ANIMALIDOMESTICIRUBRICHE

Cioccolato e altri alimenti tossici per cani e gatti

Di fronte a miagolii strazianti e occhi supplicanti capita di concedere un bocconcino di troppo, pericoloso per il nostro pet. Ma alcuni alimenti nocivi per loro si trovano anche dove non ce li aspettiamo.


Tra le molte cose che condividiamo con i nostri animali domestici, dal divano alle passeggiate, quella cui è bene prestare attenzione è l’alimentazione. Cani e gatti di casa possono essere abilissimi a farsi passare un bocconcino proibito, chi con miagolii strazianti chi con uno sguardo che non può che essere definito implorante. Tuttavia, anche se la lunga storia di co-evoluzione che condividiamo può aver ampliato il menù dei nostri animali (ad esempio, come OggiScienza ha ricordato in quest’articolo, il cane ha numerose copie di un gene coinvolto nella digestione dell’amido), vi sono alimenti che restano off-limits.

Cani, gatti e cioccolato

Tra questi, il più noto è sicuramente il cioccolato. Il cacao, così come le foglie di tè e i semi di caffè, contiene degli alcaloidi naturali della famiglia delle metilxantine, in particolare caffeina, teofillina e teobromina. Quest’ultima è la più abbondante nel cioccolato, sebbene si possano trovare anche piccole dosi di caffeina, che contribuiscono allo sviluppo dei sintomi clinici. La teobromina agisce da stimolante del sistema nervoso e cardiocircolatorio e può essere letale per cani e gatti, che non sono in grado di metabolizzarla con la nostra  stessa efficienza.

In particolare, gli enzimi responsabili dello smaltimento delle metilxantine, che appartengono alla famiglia dei citocromi P450 e sono coinvolti nel metabolismo di molte diverse sostanze, risultano meno attivi in cani e gatti. Una review del 2013 evidenzia come le variabilità inter-individuali in termini di espressione e funzionamento di questi enzimi osservate nella nostra specie siano probabilmente presenti anche negli animali d’importanza veterinaria; in alcune razze canine, tra cui beagle e irish wolfhound, è comune la mancanza completa della funzionalità dell’enzima.

«Cani e gatti non riescono a smaltire le metilxantine con la stessa efficienza dell’uomo; queste sostanze restano dunque nell’organismo, causando un’intossicazione con vari sintomi. Quelli prevalenti sono gastroenterici, con vomito e diarrea, ma nei casi più gravi si presentano anche alterazioni del ritmo cardiaco, tremori, sintomi neurologici e crisi convulsive che possono portare alla morte dell’animale», spiega a OggiScienza la veterinaria nutrizionista genovese Alice Cardente.

«I primi sintomi possono insorgere già a due-tre ore dall’ingestione (più comunemente tra le sei e le 11), quando è avvenuto lo svuotamento gastrico e la teobromina comincia a essere assorbita a livello intestinale, ma ogni caso presenta differenze a seconda della taglia dell’animale, della quantità e del tipo di cioccolato ingerito. Il cioccolato fondente, ad esempio, contiene più cacao e quindi più teobromina rispetto a quello al latte o bianco, ma vi possono essere differenze anche a seconda del produttore e del tipo di cacao che utilizza».

Secondo quanto riportato dal Merck Veterinary Manual, la dose letale di teobromina e caffeina per un cane è tra i 100 e i 200 mg per chilo di peso; tuttavia, può non essere semplice stabilire il contenuto di teobromina per una tavoletta di cioccolato, perché varia a seconda delle percentuali e del tipo di cacao contenuto, nonché dalla lavorazione. In rete si possono trovare diversi “calcolatori per cioccolata”: il sito petMD, una delle principali library online per la salute degli animali domestici, propone ad esempio il “Dog Toxicity Meter“, che offre un’indicazione di quanto risulti tossica la dose assunta tenendo in considerazione i parametri di peso dell’animale, quantità e tipo di cioccolato ingerito.

Sebbene possano essere strumenti utili per farsi un’idea dei livelli di tossicità, non sono certo i primi cui rivolgersi quando ci si accorge che il proprio cane o gatto ha ingerito del cioccolato.

«In clinica, il fattore tempo può fare la differenza per la salute dell’animale», spiega ancora Cardente. «Se il cane arriva a poco distanza di tempo dall’ingestione, il veterinario ha la possibilità di indurre subito il vomito per eliminare la molecola tossica; superate le due-tre ore dall’ingestione bisognerà invece fare un profilo ematochimico, valutare la presenza di alterazioni epatiche e monitorare il ritmo cardiaco per stabilire il trattamento sintomatico e di supporto. Inoltre, sebbene non esista un antidoto alle metilxantine, è possibile somministrare all’animale sostanze, come il carbone attivo, in grado di ridurre l’assorbimento di metilxantine ».

