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Perché l’universo è fatto di materia e non di antimateria?

L’esperimento LHCb del CERN ha osservato una violazione CP per i mesoni D0: si avvicina la spiegazione dell’asimmetria tra materia e antimateria.

LHCb, foto CERN.

Quasi 14 miliardi di anni fa, subito dopo il Big Bang, materia e antimateria formavano l’universo primordiale. Oggi invece la materia è prevalsa sull’antimateria e costituisce il cosmo così come lo conosciamo. Gli scienziati però continuano a chiedersi quali siano i processi che hanno portato a una tale asimmetria. Una domanda a cui i fisici stanno rispondendo a poco a poco, indagando i fenomeni come la violazione CP, di carica e parità, in cui le particelle e le loro antiparticelle associate mostrano una asimmetria di comportamento.

Si tratta di una asimmetria piccolissima, tanto da non essere sufficiente a spiegare perché l’universo è fatto esclusivamente di materia, motivo per cui i fisici continuano a cercare particelle che a loro volta siano soggette alla violazione CP e che potrebbero essere nuove sorgenti di questo fenomeno. Finora la violazione CP era stata osservata solo nelle particelle dette quark di tipo strange e bottom, ma l’osservazione del fenomeno anche per i mesoni D0, formati da quark di tipo charm, riapre la caccia a un intero gruppo di particelle che potrebbero essere le sorgenti delle asimmetrie.

L’annuncio della scoperta che promette di riscrivere la storia della fisica delle particelle è stato dato il 21 marzo dai ricercatori della collaborazione LHCb presso il CERN di Ginevra, che è coordinata dai ricercatori dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN) di Bologna, in un doppio evento: alla conferenza Rencontres de Moriond 2019 e in un seminario dedicato e organizzato proprio presso il CERN dove si trova il Large Hadron Collider (LHC).

Eckhard Elsen, direttore del Research and Computing del CERN, ha commentato in un comunicato: “Il risultato rappresenta una pietra miliare nella storia della fisica delle particelle. Fin dalla scoperta del mesone D oltre 40 anni fa, i fisici delle particelle hanno sospettato che potesse essere una delle particelle che rientra nella violazione CP, ma è solo utilizzando un ricco campione di dati raccolti da LHC che la collaborazione LHCb è stata finalmente in grado di osservarla”.

Cos’è la violazione CP

Immaginate di avere una particella e di voler visualizzare la sua antiparticella. Essa sarà identica alla particella originale ma varierà solo per la carica, opposta: proprio come se l’una fosse l’immagina speculare dell’altra. Una simmetria definita CP nel Modello standard, ma che non sempre viene rispettata. Le interazioni deboli hanno permesso di osservare infatti delle particelle in cui si verifica una violazione CP, cioè dove si verifica una differenza di comportamento tale da produrre una asimmetria tra materia e antimateria.

La violazione CP. Immagine CERN

I primi a osservare questo effetto nel 1964 sono stati i fisici James Cronin e Val Fitch nei laboratori di Brookhaven negli Stati Uniti. Osservando il decadimento delle particelle chiamate mesoni K neutri, i due fisici hanno scoperto la violazione di CP, una simmetria che fino ad allora si riteneva non potesse essere violata. Questa scoperta gli valse il premio Nobel nel 1980, ma soprattutto richiese di scrivere una nuova teoria sulla fisica delle particelle che tenesse conto anche di questo inaspettato effetto.

I primi a fornire un contributo teorico che aiutasse a descrivere il fenomeno sono stati nei primi anni Settanta i fisici Nicola Cabibbo, Makoto Kobayashi e Toshihide Maskawa, che inclusero la violazione CP nel Modello standard della fisica delle particelle a condizione che in natura esistessero almeno sei diverti tipi di quark. Il loro lavoro arrivò alla definizione di una matrice Cabibbo-Kobayashi-Maskawa, nota anche come matrice CKM, che descrive il mescolamento dei quark. L’idea fu confermata circa 30 anni dopo quando gli esperimenti BaBar negli Stati Uniti e Belle al KEK in Giappone osservarono la violazione CP anche nei decadimenti delle particelle quark di tipo beauty. Una matrice che valse ai suoi autori il premio Nobel per la fisica nel 2008 a Kobayashi e Maskawa.

