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Gestire l’ansia guardando il lato positivo

Vedere il bicchiere mezzo pieno aiuta a ridurre l'ansia, soprattutto per chi ha minori disponibilità economiche.

RICERCA – Uno studio pubblicato sulla rivista Emotion afferma che lo status socio-economico incide molto sulla capacità di cogliere aspetti positivi anche in una situazione negativa. Secondo Claudia Haase, ricercatrice della Northwestern University a capo della ricerca, diventa sempre più importante capire quali strategie di regolazione emotiva possono portare dei benefici mentali in tutte le classi della popolazione.

Rivalutazione cognitiva

Haase e colleghi hanno analizzato il ruolo dello status economico in quelle che sono chiamate strategie di reappraisal (“rivalutazione cognitiva”). Il reappraisal si riferisce a “un processo mentale cosciente che permette di modificare l’interpretazione che si dà ad uno stimolo emotivo, con l’obiettivo di ridurre il potenziale effetto stressante”. In questo modo un individuo prova a regolare le sue emozioni, ad esempio a ridurre l’ansia, riconsiderando o acquisendo nuove prospettive su una situazione passata. Dopo una rottura sentimentale – spiega Emily Hittner, prima autrice dello studio – si può temere la solitudine. Il reappraisal cognitivo permette di gestire questa paura, perché suggerisce di sfruttare il momento per conoscere meglio se stessi, scoprire nuove passioni, riconnettersi con i vecchi amici e trovare una relazione più soddisfacente.

L’esperimento

I ricercatori hanno inizialmente condotto un esperimento in laboratorio, al quale hanno partecipato 112 persone sposate. I partecipanti hanno guardato un breve video che aveva l’obiettivo di stimolare emozioni negative (ad esempio un video in cui a una madre apprendeva della morte delle sue due figlie).  I ricercatori hanno chiesto loro di ripensare alle situazioni viste e riformularle in modo da ridurre questo tipo di emozioni. Ciascun partecipante ha anche specificato se utilizzava strategie di reappraisal nella vita quotidiana. Ha inoltre indicato il proprio reddito annuale in una scala da uno a sette (da meno di 20.000 dollari l’anno a più di 150.000). I partecipanti degli strati economici più bassi che hanno adottato la strategia cognitiva descritta hanno dichiarato di sentirsi meno ansiosi. La stessa cosa non si è verificata tra le persone degli strati più elevati.

In una seconda fase, i ricercatori hanno analizzato i dati provenienti dallo studio MIDUS – Midlife in the U.S. Il grande sondaggio telefonico, finanziato dal National Institute on Aging, ha coinvolto più di 2.000 persone, intervistate a metà degli anni ’90 e poi di nuovo dopo nove anni. I partecipanti hanno risposto a una serie di domande pensate per valutare l’uso di strategie di “rivalutazione cognitiva” e per misurare il livello di ansia. Per chi aveva utilizzato questa tecnica cognitiva, nel secondo sondaggio l’ansia era diminuita. Ancora una volta, questo riscontro si è avuto solamente nelle persone di livelli economici inferiori.

Conclusioni

In entrambi gli esperimenti, le tecniche si sono rivelate inefficaci per chi guadagna più di 35.000 dollari l’anno. Secondo Haase questa osservazione è legata al controllo che ogni persona ha nei confronti dei fattori esterni. Chi guadagna di più, ha maggiori possibilità di cambiare la situazione prima di provare ad accettarla. Le persone con disponibilità economica inferiore, al contrario, hanno minore accesso a risorse che permettono di modificare una situazione stressante. Per questo potrebbero trovare più immeditato gestire l’ansia, riformulando il loro punto di vista.

Le tecniche di reappraisal sono uno degli elementi alla base della terapia cognitivo-comportamentale, uno dei tipi di psicoterapia utilizzati più spesso per trattare i disturbi d’ansia. Secondo Emily Hittner, se l’osservazione dello studio venisse confermata, potrebbe suggerire l’uso di tecniche diverse per i pazienti con un background socio-economico più alto.

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Francesca Camilli
Comunicatrice della scienza e giornalista pubblicista. Ho una laurea in biotecnologie mediche e un master in giornalismo scientifico.