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Lina Stern, dal successo alle persecuzioni staliniane

Lina Stern, biochimica e fisiologa sovietica, ha vissuto l'orrore delle persecuzioni antisemite compiute da Stalin ed è nota per la scoperta della barriera emato-encefalica.

Fotografia: Smithsonian Institution from United States

La barriera emato-encefalica, formata dalle pareti interne dei vasi sanguigni e dei capillari del cervello, impedisce alla maggior parte delle sostanze nocive nel sangue di penetrare a livello cerebrale, mentre consente a piccole molecole come l’ossigeno e il biossido di carbonio di diffondersi liberamente. La sua scoperta – che ha avuto importanti risvolti clinici, contribuendo a salvare migliaia di vite – si deve a Lina Stern, biochimica e fisiologa sovietica.

Donna, ebrea, antifascista e per gran parte della sua vita fervida sostenitrice degli ideali della rivoluzione russa, Lina Stern ha abbandonato gli agi e i privilegi di una tranquilla carriera universitaria in Svizzera per trasferirsi a Mosca. Qui ha ottenuto grandi successi, ma ha anche vissuto sulla sua pelle l’orrore delle persecuzioni antisemite compiute da Stalin.

Gli anni a Ginevra e la scoperta della barriera emato-encefalica

Lina Solomonovna Stern nasce nel 1878 a Libau – oggi Liepāja, in Lettonia – all’epoca parte dell’Impero russo. Cresce in una famiglia di origini e tradizioni ebraiche. La madre, casalinga, si occupa di Lina e degli altri sei figli; il padre lavora nell’import-export e trascorre gran parte del tempo in viaggio. Precoce e intelligente, Lina mostra di avere una naturale predisposizione per la scienza e la ricerca. Nel 1898, terminati gli studi superiori, dopo aver tentato di essere ammessa all’Università di Mosca riesce a entrare alla facoltà di medicina dell’Università di Ginevra. Qui intraprende una brillante carriera accademica. Dopo la laurea, conseguita nel 1903, si dedica alla ricerca. Su invito di Jean-Louis Prévost, neurologo e fisiologo di fama, viene nominata assistente presso il Dipartimento di Fisiologia. Nel 1918 ottiene un incarico come professoressa di chimica fisiologica, diventando la prima donna a ricoprire questo ruolo presso l’università svizzera.

Stern inizia a dedicarsi allo studio della barriera emato-encefalica in questi anni. Con il collega Raymond Gautier pubblica una serie di studi che dimostrano l’esistenza “di una unità funzionale o, per essere più precisi, un meccanismo che ha il suo fondamento anatomico nelle pareti dei capillari”. A partire dal 1918, i due scienziati eseguono esperimenti mirati sul movimento di varie sostanze dal sangue al sistema nervoso e stimano la misura in cui queste riescono a raggiungere il cervello.

In un testo pubblicato nel 1921, Stern scrive che “tra il sangue, da un lato, e il liquido cerebrospinale dall’altro c’è un apparato o meccanismo speciale, in grado di eseguire una sorta di screening delle sostanze che sono normalmente presenti nel sangue o che sono entrate accidentalmente. Proponiamo di chiamare questo meccanismo ipotetico, che lascia passare alcune sostanze mentre ne rallenta o blocca completamente altre, barriera emato-encefalica”.

Il trasferimento a Mosca e il successo accademico

Totalmente assorbita dal lavoro scientifico, Stern non aveva mai mostrato interesse per le vicende politiche, ma gli eventi della prima guerra mondiale e la rivoluzione d’ottobre, che nel 1922 porterà alla nascità dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, la spingono a riflettere sulle iniquità presenti nella società, le storture del sistema capitalista, la lotta di classe e l’importanza di prendere una posizione e di attivarsi per il cambiamento. Inizia a coltivare l’idea di trasferirsi in Unione Sovietica già nel 1918, ma l’occasione si presenta nel 1924, quando Aleksej Nikolaevič Bach la invita ad assumere il ruolo di direttrice del Dipartimento di Fisiologia presso la Seconda Università statale di Mosca. Così, senza alcuna esitazione, Stern decide di rinunciare alla vita agiata e privilegiata che si era costruita in Svizzera e accetta di imbarcarsi in questa nuova avventura.

Prima di trasferirsi in Unione Sovietica, la scienziata ha già oltre cento pubblicazioni all’attivo ed è molto conosciuta e apprezzata dalla comunità scientifica europea. In Unione Sovietica partecipa a importanti conferenze internazionali, ottiene prestigiosi incarichi dirigenziali e riesce a portare avanti le sue attività di ricerca. Nel 1929 fonda l’Istituto di Fisiologia di Mosca, sotto gli auspici del Commissariato per l’educazione popolare e del Commissariato della salute popolare, che dirigerà fino al 1948. Nel 1934, per celebrare trent’anni di attività scientifica, educativa e sociale, il Soviet le conferisce il titolo di “operaio onorario della scienza” e le fa un regalo inusuale: un’automobile. Nel 1939 è la prima donna a entrare a far parte dell’Accademia delle scienze sovietica e nel 1943 ottiene il prestigioso Premio Stalin per i risultati eccezionali nella ricerca sulla barriera emato-encefalica.