I quark possono essere suddivisi in due categorie: quelli di tipo up, che hanno carica +2/3 e sono chiamati up, charm e top; quelli di tipo down, con carica di -1/3, come i down, strange e beauty. Gli esperimenti dagli anni Sessanta ad oggi aveva osservato la violazione CP sono per strange e beauty, cioè per quark di tipo down.

Osservare la violazione anche per i mesoni D0, che sono formati da quark charm, offre nuove sorgenti di asimmetria. Matteo Palutan, ricercatore dei Laboratori Nazionali INFN di Frascati e rappresentante nazionale della collaborazione LHCb, ha commentato in un comunicato: “Questa teoria spiega tutti gli effetti di violazione di CP finora noti nella fisica delle particelle ed è stata ulteriormente confermata da altre misure, molte ottenute dall’esperimento LHCb. La stessa teoria prevede anche la minuscola violazione di CP nei decadimenti delle particelle charm che finalmente siamo riusciti a provare sperimentalmente con questa misura”.

LHCb a caccia di mesoni D0 e anti-D0

“Abbiamo realizzato una misura di altissima precisione e che ha richiesto un lunghissimo lavoro. La differenza di comportamento tra le particelle D0 e le corrispondenti antiparticelle è infatti molto piccola e abbiamo avuto bisogno di produrre e ricostruire decine di milioni di loro decadimenti per poterla osservare e misurare con precisione”, ha spiegato in un comunicato Angelo Carbone, professore dell’Università di Bologna.

Il team di ricercatori di LHCb ha analizzato i dati raccolti da LHC tra il 2011 e il 2018 a caccia dei decadimenti del mesone D0 e della sua antiparticella in kaoni o pioni. Il risultato ottenuto ha una significatività statistica pari a 5.3 deviazioni standard, un valore che supera la soglia di errore di 5 sigma convenzionalmente adottata dai fisici delle particelle per poter “gridare” alla scoperta.

Giovanni Passaleva, dell’INFN di Firenze e portavoce della collaborazione LHCb, ha spiegato: “Cercare pioni e kaoni nei decadimenti delle particelle D0 in un campione di dati così enorme ci ha dato la sensibilità necessaria a misurare anche il piccolissimo ammontare di violazione CP atteso dalla teoria proprio per questi decadimenti. La scoperta apre un nuovo campo di studi per la fisica delle particelle: la comprensione degli effetti della violazione di CP anche nella categoria di quark di tipo up”.

Violazione CP e universo di sola materia

Osservare e misurare la violazione CP e l’asimmetria che essa produce non è stato un lavoro facile, come spiega in un comunicato Vincenzo Vagnoni, responsabile del gruppo LHCb della Sezione INFN di Bologna: “L’osservazione di questo fenomeno, previsto dalla teoria ma sfuggito fino ad oggi alla conferma sperimentale, rappresenta per la fisica delle particelle il raggiungimento di una nuova pietra miliare. Si tratta di una misura complessa: per realizzarla è stato necessario progettare e costruire strumenti di indagine potenti come l’acceleratore LHC e il nostro rivelatore LHCb, e ci sono voluti quasi dieci anni di lavoro da parte del nostro gruppo di ricerca”.

A oggi l’entità della violazione CP osservata nelle interazioni del Modello standard è troppo piccola per spiegare lo squilibrio tra materia e antimateria che osserviamo in natura. Questo implica che esistono altri processi, ancora sconosciuti, che provocano una maggiore asimmetria. La scoperta della collaborazione LHCb non è un punto di arrivo sulla questione, ma un punto di partenza. Il primo passo sarà quello di rinnovare il lavoro teorico e valutare quale sarà l’impatto della misura sulla descrizione fornita dalla matrice CKM nel Modello standard e nella descrizione della realtà, fisica. Il secondo invece apre la caccia all’asimmetria anche in una nuova categoria di particelle, ampliando così il numero di possibili sorgenti da indagare con nuovi esperimenti.


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

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Veronica Nicosia
Aspirante astronauta, astrofisica per formazione, giornalista scientifica per passione. Laureata in Fisica e Astrofisica all'Università La Sapienza, vincitrice del Premio giornalistico Riccardo Tomassetti 2012 con una inchiesta sull'Hiv e del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica Giancarlo Dosi 2019 nella sezione Under 35. Content manager SEO di Cultur-e, scrive di scienza, tecnologia, salute, ambiente ed energia. Tra le sue collaborazioni giornalistiche Blitz Quotidiano, Oggiscienza, 'O Magazine e Il Giornale.