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“Abbiamo deciso di andare sulla Luna”

A 50 anni dal primo allunaggio, ripercorriamo le tappe più importanti. A cominciare dal celebre discorso che Kennedy tenne il 12 settembre 1962 di fronte a una folla di 40.000 persone.

Foto: NASA

Il 12 aprile 1961, alle ore 09:07 secondo il fuso di Mosca, il cosmonauta russo Jurij Gagarin viene lanciato nello spazio a bordo della navicella Vostok 1. È il primo essere umano a effettuare un volo orbitale. Pochi giorni dopo, tra il 17 e il 19 aprile, il tentativo americano di rovesciare il regime di Fidel Castro nella baia dei Porci fallisce miseramente. Il 5 maggio l’astronauta della NASA Alan Shepard effettua un breve volo suborbitale a bordo della capsula Mercury 3, ma è nulla in confronto alla missione di Gagarin. Gli Stati Uniti sono in serio imbarazzo.

L’annuncio al Congresso

Consapevole dell’importanza di dare subito un segnale forte alla popolazione, il 25 maggio 1961 John Fitzgerald Kennedy – da pochi mesi presidente degli Stati Uniti d’America – annuncia davanti al Congresso l’ambizioso obiettivo di portare un astronauta americano sulla Luna entro la fine del decennio. Dopo essersi consultato con il vicepresidente Lyndon B. Johnson e con James E. Webb, neoeletto amministratore della NASA, Kennedy conclude che una missione umana sulla Luna – pur essendo un’impresa estremamente dispendiosa e impegnativa – costituisca l’unica possibilità per gli Stati Uniti di battere i rivali sovietici nella corsa allo spazio. In piedi di fronte ai membri del Congresso, chiede che gli Stati Uniti si impegnino, prima della fine del decennio, “a far sbarcare un uomo sulla Luna e riportarlo sano e salvo sulla Terra”.

È un salto nel buio. Fino a quel momento la NASA non ha ottenuto alcun successo; nessun americano ha ancora raggiunto l’orbita terrestre – il primo sarà John Glenn nel febbraio del 1962 – mentre i sovietici con le navicelle del programma Vostok hanno già effettuato diversi voli orbitali. Raggiungere la Luna sembra una follia. Eppure non è così. La NASA progetta da anni una missione lunare, mancano solo i finanziamenti. Gli USA sono indietro rispetto all’URSS nella progettazione di stazioni orbitanti e satelliti lunari, ma hanno la possibilità di battere i sovietici seguendo la strada più difficile: portare i primi esseri umani sul nostro satellite. Il discorso di Kennedy convince il Congresso e raggiungere la Luna diventa subito la priorità assoluta, una sfida aperta al programma spaziale sovietico.

Un enorme investimento

Al Congresso Kennedy non incontra alcuna opposizione. Senatori e deputati approvano l’idea sia per le enormi ricadute economiche, considerate le centinaia di industrie piccole e grandi che saranno coinvolte, sia per il prestigio internazionale che deriverà dal compimento della missione. Secondo un’inchiesta condotta dalla società di indagini statistiche Gallup, però, il 58% della popolazione non vede di buon occhio l’idea di utilizzare il denaro pubblico per compiere un’impresa spaziale che appare ardita, ma inutile. I soldi necessari per raggiungere la Luna entro la fine del decennio sono un’enormità. Si calcola che serviranno approssimativamente 25 miliardi di dollari entro il 1970, equivalenti a circa 100 miliardi in dollari attuali. Occorre convincere gli americani che si tratta di denaro ben speso.

Nell’arco di appena un anno più di cinquecentomila persone – tra tecnici, ingegneri, progettisti e personale impiegato a diversi livelli – iniziano a lavorare al progetto e nell’estate del 1962 il programma Apollo comincia a prendere forma. A Houston è in costruzione il Manned Spacecraft Center – oggi Lyndon B. Johnson Space Center – centro di controllo missione, ma anche struttura per la progettazione e la verifica dei veicoli spaziali e la formazione degli astronauti.

