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Perché ascoltiamo la musica per addormentarci?

Ascoltare la musica prima di dormire è un'abitudine diffusa per migliorare la qualità del sonno, non solo tra chi soffre di insonnia.

RICERCA – Ascoltare la musica prima di dormire è un’abitudine diffusa per migliorare la qualità del sonno, non solo tra chi soffre di insonnia. Ad affermarlo è uno studio dei ricercatori dell’Università di Sheffield, che hanno condotto un sondaggio online sull’uso di questa pratica nella popolazione generale.

I disturbi del sonno sono un problema con serie conseguenze fisiche ed economiche. Si stima che colpiscano circa il 45% della popolazione mondiale. La mancanza di sonno è stata associata a disturbi fisici e mentali, come peggioramento della memoria a breve termine e maggiori sintomi depressivi. Anche gli incidenti sul lavoro e alla guida aumentano come risultato di una ridotta efficienza cognitiva. Se il problema a breve termine non viene risolto e diventa cronico, può anche contribuire a malattie importanti come obesità, diabete e demenza. Solo in Italia, l’insonnia cronica interessa 9 milioni di persone.

Alternative non farmacologiche

I tentativi di ridurre i disturbi includono l’uso di farmaci, che però possono essere associati a effetti collaterali. La ricerca di alternative non farmacologiche è diventata quindi una priorità: la musica potrebbe rivelarsi una soluzione pratica ed economica. Diversi studi su popolazioni cliniche hanno evidenziato come l’ascolto possa aiutare a ridurre l’ansia e il dolore. Alcuni meccanismi coinvolgono, ad esempio, una regolazione dell’attività del sistema nervoso simpatico e una regolazione dei livelli di cortisolo, l’ormone dello stress. Anche secondo una review Chocrane pubblicata di recente, l’ascolto quotidiano della musica prima di dormire migliora la qualità del sonno.

La maggior parte degli studi che hanno valutato questi effetti, però, sono stati condotti su pazienti che soffrivano di insonnia o di altri disturbi. A oggi mancano dati sistematici sulla diffusione del rimedio tra la popolazione generale e sul perché venga utilizzato.

I ricercatori inglesi, guidati da Tabitha Trahan, hanno condotto un sondaggio online, che ha valutato la musicalità, le abitudini e il tipo di musica ascoltata. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista PLOS ONE. Al questionario hanno partecipato 651 persone: il 62% di esse ha affermato di aver fatto ricorso alla musica per dormire (quasi il 36% ha dichiarato di utilizzarla almeno una volta a settimana). I partecipanti hanno citato 14 generi musicali (con musica classica e rock al primo e al secondo posto) e 545 artisti.

Perché la musica?

I ricercatori hanno inoltre indagato le motivazioni che spingono i partecipanti ad ascoltare musica. Dalle risposte sono emersi quattro temi principali: “distrarre”, “fornire”, “cambiare stato” e “per abitudine”. Tra i cambiamenti di stato vi sono un miglioramento della condizione mentale, una riduzione dello stress e un miglioramento dello stato fisico, attraverso la regolazione del respiro. La distrazione riguarda invece la capacità di allontanarsi da stimoli sia esterni (silenzio, rumore) o interni (pensieri, soprattutto negativi). Il tema “fornire” comprende le azioni che riguardano la capacità di monitorare la durata del sonno e il senso di sicurezza che viene trasmesso dalla musica.

La ricerca non parla di effetti fisiologici e psicologici, ma analizza solamente le risposte riferite dai partecipanti. Lo studio, però, è il più grande sondaggio mai condotto sull’uso della musica per stimolare il sonno. L’indagine fornisce una prova iniziale della diffusione di questa abitudine e chiarisce alcuni aspetti, come ad esempio la grande varietà di generi utilizzati dai partecipanti.

Studi precedenti hanno dimostrato che l’ascolto di musica scelta in modo autonomo ha un maggiore potere ansiolitico e analgesico rispetto all’ascolto di musica sconosciuta. L’osservazione mette in discussione l’efficacia delle playlist generiche, spesso usate per favorire il sonno. Queste di solito includono tracce con determinate caratteristiche tecniche, ma potrebbero non essere la strategia migliore, soprattutto se il genere musicale non è apprezzato dall’ascoltatore.

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Francesca Camilli
Comunicatrice della scienza e giornalista pubblicista. Ho una laurea in biotecnologie mediche e un master in giornalismo scientifico.