RICERCANDO ALL'ESTERO

L’importanza del metabolismo nel glioblastoma multiforme

Le caratteristiche del microambiente tumorale si possono sfruttare nel percorso di diagnosi e nella ricerca di nuovi bersagli per la terapia.

Il glioblastoma è uno dei più aggressivi e maligni tumori che colpiscono il cervello. Si forma da un particolare tipo di cellule della glia chiamate astrociti, la cui funzione è quella di dare supporto ai neuroni. Le cause di questo tumore non sono ancora del tutto conosciute e purtroppo la diagnosi arriva spesso a uno stadio molto avanzato della malattia; i sintomi più comuni sono forti mal di testa, problemi di equilibrio, nausea e amnesie. La terapia consiste principalmente nella rimozione chirurgica della massa tumorale e in cicli di radioterapia e chemioterapia.

Consuelo Torrini, la nuova protagonista della rubrica Ricercando all’Estero, è alla Columbia University di New York per studiare il glioblastoma multiforme di IV grado, una forma di glioblastoma particolarmente aggressiva. La ricerca di Torrini è focalizzata sul metabolismo di questo tumore, cioè su tutti quegli scambi di sostanze ed energia che permettono alle cellule tumorali di sopravvivere e proliferare.


Nome: Consuelo Torrini
Età: 30 anni
Nata a: Firenze
Vivo a: New York, Stati Uniti
Dottorato in: Life sciences conseguito a Trieste
Ricerca: Il microambiente tumorale del glioblastoma
Istituto: Department of Pathology and Cell Biology, Columbia University
Interessi: Letteratura, viaggiare, scrivere, arte
Di New York mi piace: La grande concentrazione di personaggi di eccellenza
Di New York mi piace: Le disparità sociali
Pensiero: Qualunque cosa sogni di intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia (J. W. von Goethe)


Quali sono le caratteristiche del metabolismo delle cellule tumorali?

Le cellule tumorali hanno una biologia molto particolare perché sono capaci di usare al massimo tutte le sostanze nutritive che trovano nell’ambiente circostante e di competere con le cellule non tumorali per l’apporto di nutrienti. Sono, infatti, in grado di assorbire molto velocemente tutto ciò che trovano all’esterno, di fatto sottraendolo alle altre cellule, e di metabolizzare immediatamente i nutrienti per ottenere l’energia necessaria alla loro incontrollata proliferazione.

Inoltre, le cellule tumorali del glioblastoma sono in grado di accumulare rapidamente mutazioni del DNA, principalmente a carico degli enzimi del metabolismo che hanno un impatto a livello trascrizionale. Di conseguenza, il loro assetto epigenetico cambia continuamente e crea una incredibile eterogeneità genetica.

I meccanismi alla base del metabolismo delle cellule tumorali non sono ancora ben compresi e la mia ricerca vuole far luce innanzitutto sul tipo di sostanze che vengono assorbite, che non sono solo i classici glucosio e glutammina ma tutta una serie di altri composti ritenuti finora scarti. Poi, su come queste sostanze vengono trasformate e usate per produrre energia. Infine su come il profilo epigenetico di queste cellule evolve in seguito alle modifiche genetiche.

Che processi vengono sfruttati dalle cellule tumorali per produrre energia?

Il metabolismo delle cellule è fatto da diverse reazioni: la prima è la glicolisi che, in assenza di ossigeno, trasforma le molecole di glucosio in piruvato e, abbastanza rapidamente, produce energia sotto forma di ATP. Dopodiché, se la cellula ha tutto l’assetto enzimatico e molecolare necessario, il piruvato entra nel ciclo di Krebs dove, questa volta in presenza di ossigeno, una varietà di substrati viene continuamente trasformata per produrre più energia possibile per la cellula.

In teoria, alle cellule tumorali converrebbe usare il metabolismo aerobio per ottenere il massimo della produzione di energia e proliferare più in fretta possibile. Nella realtà, invece, si accontentano della glicolisi perché hanno bisogno di energia immediata e scelgono un processo magari meno efficiente ed efficace ma che si risolve in tempi molto rapidi.

Come studiate il metabolismo delle cellule tumorali?

Portiamo avanti due linee di ricerca. La prima consiste nel dare alle cellule tumorali diverse sostanze nutritive, da quelle più canoniche a quelle meno comuni, per capire quali vengono preferite. Facciamo i test sia sugli astrociti sia tutta la serie di cellule staminali cerebrali che sono responsabili della ricorrenza del tumore. Anche quando si riesce a rimuovere chirurgicamente la massa tumorale, ci sono delle cellule staminali tumorali che inevitabilmente rimangono nel cervello e possono cominciare a proliferare. Una terapia in grado di colpire questo tipo di cellule sarebbe molto utile, meglio se riuscisse a ucciderle ma almeno bloccarne la proliferazione.

La seconda linea di ricerca consiste nel fare uno screening di sostanze chemioterapiche per individuare quelle in grado di ridurre la massa tumorale, migliorare le condizioni del paziente e aumentare la sua sopravvivenza. Ne testiamo diverse, in vitro e in vivo, indipendentemente dal fatto che siano indicate per il glioblastoma; l’importante è che siano molecole di piccole dimensioni e lipofile in modo che riescano a superare la barriera ematoencefalica. Uno dei grossi problemi nel trattamento del glioblastoma, infatti, è la sua localizzazione. Un’altra caratteristica che ricerchiamo in queste nuove molecole è la selettività: essendo un tumore che colpisce il cervello, è cruciale che i farmaci somministrati non creino danni alle aree del cervello circostanti.

Quali sono le prospettive future del tuo lavoro?

Caratterizzare il microambiente tumorale, comprendendo come le cellule assorbono le sostanze nutritive e come le metabolizzano, può essere molto utile per la diagnosi del glioblastoma multiforme. L’idea è individuare un biomarker, che sia una molecola segnale o qualche sostanza di scarto secreta nell’ambiente extracellulare, da usare assieme agli altri sintomi per riconoscere le fasi iniziali del tumore. Il glioblastoma è un tumore talmente aggressivo da avere una sopravvivenza alla diagnosi di 15 mesi; purtroppo anche se preso in tempo e curato, solo il 5% dei pazienti riesce a sopravvivere dopo 5 anni.

Per quanto riguarda lo screening di molecole ad azione farmacologica, l’obiettivo è trovare uno o più target a livello degli enzimi del metabolismo per mettere a punto una terapia basata su diverse componenti, ciascuna specifica per un certo processo. L’ideale è trovare qualcosa che agisca solo sulle cellule tumorali e non su quelle sane, ecco perché è importante capire le principali differenze tra il metabolismo delle cellule tumorali e quello degli astrociti normali.


Leggi anche: Tumori maligni al cervello: è possibile fermarne la crescita?

Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.    Immagine anteprima: Foto Pixabay, elaborazione grafica di Lisa Zillio.

Condividi su
Luisa Alessio
Biotecnologa di formazione, ho lasciato la ricerca quando mi sono innamorata della comunicazione e divulgazione scientifica. Ho un master in comunicazione della scienza e sono convinta che la conoscenza passi attraverso la sperimentazione in prima persona. Scrivo articoli, intervisto ricercatori, mi occupo della dissemination di progetti europei, metto a punto attività hands-on, faccio formazione nelle scuole. E adoro perdermi nei musei scientifici.