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World AIDS Day: 1,8 milioni le persone infette con HIV nel 2017

Una persona su quattro non sa di essere sieropositiva e in Italia le nuove infezioni nel 2017 sono state quasi 3.500.

Sono 3.443 le nuove diagnosi di infezione da HIV registrate in Italia nel 2017. A dirlo sono i dati pubblicati il 28 novembre dal Ministero della Sanità. In termini di incidenza sulla popolazione, i nuovi casi sono pari a 5,7 ogni 100 mila abitanti, un dato in linea con la media dei paesi dell’Unione Europea (5,8). Ma è da segnalare soprattutto una sorta di arresto della diminuzione: dopo un calo tra il 2012 e il 2015, negli ultimi due anni l’incidenza è rimasta stabile. Numeri che confermano le preoccupazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che per questa trentesima edizione della Giornata Mondiale contro l’AIDS si chiede perché l’epidemia, cominciata nel 1982, non sia ancora terminata.

L’andamento della lotta ha comunque portato a una serie di risultati importanti, grazie al miglioramento del trattamento farmacologico, ma soprattutto dell’informazione e dell’educazione. Ciononostante, lo scorso anno, secondo le stime di UNAIDS, l’agenzia della Nazioni Uniti che si occupa di AIDS e HIV, le nuove infezioni sono state 1,8 milioni.

Andamento delle nuove infezioni dal 1990 al 2016 secondo UNAIDS. L’area verde indica la forchetta della stima

A destare maggior preoccupazione è il numero di persone che hanno contratto il virus, ma ne sono inconsapevoli: 9,4 milioni di persone che sono a maggior rischio per la propria salute. 9,4 milioni di persone con HIV ma inconsapevoli corrispondono a quasi un quarto della popolazione mondiale totale di persone con HIV (37 milioni). Una situazione che è causata da un mix di mancanza di informazione, ignoranza e stigma sociale nei confronti delle persone sieropositive. Non a caso la campagna di UNAIDS per il 2018 ha come slogan “Know your HIV status“, a sottolineare che il silenzio e l’ignoranza forniscono solamente un’arma in più all’epidemia. Per difenderci c’è solo una via, fatta di maggiore informazione e l’abbattimento della paura di sottoporsi al test.

Persone che convivono con HIV per tutte le classi d’età (UNAIDS).

La situazione italiana

I dati più recenti mostrano una netta prevalenza di nuove infezioni tra i maschi rispetto alle femmine quando ci si riferisce alla popolazione di italiani. Un dato che conferma la tendenza storica fin qui registrata. Meno distanti sono invece i valori tra maschi e femmine nella popolazione di stranieri.

In termini di diagnosi di AIDS, le prime tre regioni d’Italia risultano essere, nel 2017, Lombardia (360), Lazio (223) e Toscana (136). In generale, come riportato dal Notiziario del Ministero, il quadro storico mostra “la persistenza di un gradiente Nord-Sud nella diffusione della malattia nel nostro Paese, come risulta dall’incidenza che è mediamente più bassa nelle regioni meridionali”.

Trasmissione del virus

Per quanto riguarda la trasmissione del virus, la via sessuale si conferma quella prevalente, in accordo con le tendenze degli ultimi anni, dice il Notiziario del Ministero. A prevalere è la trasmissione a seguito di rapporti eterosessuali (45,8%, sommando maschi e femmine), sostanzialmente invariata dal 2010 a oggi. Ad aumentare, invece, è la quota relativa alla trasmissione attribuibile a rapporti sessuali tra maschi (MSM), passata dal 31,8% nel 2010 al 38,5% dello scorso anno.

Tra il 2010 e il 2017, dicono i dati del Notiziario, mostrano che tra le persone eterosessuali, la componente maschile è comunque prevalente in tutte le fasce di età e in un costante calo. Tranne che per la fascia under25, dove si registra un aumento dei casi, in particolare per le femmine: nel 2017 è addirittura doppio il numero delle nuove per le femmine rispetto a quelle per i maschi. “Nonostante il trend complessivo in diminuzione, l’osservazione di un aumento delle diagnosi in giovani sotto i 25 anni di età e l’elevata proporzione di diagnosi tardive”, scrivono gli estensori del Notiziario, “sottolineano l’opportunità di implementare politiche di prevenzione mirate a questa popolazione, in particolare tra i maschi”.

Interessanti sono le motivazioni per effettuare il test: “un comportamento a rischio costituisce il motivo per eseguire il test nel 20% delle nuove diagnosi in eterosessuali, mentre nel 40% dei maschi e nel 50% delle femmine l’effettuazione del test è legata a indagini proposte nell’ambito di servizi sanitari non correlati all’HIV”, in particolare quelli legati ai controlli per la riproduzione (gravidanza, parto, PMA e simili).


Leggi anche: Françoise Barré-Sinoussi, l’AIDS e la scoperta dell’HIV

Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

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Marco Boscolo
Science writer, datajournalist, music lover e divoratore di libri e fumetti datajournalism.it