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Isole, luoghi chiave per ridurre le estinzioni

Eradicare animali invasivi come ratti e gatti dalle aree insulari è particolarmente efficace per tutelarne la biodiversità. Un nuovo progetto ha individuato 169 isole per iniziare.

Pozze di marea alle Galapagos, fotografia di Anne Dirkse, CC BY-SA 4.0

Pur coprendo solo poco più del cinque per cento della superficie terrestre, le isole sono un luogo chiave per la lotta contro la perdita di biodiversità, una perdita talmente allarmante da portare gli esperti a parlare di sesta estinzione di massa. Le isole rappresentano infatti luoghi ricchi di biodiversità, con ecosistemi unici al mondo in cui vivono specie spesso endemiche, che non si trovano altrove. Contemporaneamente, sono hotspot della perdita di specie: è sulle isole che si registra il più alto tasso di estinzione di rettili, uccelli e mammiferi.

La ragione è da ricondursi alla presenza di specie aliene invasive come ratti e gatti che, arrivate con gli umani in queste aree accidentalmente o volontariamente, hanno messo a serio rischio le specie endemiche, poco adattate ai predatori, o non in grado di competere con i nuovi arrivati per le risorse alimentari, o ancora colpite da infezioni sconosciute nel territorio.

Un nuovo studio, pubblicato su PLOS ONE e condotto da ricercatori afferenti a oltre 40 istituzioni (tra cui l’Istituto per la protezione ambientale, ISPRA, italiano, BirdLife International e Island Conservation), evidenzia che l’eradicazione delle specie aliene invasive può essere un elemento fondamentale per la conservazione della biodiversità e identifica le isole in cui i progetti possono essere messi in atto.

1.200 isole per 1.184 specie

Gli autori dello studio hanno analizzato i dati relativi a oltre 1.200 isole su cui vivono 1.184 specie (tra rettili, mammiferi e uccelli) classificate come endangered o critically endangered nella Lista Rossa stilata dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), la più ampia fonte d’informazioni sullo status di conservazione a livello globale di animali, piante e funghi. Dall’analisi, e tenendo in considerazione la fattibilità socio-politica, i ricercatori hanno quindi identificato 107 isole per le quali i progetti di eradicazione sono prioritari e possono partire dal 2020 e 62 sulle quali sono da iniziare entro il 2030.

Le strategie di eradicazione in queste aree migliorerebbero le prospettive di sopravvivenza del 9,4% dei vertebrati più a rischio al mondo (111 specie su 1.184). «Attraverso la Convenzione sulla Biodiversità e gli Obiettivi per uno Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, la comunità globale ha concordato di fermare la perdita di biodiversità e di evitare le estinzioni delle specie a rischio entro il 2020», dice in un comunicato Piero Genovesi, co-autore dello studio e ricercatore all’ISPRA, in un comunicato. «L’eradicazione di specie aliene invasive dalle isole prioritarie fornirebbe un contributo significativo verso il raggiungimento di questo importante obiettivo».

Tra le isole per le quali sono state individuate le opportunità di recupero vi sono l’isola di Floreana, Gough Island e Alejandro Selkirk Island. La prima ospita, tra gli altri, il petrello delle Galapagos (Pterodroma phaeopygia), un uccello marino che depone le uova in tane a terra, facile preda per gatti selvatici e ratti, entrambi compresi nella lista delle 100 peggiori specie aliene invasive stilata dallo IUCN.

Gough Island è invece un’isola remota dei Territori d’oltre mare britannici, nell’oceano Atlantico meridionale, tra Sudamerica e Sudafrica; rappresenta un’importante colonia di uccelli marini, tra cui l’albatro di Tristan (Diomedea dabbenena) e il fringuello di Gough (Rowettia goughensis), ambedue endemici e indicati come critically endangered dallo IUCN. Per queste due specie, la minaccia principale è rappresentata dal topo domestico, che preda i pulcini. Per il raydito di Masafuera (Aphrastura masafuerae) dell’Alejandro Selkirk Island (Cile), invece, il rischio di estinzione non è legato solo alla presenza di gatti e ratti, ma anche a quella delle capre che, distruggendo la vegetazione, ne degradano l’habitat.

Eradicare per proteggere

Diversi studi (qui un esempio) hanno già dimostrato l’efficacia dell’eradicazione delle specie aliene invasive per la tutela della biodiversità, spesso con risultati, in termini demografici o di distribuzione della specie, straordinariamente rapidi. Un buon esempio è l’isola di Montecristo in Italia, dove i ratti sono stati eradicati nel 2012; dall’anno successivo è esploso il successo di nidificazione della berta minore (Puffinus yelkouan), un uccello marino che nidifica solo nel Mediterraneo.

Il lavoro pubblicato su PLOS ONE, combinando dati tra il rischio di estinzione, le opportunità di conservazione e gravità dell’impatto delle specie aliene, fornisce importanti indicazioni su dove è possibile agire, a livello globale, per iniziare le strategia di eradicazione e cercare, rispettando le indicazioni della Convenzione sulla Biodiversità, di tutelare le specie a rischio e combattere così le estinzioni. Come avvertono gli autori, comunque, è importante che la pianificazione delle strategie di conservazione sia specifica per le diverse isole e inserita nel contesto del loro ecosistema per valutarne l’effettiva fattibilità.


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

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Anna Romano
Biologa molecolare e comunicatrice della scienza, amo scrivere (ma anche parlare) di tutto ciò che riguarda il mondo della ricerca.