STRANIMONDI

Love, Death & Robots: dalla fiaba moderna all’immaginario cyberpunk

 

Secondo la metafora pugilistica dello scrittore Julio Cortázar, il romanzo vince ai punti mentre il racconto deve vincere per knock out tecnico, mettendo al tappeto, possibilmente in poco tempo, il lettore. Fatte le debite proporzioni tra libri e serie televisive, Love, Death & Robots sceglie di giocare il ruolo del racconto nella metafora di Cortázar, dando corpo a una rassegna antologica composta da un nutrito gruppo di ko tecnici. Diciotto episodi rapidi, violenti, emozionanti, sanguinari, alcuni deboli, ma tutti ricchi di citazioni e riferimenti.

Love, Death & Robots è una serie animata, anche anche se questo termine è da intendersi in senso estremamente ampio: si va dai cartoni classici alla computer grafica passando per le graphic novel. I temi e le ambientazioni spaziano in lungo e in largo tra la fiaba postmoderna e l’immaginario cyberpunk. La serie, vietata ai minori di diciotto anni, riprende idealmente il filo di Animatrix, film del 2003 composto di cortometraggi che approfondiva lo sguardo sull’universo presentato dal film del 1999 delle sorelle Wachowski. Tutti gli episodi di Love, Death & Robots sono tratti da racconti di autori fantascientifici, come Joe Lansdale, John Scalzi, Ken Liu, ma non mancano i riferimenti a film, videogiochi, serie televisive.

Procediamo con una rassegna composta dagli episodi della serie creata da Tim Miller (regista di Deadpool) e prodotta da David Fincher (regista di Seven) più legati a scienza e tecnologia.

“Tre robot”

Prendete tre turisti in giro per una città devastata in un futuro post-apocalittico, tutti intenti a fotografare ciò che resta di edifici e di innumerevoli scheletri umani. I tre turisti sono i tre robot che danno il titolo all’episodio, tratto da un racconto di John Scalzi. I tre robottini infarciscono la loro visita di domande sugli usi e costumi degli umani, passando da cose di poco conto a domande sul senso della (nostra) vita. Si interrogano su come funzioni una palla da basket – miracolosamente gonfia dopo l’apocalisse – e su come si siano estinti gli umani, ironizzando anche sul fatto che colui che li aveva progettati non fosse poi questo talento.

“Venivano da un brodo” precisa uno dei tre robot, come a dire: cosa puoi aspettarti da essere generati non da un creatore, ma dalle contingenze dell’evoluzione? Il tono leggero e rilassato del dialogo dei tre robot, oltre a parlare in modo intelligente e allusivo di evoluzione darwiniana, riesce anche a minare alle basi le vanità di Homo sapiens: culmine della creazione? Macché, bizzarro animale pieno di acido che serve a diluire cibo infilato in un orifizio, senza nemmeno la firma del suo creatore nel codice genetico. Inoltre, chiedendosi perché l’essere umano si fosse estinto, uno dei robot risponde con una schietta, durissima, verità. “Si sono fottuti con le loro mani perché erano un branco di coglioni”. Il finale, poi, rimescola le carte con uno scenario degno di Alfred Hitchcock, solo che al posto degli uccelli ci sono tantissimi gatti: loro sì che sono il culmine della creazione.

“Oltre aquila”

Basato sul racconto breve di Alastair Reynolds, astrofisico e scrittore di fantascienza, Oltre aquila è notevole sul piano della grafica. Animazione molto vicina al videogame e di alto livello, soprattutto nella resa dei dettagli anatomici in una scena di sesso estremamente vivida e destinata a far parlare di sé. L’episodio racconta il viaggio nello spazio profondo di un equipaggio che, a seguito dell’ibernazione per poter sopravvivere, si risveglia fuori rotta e lontanissimo da casa. L’immaginario è quello visto anche in molti film recenti, ma il finale – che per essere compreso a fondo forse necessita di un paio di replay – è un evidente tributo a Matrix.

“Buona caccia”

Probabilmente l’episodio migliore, emblema anche della visione di scienza, tecnologia e progresso della serie, tratto dal racconto breve di Ken Liu. L’episodio evoca l’immaginario fiabesco dei capolavori animati del maestro Hayao Miyazaki, anche se con diverse concessioni allo splatter di Quentin Tarantino in Kill Bill, in particolare alla memorabile scena della battaglia sulla neve tra Uma Thurman e Lucy Liu. “Buona caccia” parla di magia e tecnica, una tecnica che fagocita la magia e le creature fantastiche come Yan, una donna-volpe co-protagonista dell’episodio.

Con il dominio della tecnica, le città diventano piene di fumi e metalli, ingranaggi e meccanismi che stritolano l’antica sapienza e il rarefatto mondo che fu. Tuttavia, i protagonisti ritroveranno la magia proprio grazie alla tecnica. Presente e passato sono così alleati, non contrapposti in duelli ideologici. Il progresso tecnico e gli antichi saperi convivono per realizzare la giustizia: nessun conflitto con “i bei vecchi tempi”, nessun vagheggiamento ad Arcadia, la magia può sopravvivere anche grazie alla scienza in una Hong Kong enorme, buia e meccanica.    

“Dare una mano”

Episodio tra i più brevi, solo dieci minuti, ma ricchi di tensione e di pathos. Un piccolo manuale di scrittura creativa: cosa faresti se ti ritrovassi in grossi guai – ovvero con pochissimo ossigeno rimasto – mentre ripari una stazione spaziale e stai andando alla deriva nello spazio? L’episodio, tratto da un racconto di Catherine Griggs, conferma la capacità di mettere in scena ambientazioni dove vige una cura maniacale del dettaglio. In questo episodio, ve lo garantiamo, il ko tecnico è assicurato.

“L’era glaciale” e “Il dominio dello yogurt”

Chiudiamo con due piccoli esercizi di stile, fortemente debitori di altra fantascienza animata. In un episodio di Halloween dei Simpson, Lisa genera casualmente un micromondo grazie a un dente da latte e un po’ di Coca Cola. In questo episodio una coppia apre il freezer e scopre fra l’abbondante ghiaccio un micromondo umano dell’alto medioevo. Tuttavia lo scorrere del tempo procede rapido e in pochi minuti i due fidanzati ammirano l’era moderna, la bomba atomica e il futuro.

L’episodio rimane un po’ incompiuto, sia a livello di sviluppo sia a livello di capacità di approfondimento: manca lo sguardo fulmineo e ironico dell’episodio dei tre robottini e il finale un po’ nietzschiano è abbastanza prevedibile. Più divertente è “Il dominio dello yogurt”, che racconta di come un Lactobacillus super intelligente ha risolto il debito pubblico mondiale diventando dapprima governatore dell’Ohio poi padrone del globo. Ora aspettiamo solo che il super yogurt incontri Cetriolo Rick in un episodio crossover con l’altra gemma fantascientifica targata Netflix, ovvero Rick and Morty, serie dalla quale “Il dominio dello yogurt” trae probabilmente ispirazione.


Leggi anche: Il soliloquio di IO

Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia. 

Condividi su
Enrico Bergianti
Giornalista pubblicista. Scrive di scienza, sport e serie televisive. Adora l'estate e la bicicletta.