Nuove scoperte

Il lavoro avviato nel laboratorio di Ginevra prosegue senza sosta e con successo presso l’Istituto di Fisiologia di Mosca. Qui le ricerche si concentrano sulla funzione regolatrice della barriera, il suo ruolo durante la somministrazione diretta di sostanze nel sistema nervoso centrale e le possibili applicazioni cliniche della scoperta, in particolare nel trattamento di malattie infettive e patologie connesse a eventi traumatici. Le scoperte di Stern si rivelano fondamentali per il trattamento di malattie del sistema nervoso centrale come la sifilide del cervello, il tetano, le encefaliti e la meningite tubercolare. Nel 1934 la scienziata introduce i concetti di selettività e resistenza della barriera, giungendo alla conclusione che questa unità funzionale opera una sorta di selezione all’ingresso, consentendo ad alcune sostanze di entrare nel cervello e proteggendo l’ambiente interno del cervello da quello del sangue.

In determinate condizioni patologiche, purtroppo, il ruolo protettivo della barriera emato-encefalica può trasformarsi in un limite e contribuire allo sviluppo della malattia; molti farmaci non riescono a penetrare nel sistema nervoso proprio perché la barriera li blocca nel sangue. Partendo da questa consapevolezza, Stern elabora un metodo di somministrazione di farmaci che consiste nell’iniettare le sostanze direttamente nei ventricoli cerebrali. Sotto la sua guida, biochimici e medici si dedicano allo studio e all’analisi di questa e altre barriere istologiche presenti nell’organismo. Durante la seconda guerra mondiale, grazie al lavoro del team di ricerca di Stern, sarà possibile salvare la vita a migliaia di soldati impegnati al fronte.

L’arresto e l’esilio

Allo scoppio della guerra, Stern entra a far parte del comitato antifascista femminile e del comitato antifascista ebraico. Quest’ultimo, fondato nel 1942 per organizzare il supporto della comunità ebraica mondiale nei confronti degli sforzi bellici compiuti dall’URSS contro la Germania nazista, è composto da personalità di spicco della cultura e della scienza ed è guidato dal celebre attore di teatro Solomon Michajlovič Michoėls. Terminata la guerra, però, tutto cambia. Nonostante il riconoscimento dei suoi colleghi e gli importanti premi governativi, anche Stern non sfuggirà all’ondata di repressioni staliniane contro la comunità ebraica.

Nell’estate del 1947, Nikolai Bernstein, presidente del dipartimento di biochimica dell’Istituto medico di Ivanovo, scrive un articolo in cui lancia un attacco durissimo e totalmente infondato nei confronti della scienziata e della sua ricerca sulla barriera emato-encefalica. Si tratta del segno che qualcosa è cambiato, che la persecuzione nei confronti degli ebrei può iniziare. Nel gennaio del 1948 il comitato antifascista ebraico viene sciolto e Michoėls assassinato. Pochi mesi dopo, l’Istituto di Fisiologia diretto da Stern viene chiuso, apparentemente per motivi di riorganizzazione, e al suo posto nasce l’Istituto di fisiologia del sistema nervoso centrale dell’Accademia sovietica, diretto da Konstantin Mikhaĭlovich Bykov.

Tra il settembre 1948 e il giugno 1949, Lina Stern e altri tredici ex membri del comitato antifascista – fra cui cinque scrittori yiddish – vengono arrestati dal Ministero della sicurezza dello Stato con l’accusa di sionismo, spionaggio e tradimento. Dopo tre anni vissuti in isolamento, fra torture fisiche e psicologiche, i membri del comitato vengono condannati a morte. L’esecuzione avviene il 12 agosto 1952, in quella che è ricordata come la notte dei poeti assassinati. Stern è l’unica sopravvissuta, la sua condanna è commutata in un esilio di cinque anni nella città di Džambul, oggi Taraz, in Kazakistan.

Dopo la morte di Stalin, il 5 marzo 1953, il clima politico muta improvvisamente e pochi mesi dopo – ben prima del termine dell’esilio – Stern ha la possibilità di rientrare a Mosca, dove viene reintegrata nell’Accademia delle Scienze. Riprende subito la sua vita e torna a lavorare al dipartimento di fisiologia dell’istituto di biofisica della capitale. Negli anni successivi, segnata dalla terribile esperienza del carcere e dell’esilio, Stern rivede le sue posizioni politiche, rinnega l’Unione Sovietica come sua patria e condanna anche la rivoluzione bolscevica, che tanto l’aveva entusiasmata in passato, per aver consentito a un personaggio come Stalin di prendere il potere e portare avanti pratiche antisemite, discriminatorie e persecutorie nei confronti degli oppositori politici. Muore il 7 marzo 1968, due mesi dopo l’inizio della Primavera di Praga.


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

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Simone Petralia
Giornalista freelance. Amo attraversare generi, discipline e ambiti del pensiero – dalla scienza alla fantascienza, dalla paleontologia ai gender studies, dalla cartografia all’ermeneutica – alla ricerca di punti di contatto e contaminazioni. Ho scritto e scrivo per Vice Italia, Scienza in Rete, Micron e altre testate. Per OggiScienza curo Ipazia, rubrica in cui affronto il tema dell'uguaglianza di genere in ambito scientifico attraverso le storie di scienziate del passato e del presente.