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Karen Keskulla Uhlenbeck, la più importante matematica vivente

Nel 2019 ha vinto il premio Abel: è nota anche per il suo impegno nel favorire la formazione dei giovani e l’ingresso delle donne nel mondo accademico.

“Sin dai miei giorni a Berkeley, la questione femminile è stata al centro dei miei pensieri. Rimango piuttosto delusa dal numero di donne che fanno matematica e che si trovano in posizioni di leadership. Questo fatto, a mio avviso, è dovuto principalmente al modo di pensare della comunità dei matematici e alle pressioni esterne da parte della società nel suo complesso. Cambiare l’atteggiamento e la cultura delle persone è un compito decisamente più importante rispetto ai risultati che ho raggiunto col mio lavoro”.

Queste parole, pronunciate da Karen Keskulla Uhlenbeck nel 2007, in occasione della consegna del premio Steele da parte dell’American Mathematical Society, sono emblematiche non solo dell’ironia e dell’umiltà di una grande matematica, ma anche della lucidità di pensiero di una donna consapevole della necessità di lottare per il raggiungimento di una piena parità di genere.

Fotografia: University of Texas, Austin

Il 19 marzo 2019 Karen Keskulla Uhlenbeck ha vinto il premio Abel. Assegnato ogni anno dall’Accademia Norvegese delle Scienze e delle Lettere, l’Abel è uno dei più prestigiosi riconoscimenti mondiali in ambito matematico. La scelta del vincitore si basa sulle indicazioni di un comitato composto da cinque matematici riconosciuti a livello internazionale. Istituito nel 2002, in occasione del duecentesimo anniversario dalla nascita del matematico Niels Henrik Abel, fino allo scorso anno era stato assegnato a diciannove persone. Tutti uomini.

Quest’anno, per la prima volta, è andato a una donna. Uhlenbeck ha vinto il premio “per i suoi risultati pionieristici nelle equazioni differenziali alle derivate parziali geometriche, nella teoria di gauge e nei sistemi integrabili e per l’impatto fondamentale del suo lavoro sull’analisi, la geometria e la fisica matematica”.

Karen Keskulla Uhlenbeck è considerata a pieno titolo la più importante matematica vivente, e questo riconoscimento certifica in modo definitivo la sua grandezza. Oltre che per i suoi contributi teorici, è conosciuta per le sue attività volte a diffondere la cultura matematica tra i ragazzi e a favorire l’ingresso delle donne nel mondo accademico. È co-fondatrice del Park City Mathematics Institute, importante centro per la formazione di giovani matematici, e del programma Women and Mathematics dell’Institute for Advanced Studies di Princeton, creato nel 1994 per promuovere la presenza femminile in questo settore.

I primi anni

Karen Keskulla nasce a Cleveland, Ohio, nel 1942. Il padre fa l’ingegnere, la madre è artista e insegnante. Prima di quattro figli, da bambina ama la solitudine e la lettura, trascorre le sue serate in biblioteca e a scuola porta spesso con sé un libro da leggere di nascosto sotto il banco. Tra i generi che apprezza di più ci sono i saggi di divulgazione scientifica, in particolare i libri di astrofisica. A dodici anni divora i testi di Fred Hoyle e si emoziona leggendo “One Two Three… Infinity, Facts and Speculations of Science” di George Gamow, in cui si parla dell’esistenza di diversi tipi di infinito.

Si iscrive alla facoltà di fisica dell’Università del Michigan, ma dopo aver seguito il corso introduttivo di matematica si innamora della bellezza e dell’eleganza di questa disciplina e decide di cambiare indirizzo. Consegue una prima laurea nel 1964. Successivamente entra al Courant Institute of Mathematical Sciences della New York University, ma dopo il matrimonio col biofisico Olke C. Uhlenbeck si trasferisce nel Massachusetts e prosegue i suoi studi alla Brandeis University, dove nel 1966 ottiene la laurea specialistica e due anni dopo il dottorato di ricerca, sotto la guida del matematico Richard Palais.

La carriera

Nel 1968, Karen Keskulla Uhlenbeck ottiene un incarico temporaneo al Massachusetts Institute of Technology, quindi nei due anni successivi viene assunta come docente a tempo determinato a Berkeley. In questo periodo cerca di ottenere una posizione permanente, ma tutti i tentativi si rivelano infruttuosi. “Le università interessate a mio marito – MIT, Stanford e Princeton –  non avevano alcun interesse ad assumere anche me. Dicevano che non assumevano donne, che le donne dovevano restare a casa e avere bambini”.

Costretta a ripiegare su università meno prestigiose, Uhlenbeck ottiene un posto presso l’Università dell’Illinois a Urbana-Champaign, in cui resta dal 1971 al 1976, anno in cui si trasferisce all’Università dell’Illinois a Chicago, dove finalmente ottiene un incarico da professore ordinario.

In questo periodo e nel corso degli anni Ottanta si occupa delle teorie di gauge, modelli matematici fondamentali per la comprensione di problemi che riguardano diversi ambiti della fisica teorica, ed è tra i fondatori dell’analisi geometrica, disciplina che utilizza la geometria differenziale per studiare le soluzioni alle equazioni differenziali; utilizzate con lo scopo di descrivere fenomeni fisici come la propagazione del suono o la meccanica dei fluidi, queste equazioni si rivelano importanti anche in altri ambiti, per esempio nella definizione della nozione di curvatura e delle diverse configurazioni che possono assumere le forme nello spazio. Il suo lavoro sul calcolo delle variazioni, inoltre, contribuisce in modo significativo alla comprensione delle cosiddette superfici minime, come quelle che caratterizzano le bolle di sapone, in cui la superficie è minimizzata mentre il volume è massimizzato.

Eletta membro dell’American Academy of Arts and Science nel 1985 e della National Academy of Science nel 1986, dal 1988 Karen Keskulla Uhlenbeck lavora presso l’Università del Texas ad Austin, di cui oggi, all’età di 76 anni, è professore emerito.

Harald V, re di Norvegia, le consegnerà il premio Abel il prossimo 21 maggio.


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia. 

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Simone Petralia
Giornalista freelance. Amo attraversare generi, discipline e ambiti del pensiero – dalla scienza alla fantascienza, dalla paleontologia ai gender studies, dalla cartografia all’ermeneutica – alla ricerca di punti di contatto e contaminazioni. Ho scritto e scrivo per Vice Italia, Scienza in Rete, Micron e altre testate. Per OggiScienza curo Ipazia, rubrica in cui affronto il tema dell'uguaglianza di genere in ambito scientifico attraverso le storie di scienziate del passato e del presente.