STRANIMONDI

#ClassiciRiscoperti: Ritorno tra i dinosauri di Jurassic Park

Nel settembre del 1993 anche gli spettatori italiani potevano fare visita a Jurassic Park nel primo capitolo di uno dei franchise simbolo della fantascienza mainstream degli ultimi anni

STRANIMONDI – Il bicchiere sul cruscotto è riempito di acqua che comincia a tremare. La capretta oltre la recinzione è scomparsa e i lampi lasciano intravvedere solamente la corda a cui era legata che ora penzola libera. Le due jeep sono bloccate sotto la pioggia tropicale battente. Un tonfo sordo, regolare, che somiglia all’eco di un terremoto fa scuotere tutto: sta arrivando il Tyrannosaourus rex e voi vi state agitando sulla poltrona come i protagonisti sui sedili delle auto…

È una delle scene più emblematiche di un film che proprio nel settembre del 1993 arrivava nelle sale italiane e destinato a segnare per sempre l’immaginario collettivo. Ed è il punto di passaggio cruciale tra le due parti di cui la pellicola è composta: dalla scanzonata e ottimista commedia della prima ora al teen-horror della seconda ora, prima dell’epilogo (abbastanza) rassicurante con cui si chiude. Ma procediamo con ordine.

Dall’ambra nascono i dinosauri

La passione per i parchi a tema, Michael Crichton ce l’aveva già mostrata abbondantemente negli anni Settanta, quando scrive e dirige un film, Il mondo dei robot (in originale Westworld, da cui la recente serie tv di cui abbiamo già scritto qui a Stranimondi) in cui proprio le attrazioni, sofisticati androidi che fanno rivivere ai visitatori le avventure della conquista del West, non si comportano come dovrebbero e mettono in pericolo proprio il pubblico.

Un’idea non troppo diversa gli viene alla fine degli anni Ottanta, all’apice della cultura dei parchi divertimento all’americana (la storia dei parchi Disney fuori dagli USA comincia nel 1971 e Disney World Paris apre i battenti nel 1992) e in piena fiducia nei confronti delle grandi promesse delle biotecnologie. Così si immagina che un ricco vecchietto americano si comperi un’isola, Isla Nublaral largo del Costa Rica e la popoli con i dinosauri fatti rivivere dopo che il loro DNA è stato recuperato dalle zanzare giurassiche intrappolate nell’ambra. Anche in questo caso, come per i cowboy degli anni Settanta, lo sviluppo presenta lati oscuri e imprevedibili per cui la storia di Jurassic Park o di Westworld si configurano come parabole sui rischi di uno sviluppo indiscriminato delle tecnologie.

Dalla carta alla pellicola

Uscito nel 1990, il romanzo Jurassic Park è un grande successo, il più grande fino ad allora per lo scrittore americano. I fan, però, lo criticano, giudicandolo una sorta di sceneggiatura già pronta per lo schermo più che un romanzo vero e proprio. A fargli fare il salto è Steven Spielberg, che vede nella trama orchestrata da Crichton il veicolo perfetto per una delle sue commedie d’azione piene di buoni sentimenti e adatte a un pubblico di qualsiasi età, che la rivista di critica cinematografica Empire definisce uno dei più grandi blockbuster di tutte le epoche.

La storia è semplice, ma efficacissima. John Hammond (Richard Attenborough), il proprietario di Jurassic Park, invita il paleontologo Alan Grant (Sam Neil), la paleobiologa Ellie Sattler (Laura Dern) e il matematico Ian Malcom (Jeff Goldblum) a visitare il parco un anno prima della sua apertura ufficiale in compagnia dei suoi due nipotini. La visita serve da test per le strutture del parco, ma è anche l’occasione perfetta per le trame criminali di Dennis Nedry (Wayne Knight), il responsabile dei sistemi di sicurezza che tenta di trafugare embrioni di dinosauri per un misterioso compratore. La situazione precipita quindi proprio mentre i protagonisti sono nei pressi del recinto del T. rex e dopo mille peripezie, la vicenda si conclude con la rocambolesca fuga dall’isola.

Una pietra miliare del cinema

Perché tutto questo potesse funzionare, i dinosauri dovevano essere riportati in vita in modo credibile non solo sulla carta, ma anche sullo schermo. Ed è qui il primo motivo per cui Jurassic Park si dimostra un punto di non ritorno per il cinema. A fare la differenza sono le capacità tecniche della Industrial Light & Magic, un’azienda specializzata in effetti speciali digitali, che porta sullo schermo in maniera straordinaria T. rex, velociraptor, triceratopi e tutto il resto contribuendo in modo decisivo alla suspension of disbelief che è fondamentale per entrare nel clima del film. E, se lo riguardate oggi, vi renderete conto che mentre il mondo faceva la conoscenza dei primi Pentium, i programmatori della Industrial Light & Magic lavoravano a effetti che a distanza di 25 anni rimangono ancora impressionanti. Jurassic Park ha contribuito in maniera decisiva a convincere registi di Hollywood, e non solo, che il digitale era il futuro degli effetti perché permetteva cose che fino ad allora erano solamente desideri. E l’azienda californiana, che aveva in curriculum L’impero colpisce ancora e 2001: Odissea nello spazio, mette poi in portfolio titoli come Men In Black, nove titoli Marvel e Avatar, tanto per citare i più famosi.

Un video che mostra il dietro le quinte degli effetti speciali di alcune scene del film.

Il secondo motivo per cui il film di Spielberg occupa un posto fondamentale nella storia del cinema, e in particolare del cinema di fantascienza, è che proprio in virtù delle capacità tecniche messe in campo ha dato corpo a uno dei miti di milioni di ragazzini (e non solo): ha fatto incontrare Homo sapiens con i dinosauri, riempiendo di carni digitali gli scheletri fossili che da secoli affascinano i visitatori dei musei di storia naturale sparsi nel mondo (e uno dei dieci miti riguardo ai dinosauri smontati dal New Scientist). Non che prima non ci fossero stati film sul tema, ma Jurassic Park riesce a farlo in modo credibile e su di una base scientifica sensata, il che rende ancora più forte l’amore che legioni di nerd e geek hanno, e continuano a, dimostrare nei confronti della pellicola. Anche dopo che il franchise si è aperto a film meno belli dell’originale (e del secondo sempre girato da Spielberg), perché tutti volevano vedere questo o quel nuovo dinosauro riportato in vita.

Il film non è perfetto: la sottotrama romantica tra Grant e la Sattler è piuttosto scontata; l’atteggiamento machista di Malcom (nonostante abbia fatto innamorare molte) è inaccettabile all’epoca di #MeToo; il povero cattivo Nedry è una caricatura e non un personaggio a tutto tondo; le morti degli addetti al trasporto dei dinosauri (come per esempio nella scena iniziale) vengono dimenticate come se niente fosse. Si potrebbe argomentare che si tratta di difetti di molti, se non tutti, i film di Spielberg. Qui ci interessa sottolineare che nonostante i limiti, il film non sente i 25 anni che si porta addosso e continua a colpire per la quantità di invenzioni e spunti che hanno generato pletore di imitazioni: a Isla Nublar (e alle sue simili) si torna sempre piuttosto volentieri, anche se è pericoloso.

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Marco Boscolo
Science writer, datajournalist, music lover e divoratore di libri e fumetti datajournalism.it