«L’intossicazione da cioccolato è tra quelle che si vedono più di frequente in clinica», continua la veterinaria. «In parte per ragioni di stagionalità, perché nei periodi di Natale o Pasqua tendiamo ad averne di più in casa, in parte per ragioni culturali: la maggior parte dei proprietari è consapevole che si tratta di un alimento tossico per gli animali domestici, ed è quindi più facile che si rivolga al veterinario curante se si rende conto che il proprio pet l’ha ingerito».

«Anche se i sintomi sono gli stessi, l’intossicazione nei gatti è decisamente più rara che nei cani», spiega ancora Cardente. «La causa è nel diverso approccio alimentare dei due animali: il gatto è molto più cauto nell’approcciare un cibo che non conosce, lo indaga a lungo e non è detto che lo assaggi. Il cane, al di là delle differenze individuali, tende invece a buttar giù rapidamente qualsiasi cosa ritenga appetibile».

A ciò si aggiunge il fatto che i gatti non sono predisposti alla percezione del gusto dolce, per cui, anche se possono assaggiare per curiosità piccole quantità di cioccolato, questo non è un alimento abbastanza goloso da spingerli ad assumerne dosi tossiche.

Non solo cioccolato

Tra gli alimenti d’impiego comune, il cioccolato non è l’unico pericoloso per cani e gatti. Gli ortaggi del genere Allium come cipolla, aglio, scalogno e porro contengono composti contenenti zolfo stabili ad alte temperature (per cui non sono degradati dalla cottura) che vengono metabolizzati dall’organismo a tiosolfati. Questi ultimi sono trasformati in molecole, come l’n-propenil sulfuro, tossiche per l’animale. Si tratta di agenti ossidanti che riducono l’attività della glucosio-6-fosfato deidrogenasi, un enzima che ha un fondamentale ruolo protettivo contro i danni ossidativi ed è contenuto in quantità particolarmente elevate negli eritrociti.

In mancanza del glucosio-6-fosfato deidrogenasi, l’emoglobina contenuta negli eritrociti va incontro a ossidazione e denaturazione, precipita formando quelli che vengono definiti “corpi di Heinz” e determina emolisi, cioè la rottura dei globuli rossi. La dose tossica, cui si possono osservare importanti cambiamenti ematologici, è specie-specifica e indicata come 5gr/kg per i gatti e 15gr/kg per i cani.

«Anche in questo caso, i primi sintomi sono gastrointestinali; nell’arco di pochi giorni si possono vedere gli effetti dell’anemia emolitica, come la difficoltà a respirare e l’impallidire delle mucose; nei casi più gravi è necessario ricorrere alle trasfusioni di sangue», spiega Cardente. «L’intossicazione con gli ortaggi del genere Allium è frequentemente legata, più che all’ingestione accidentale, alla somministrazione di omogeneizzati o brodi di carne da parte dei proprietari. Chi ha un cane o un gatto inappetente, infatti, spesso sceglie delle diete fai-da-te e offre all’animale gli alimenti per neonati, facili da somministrare, senza considerare che spesso contengono aglio o cipolla in polvere».

Tra gli altri alimenti tossici per cani e gatti che frequentemente si trovano in casa vi sono lo xilitolo contenuto nei chewing-gum, che determina un rapido innalzamento della glicemia con aumento dei livelli di insulina e conseguente ipoglicemia ma anche danno epatico, che evolve nell’insufficienza dell’organo, e l’alcol, assunto non solo da un bicchiere di vino abbandonato ma anche alimenti fermentati, come frutta o pane non cotto. Inoltre, alla lista vanno aggiunte l’uva e l’uvetta passa, per le quali negli ultimi anni sono aumentati i report di casi d’intossicazione.

Il meccanismo e le molecole coinvolte non sono ancora note, ma nei cani (non vi sono per ora segnalazioni sui gatti) l’ingestione di questo frutto può causare insufficienza renale; non si ha una chiara relazione dose-risposta. Inoltre, gli effetti tossici dell’uva e dell’uvetta sembrano essere individuo-specifici, e non tutti i cani presentano sintomi d’intossicazione; è comunque meglio non rischiare, evitare di offrire questo frutto e, per chi vive in prossimità di una vigna, stare attenti a impedire al cane d’ingerirlo. Infine, ricordiamo l’avocado, che contiene persina, una tossina fungicida pericolosa non solo per cani e gatti ma anche per altri animali domestici, come conigli, topi e uccelli, cavalli; e le noci di Macadamia, tossiche per i cani, che agiscono con un meccanismo ignoto su muscoli, sistema digerente e nervoso.

«Se ci si accorge che il cane o il gatto hanno ingerito uno di questi alimenti, la cosa migliore da fare è rivolgersi subito al veterinario. Molti proprietari tentano di agire da soli, inducendo il vomito all’animale, ma è importante che anche questa pratica sia eseguita in maniera corretta; inoltre, è fondamentale che vi sia un clinico in grado di valutare la situazione con analisi specifiche, per stabilire se e quali trattamenti siano necessari», conclude Cardente.


Leggi anche: La genetica del comportamento nel cane

Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Condividi su
Anna Romano
Biologa molecolare e comunicatrice della scienza, amo scrivere (ma anche parlare) di tutto ciò che riguarda il mondo della ricerca.