto solo agli uomini. Diventa quindi assistente clinica del celebre chirurgo James Learmonth, professore di chirurgia alla Royal Postgraduate Medical School dell’Hammersmith Hospital di Londra. In questi anni impara i rudimenti della ricerca medica, concentrando i suoi interessi sulla biochimica e la fisiopatologia del fegato.

Nei primi anni Quaranta le patologie del fegato sono poco conosciute e l’epatologia come disciplina a sé non esiste. Durante la seconda guerra mondiale i medici non sanno quale sia il miglior approccio da seguire per la diagnosi e la cura dell’ittero, malattia che affligge molti soldati. Sherlock contribuisce a migliorarne la comprensione utilizzando per la prima volta la biopsia epatica come strumento di diagnosi.

Nel 1951, all’età di 33 anni, è la più giovane donna a diventare membro del Royal College of Physicians. Lo stesso anno sposa il medico David Geraint James, ma continuerà a chiedere di essere chiamata col suo nome da nubile, cosa inusuale per l’epoca.

Le conquiste nel campo dell’epatologia

Nel 1958 fonda col collega Hans Popper l’International Association for the Study of the Liver, che dirige per quattro anni. Pochi mesi dopo è la prima donna nel Regno Unito a ottenere un incarico come docente in una scuola di medicina, la Royal Free Hospital School of Medicine di Londra, dove fonda il dipartimento di epatologia. Situato in una struttura in legno sul tetto dell’ospedale, una sorta di capanna raggiungibile percorrendo una passerella di assi sconnesse, il dipartimento diviene in breve tempo un centro di ricerca e formazione di fama mondiale, capace di attrarre studenti provenienti da tutto il mondo.

Al Royal Free Hospital vengono condotte ricerche approfondite sul fegato, la cistifellea e le vie biliari. Sono compiuti importanti passi avanti nella comprensione della colestasi, dell’emocromatosi e del metabolismo della bilirubina e si sviluppano trattamenti sempre più efficaci per le patologie epatiche autoimmuni o indotte da farmaci. Nel 1966 Sherlock contribuisce a creare quello che ora è un test standard nella diagnosi della cirrosi biliare primaria, malattia che può portare a insufficienza epatica. Negli anni Settanta associa per la prima volta il virus dell’epatite B allo sviluppo della cirrosi e del carcinoma epatocellulare – la forma più comune e diffusa di tumore del fegato – e dimostra che il trattamento con steroidi può essere efficace per la cura dell’epatite autoimmune.

Gli ultimi anni

Nel 1974 il dipartimento di epatologia viene finalmente trasferito in una sede degna della sua fama, al decimo piano del nuovo ospedale londinese di Hampstead. Negli anni successivi Sherlock e il suo gruppo concentrano le loro ricerche sull’epatite virale, il trattamento endoscopico delle varici e il trapianto di fegato. La scienziata lascia la cattedra di medicina nel 1983, ma continua a lavorare fino a pochi mesi prima di morire, nel 2001. Nel corso della sua carriera pubblica oltre seicento articoli su riviste scientifiche. Il suo libro più noto è Diseases of the Liver and Biliary System, il primo testo interamente dedicato alle patologie epatiche; pubblicato per la prima volta nel 1955 e tradotto in varie lingue, nel 2002 è giunto alla sua dodicesima edizione.

Quando un giovane medico le chiese per quale motivo avesse scelto di dedicare la sua carriera alle malattie del fegato, Sheila Sherlock rispose in modo lapidario: “perché non lo stava facendo nessun altro”. In queste parole è racchiusa la cifra di un’intera esistenza.

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Simone Petralia
Giornalista freelance. Amo attraversare generi, discipline e ambiti del pensiero – dalla scienza alla fantascienza, dalla paleontologia ai gender studies, dalla cartografia all’ermeneutica – alla ricerca di punti di contatto e contaminazioni. Ho scritto e scrivo per Vice Italia, Scienza in Rete, Micron e altre testate. Per OggiScienza curo Ipazia, rubrica in cui affronto il tema dell'uguaglianza di genere in ambito scientifico attraverso le storie di scienziate del passato e del presente.