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Il rapporto tra scienza e società secondo il presidente CICAP

Al CICAP Fest abbiamo incontrato Sergio Della Sala: abbiamo parlato di bufale, social network e percezione della scienza.

EVENTI – Tra il 14 e il 16 settembre si è svolto il CICAP Fest, il festival di scienza e curiosità che ha portato a Padova più di 100 esperti e divulgatori scientifici: “tre giorni di incontri, dibattiti, spettacoli, mostre e laboratori per aiutare grandi e piccini a navigare sicuri nel grande mare dell’informazione evitando le pericolose secche delle fake news e della pseudoscienza”.

Abbiamo incontrato Sergio Della Sala, presidente del CICAP (Comitato Italiano Controllo Affermazioni sulle Pseudoscienze) e professore di Neuroscienze Cognitive all’Università di Edimburgo, che ci ha raccontato la sua prospettiva su questo festival e sul rapporto tra scienza e società.

Crediti immagine: CICAP

Professor Della Sala, quale sente essere il ruolo del CICAP in questo momento storico caratterizzato da una forte polarizzazione del dibattito su molti temi scientifici?

Il CICAP si pone come obiettivo di stimolare la discussione pubblica sull’importanza di valutare i fatti e le fonti di questi fatti quando si parla di scienza. Vorremmo scalfire l’idea che una qualsiasi opinione, per quanto liberissima, che sia di un politico o che sia di uno scienziato al di fuori del suo seminato, abbia lo stesso impatto di anni di studi.

CICAP Fest si focalizza quest’anno su Scienza, verità e bugie della vita quotidiana. Da neuroscienziato cognitivo, cosa ci consiglia per distinguere le verità dalle bugie nell’esperienza quotidiana?

Questa è una domanda molto difficile, perché noi tutti, anche se vogliamo il parere degli esperti, tra l’esperto e la persona di cui ci fidiamo alla fine scegliamo di credere alla persona di cui ci fidiamo. Non lo dico così per dire: noi abbiamo fatto parecchi studi che mostrano come le persone apprezzano la competenza, ma se devono scegliere tra competenza e affidabilità scelgono l’affidabilità. Quindi la prima cosa che dobbiamo fare non è capire cosa pensano le persone, ma come pensano. Chi la pensa in maniera diversa da noi non è uno sciocco, è una persona che ha preso come riferimento delle fonti diverse. 

Parallelamente a un forte rigore razionale, il CICAP manifesta da sempre una vocazione al gioco, al divertimento e alla curiosità. Sono questi, secondo lei, gli elementi su cui far leva per avvicinare le ragazze e i ragazzi di oggi al mondo della scienza?

Sì, a patto che non si confonda la semplicità col semplicismo. Scrivere un trattato di letteratura romanza o costruire un ponte non sono imprese facili: la scienza, come tutte le materie, è difficile, e per fare scienza ci vogliono decenni di competenza. La curiosità è fondamentale, ma bisogna anche spiegare la complessità e trasmettere il concetto che la cultura scientifica ha la sua base nel dubbio e nel continuo cambiamento. I festival di scienza con il chimico che si brucia i capelli non devono essere lo scopo, ma l’inizio di un percorso. E la scuola, secondo me, dovrebbe insegnare i vari metodi: come funziona la metrica dantesca, come funziona il metodo scientifico. Non far imparare a memoria una terzina o le formule chimiche.

A proposito di semplificazione, come vede la scienza raccontata sui social network?

Visto che la scienza è argomentativa, si dovrebbe evitare il corpo a corpo su twitter. Per carità, io non sono contrario a twitter: se devo fare una festa al mare uso twitter. Ma fare un dibattito scientifico su twitter spinge alla battuta, allo scherno, e si finisce per ridurre tutto a quello. Questo vale anche per i politici. Le cose difficili vanno argomentate: concetti difficili non possono essere discussi in poche battute.

Recentemente le sembra che la percezione della scienza sia peggiorata o è anche questo un errore di percezione?

Il punto, secondo me, non è tanto la percezione che le persone hanno, ma che, in qualunque dibattito privato o pubblico, noi dobbiamo aumentare il senso etico e morale. Ad esempio, ci sono casi di frodi scientifiche? Benissimo che vengano esposte, benissimo! L’errore che fa la comunità scientifica è dire “ah no, ma queste sono poche mele marce” e nascondere la polvere sotto al tappeto. Invece queste mele marce vanno combattute dal sistema, non difese.

La società dovrebbe imporre a qualunque gruppo di riferimento degli standard morali più elevati. Lo scienziato ha il dovere morale di rispettare certi canoni di etica. E questa etica non si limita a compilare dei moduletti, è un’etica sociale. Bisogna essere consapevoli che quello che facciamo ha un impatto sociale. Io proporrei, ad esempio, di inserire corsi obbligatori di morale pubblica ed etica scientifica nel percorso di formazione degli scienziati. Sennò non fai quel mestiere lì.

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