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Social media e salute mentale negli adolescenti

Nuove evidenze sul possibile rischio di sintomi depressivi legati all'uso del social network, specie fra le ragazze, arrivano da uno studio condotto su 10 mila studenti inglesi.

Si dà in qualche modo per scontato che l’uso dei social network impatti in maniera alienante sulla vita dei più giovani. Le evidenze confermano questa lettura, che fa dei social – paradossalmente – un mezzo per creare monadi impazzite invece che nodi della rete. Si parla spesso di isolamento, di mancanza di empatia, di valorizzazione dell’indifferenza. Tuttavia, non sono così noti i meccanismi clinici alla base dell’influenza negativa che i social media hanno sugli adolescenti, che pure sono importantissimi, dal momento che la salute mentale è uno dei maggiori problemi del nostro tempo. L’OCSE ha stimato che un europeo su sei soffra di una qualche forma di disagio mentale e che la probabilità che capiti a ognuno di noi una volta nella vita è del 50%.

Crediti immagine: Pixabay

A questo proposito uno studio pubblicato su The Lancet ha analizzato dati provenienti da Millennium Cohort Study del Regno Unito, che include 10.904 ragazzi di 14 anni, esaminando se l’uso dei social media è associato ai sintomi depressivi e alla prevalenza di molestie online, mancanza di sonno, autostima.

La risposta a quanto pare è affermativa: più gli adolescenti stanno online sui social, maggiore è il rischio in media che si inneschino processi di malessere e di scarsa accettazione di sé che a catena portano a un maggiore rischio di depressione. L’associazione tra uso dei social media e sintomi depressivi sembra essere maggiore fra le ragazze che fra i ragazzi. Assumendo come riferimento un uso di 1-3 ore al giorno, fra le ragazze che li usano da 3 a 5 ore si riscontra il 26% in più di sintomi depressivi, e fra coloro che usano i social per più di 5 ore al giorno l’aumento è addirittura del 50%. Fra i ragazzi le percentuali sono leggermente più basse: il 21% di sintomi depressivi in più fra chi usa i social da 3 a 5 ore al giorno e il 35% in più fra chi li usa per oltre 5 ore.

Inoltre, sia fra i ragazzi che fra le ragazze un maggiore uso dei social media è risultato correlato a un sonno meno riposante, a una peggiore accettazione del proprio corpo e a una bassa autostima in generale. A questi elementi si lega una maggiore predisposizione a essere vittima di molestie online, tutti fattori a loro volta correlati direttamente all’emergere di sintomi depressivi.
Maggiore è l’utilizzo dei social media maggiore è l’insoddisfazione del proprio peso corporeo: si è registrato il 31% in più di probabilità di insoddisfazione fra chi usa i social più di 5 ore al giorno rispetto a chi li usa per meno di 3 ore. E fra questi ragazzi è maggiore del 15% il rischio di sintomatologia depressiva.

Certamente non è facile determinare le relazioni di causa ed effetto in questo ambito: quanto siano i social network a incrementare i sintomi depressivi o quanto invece essi fossero già presenti in fase pre adolescenziale, portando essi stessi il ragazzo o la ragazza a usare più o meno lo strumento. In realtà lo studio ha osservato in questo senso che le ragazze con sintomi depressivi più precoci nell’adolescenza tendevano a non essere utenti o utenti particolarmente attivi dei social media, mentre i ragazzi erano addirittura probabilmente non utilizzatori. “Questo ci fa capire che gli schemi in atto sono complessi – spiegano gli autori – e che è importante tenere conto di questi dati nelle nostre analisi”.

La domanda resta sempre la stessa che si ponevano molti genitori dei bambini che trent’anni fa hanno vissuto il boom dell’offerta televisiva e che discutevano su come regolamentarne la fruizione: come arginare il problema? È evidente che impedire l’uso dei social network è impossibile, certamente più complesso rispetto a non permettere agli adolescenti di vent’anni fa di stare ore davanti alla televisione. Vent’anni fa era sufficiente non avere una tv in casa, oggi questo non è possibile. L’unica strada – sottolineata anche dagli stessi autori dello studio – è quella di rafforzare il ruolo delle famiglie e delle scuole nel confronto quotidiano con gli adolescenti, facendoli riflettere su come i social impattano sulla loro quotidianità. Ma il problema qui è a monte: il gap spesso molto ampio fra genitori e figli sulla conoscenza della tecnologia, che finisce per creare un solco generazionale profondo, che alimenta a sua volta la non comunicazione.
Forse dovremmo partire da lì, dall’educazione tecnologica degli adulti, che è molto di più che avere un profilo Facebook o Instagram. È ragionare su come usarlo.


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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.