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Lucy Wills, la scienziata che ha scoperto l’acido folico grazie a una crema spalmabile

Ematologa inglese, Lucy Wills ha condotto ricerche su una grave forma di anemia che colpisce le donne in gravidanza. Così ha scoperto, in modo a dir poco insolito, che è causata da una carenza di acido folico.

Immagini Wikimedia Commons, Lucy Wills: Globefox CC BY 3.0 – Marmite: Paul Venter CC BY-SA 3.0

Cosa lega una scimmia indiana (Macaca mulatta), una crema spalmabile a base di estratto di lievito e una forma particolarmente grave di anemia che colpisce le donne incinte? L’intuizione di una scienziata. Lucy Wills, ematologa inglese, tra la fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta del secolo scorso ha condotto ricerche su una particolare forma di anemia che colpisce le donne durante la gravidanza, riuscendo a scoprire, in un modo a dir poco insolito, che è causata da carenza di acido folico.

Oggi sappiamo che, oltre a prevenire e curare l’anemia, l’acido folico – conosciuto anche come vitamina B9 – contribuisce a ridurre il rischio di difetti del tubo neurale nel feto che possono causare malformazioni come la spina bifida o l’anencefalia. È prassi comune consigliare alle donne in gravidanza di inserire nella loro dieta alimenti in cui sia presente l’acido folico o di assumerlo tramite integratori.

Milioni di persone devono la loro vita al lavoro di Wills, ma poche conoscono la storia di questa scienziata e dell’intuizione grazie alla quale, somministrando una crema spalmabile di nome Marmite a una scimmia, ha compiuto la sua scoperta.

Dalle scienze naturali alla medicina

Lucy Wills nasce nel 1888 a Sutton Coldfield, nei pressi di Birmingham. Cresce in una famiglia colta e benestante: entrambi i genitori la incoraggiano, sin dalla più tenera età, a coltivare liberamente i suoi interessi. Dopo aver frequentato un istituto privato, a 15 anni si iscrive al Cheltenham College for Young Ladies, una delle prime scuole britanniche a offrire corsi in scienze e matematica per le studentesse, discipline fino a pochi anni prima esclusivamente maschili. Successivamente frequenta il Newnham College di Cambridge, dove nel 1911 si laurea con lode in botanica e geologia.

Persona eclettica e curiosa, subito dopo la laurea Wills si interessa alle teorie di Freud. In un primo momento pensa di abbandonare le scienze naturali per dedicarsi alla psichiatria, ma un periodo come infermiera durante la prima guerra mondiale la porta a decidere di seguire un’inaspettata terza via, mai valutata prima di allora: studiare medicina. Rientrata a Londra, si iscrive alla London School of Medicine for Women, la prima scuola medica femminile del Regno Unito, dove si laurea nel 1920.

Le ricerche in India

Wills concentra i suoi interessi sull’ematologia, disciplina che studia il sangue con lo scopo di individuarne, analizzarne e curarne le malattie. In quegli anni Margaret Balfour, una dottoressa che lavora presso l’Haffkine Institute di Bombay (oggi Mumbai), sta indagando sulle ragioni per cui molte donne incinte soffrono di una forma grave e spesso mortale di anemia, l’anemia macrocitica, caratterizzata dalla produzione di pochi globuli rossi di grosse dimensioni. Balfour contatta Wills e la coinvolge nella sua ricerca.

Fra il 1928 e il 1933 Wills si reca più volte in India, dove – nel tentativo di risalire alle cause scatenanti dell’anemia – conduce una serie di osservazioni sulle donne che ne sono affette. Si concentra sullo studio delle condizioni di vita e delle abitudini alimentari. Dopo aver scartato ogni ipotesi alternativa, constatato che a sviluppare l’anemia in gravidanza sono soprattutto le donne di ceto sociale basso, ipotizza che la causa sia da ricercare nella carenza di specifiche vitamine nella dieta.

Scimmie, creme spalmabili e acido folico

Con l’obiettivo di individuare le sostanze in grado di compensare questa mancanza, Wills conduce numerosi esperimenti su ratti albini, a cui somministra gli stessi alimenti presenti nella dieta delle donne di Bombay, aggiungendo di volta in volta specifiche vitamine. Non ottiene tuttavia i risultati sperati. Preoccupata che una particolare infezione che colpisce questi animali possa influire negativamente sui risultati del suo lavoro, all’inizio degli anni Trenta decide di proseguire le sue ricerche con i macachi rhesus. Purtroppo, anche in questo caso, nessuna delle vitamine utilizzate nei test sembra sortire l’effetto sperato.

Wills oscilla tra la frustrazione e la rassegnazione. Finché, un giorno del 1931, ha un’intuizione destinata a segnare un punto di svolta. Uno dei macachi manifesta i sintomi dell’anemia in modo particolarmente grave; constatata l’inefficacia di tutti i trattamenti provati sino a quel momento e non avendo nulla da perdere, Wills prova qualcosa di completamente diverso: acquista una confezione di Marmite, crema spalmabile a base di estratto di lievito. Salata e dalla consistenza appiccicosa, diffusa soprattutto nel Regno Unito e in Nord Europa, Marmite è apprezzata per essere ricca di vitamine, tanto che i soldati impegnati nella prima guerra mondiale la mangiavano per rimettersi in forze. Wills la somministra alla scimmia e si accorge che la salute dell’animale migliora rapidamente; realizza così che la sostanza tanto cercata si trova proprio nella crema spalmabile comprata al mercato.

La scienziata effettua quindi numerosi altri test, stavolta aggiungendo Marmite direttamente alla dieta delle donne di Bombay affette da anemia. Accertato in via definitiva il netto miglioramento delle condizioni di salute e condotte ulteriori analisi, Wills giunge alla conclusione che la sostanza risolutiva presente nell’estratto di lievito non è una delle vitamine ipotizzate, ma “un altro fattore”, scrive in un articolo del 1933, “non ancora identificato, presente sia nelle proteine animali che in Marmite”.

Nel 1941 la misteriosa sostanza contenuta nei barattoli di Marmite, inizialmente chiamata “fattore di Wills”, viene isolata all’interno delle foglie di spinaci e ribattezzata folato, forma naturale dell’acido folico (da folium, termine latino per foglia).

Dopo essere rientrata dall’India, dal 1938 al 1947 – anno del suo pensionamento – Wills lavora come patologa presso il Royal Free Hospital di Londra, di cui fonda il primo reparto di ematologia. Ritiratasi dal lavoro, continua a occuparsi di nutrizione e anemie ancora per molti anni. Nel 1950, in collaborazione con la dottoressa neozelandese Muriel Bell, conduce il primo studio multietnico sulle carenze nutrizionali all’origine delle anemie in donne e bambini delle isole Fiji. Muore nel 1964, all’età di 76 anni.

Il 10 maggio 2019, in occasione dell’anniversario della nascita, Google ha voluto celebrare l’ematologa che “ha cambiato il volto della cura prenatale preventiva delle donne di tutto il mondo” dedicandole uno dei suoi celebri doodle.


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Simone Petralia
Giornalista freelance. Amo attraversare generi, discipline e ambiti del pensiero – dalla scienza alla fantascienza, dalla paleontologia ai gender studies, dalla cartografia all’ermeneutica – alla ricerca di punti di contatto e contaminazioni. Ho scritto e scrivo per Vice Italia, Scienza in Rete, Micron e altre testate. Per OggiScienza curo Ipazia, rubrica in cui affronto il tema dell'uguaglianza di genere in ambito scientifico attraverso le storie di scienziate del passato e del presente.