Il discorso alla Rice University di Houston

Nel settembre del 1962 Kennedy compie una visita di due giorni a Houston per seguire l’andamento dei lavori. Accompagnato dagli astronauti Scott Carpenter e John Glenn, ha la possibilità di visionare i  modelli delle navicelle Gemini e Apollo e della navicella Mercury 6 su cui Glenn ha effettuato il primo volo orbitale americano. Il 12 settembre si reca allo stadio della Rice University dove, di fronte a una folla di circa 40.000 persone – studenti universitari, famiglie con bambini, scolaresche, donne e uomini di tutte le età – prende la parola. Le bozze iniziali dell’intervento – scritte da Ted Sorensen, consigliere politico e autore di molti dei testi del presidente – sono successivamente modificate dallo stesso Kennedy. Il risultato è un discorso accorato e vibrante, profondamente retorico, ma anche intenso e appassionato. In trentatrè minuti destinati a entrare nella storia, Kennedy si rivolge al pubblico usando sempre la prima persona plurale. Il soggetto siamo “noi”. Noi americani, noi cittadini, ma anche – semplicemente – noi esseri umani.

Abbiamo iniziato questo viaggio verso nuovi orizzonti perché vi sono nuove conoscenze da conquistare e nuovi diritti da ottenere, perché vengano ottenuti e possano servire per il progresso di tutti. […] Abbiamo deciso di andare sulla Luna. Abbiamo deciso di andare sulla Luna in questo decennio e di impegnarci anche in altre imprese; non perché sono semplici, ma perché sono ardite, perché questo obiettivo ci permetterà di organizzare e di mettere alla prova il meglio delle nostre energie e delle nostre capacità, perché accettiamo di buon grado questa sfida, non abbiamo intenzione di rimandarla e siamo determinati a vincerla, insieme a tutte le altre.

Unire le forze: il sogno di una missione comune

Dietro al desiderio di conquista, nelle parole di Kennedy traspare una diversa visione del mondo, una nuova immagine della storia e dei rapporti tra le nazioni. Le motivazioni del 1961, sfidare i rivali sovietici e ottenere la supremazia nella corsa allo spazio, appaiono meno forti. Kennedy vuole che gli Stati Uniti occupino “una posizione di preminenza”, che siano la nazione guida di questa nuova impresa, ma al tempo stesso auspica che l’avventura lunare possa essere un modo per stemperare le tensioni della guerra fredda, sogna che possa trasformarsi in un progetto comune in grado di unire le due superpotenze, anziché dividerle ulteriormente. Lo spazio è la nuova frontiera per tutti, un territorio inesplorato da raggiungere e conquistare con coraggio e spirito pionieristico, ma senza alcuna bramosia di predominio.

Non intendo dire che dobbiamo affrontare questa impresa senza proteggerci da un uso ostile dello spazio, esattamente come non affrontiamo senza difese l’uso ostile che è possibile fare della terra e del mare. Voglio dire che lo spazio può essere esplorato e dominato senza alimentare fuochi di guerra, senza ripetere gli errori che l’uomo ha commesso nell’estendere il suo controllo sul pianeta sul quale ci troviamo. Ad oggi, lo spazio non ha ancora visto alcuna contesa, alcun pregiudizio, alcun conflitto nazionale. […] La sua conquista merita il meglio di tutta l’umanità e questa occasione di cooperazione pacifica potrebbe non ripresentarsi mai più.

In un vertice internazionale tenutosi a Vienna il 3 giugno 1961, pochi giorni dopo il discorso al Congresso, Kennedy aveva già chiesto al premier sovietico Nikita Chruščëv di progettare insieme il viaggio sulla Luna. Concetto ribadito durante un discorso tenuto all’ONU il 20 settembre 1963. “Perché il primo volo umano sulla Luna dovrebbe essere una questione di competizione nazionale?” aveva detto all’assemblea generale delle Nazioni Unite, “perché Stati Uniti e Unione Sovietica, nella preparazione di tali spedizioni, devono essere costretti a duplicare ricerche, costruzioni e spese? Dovremmo fare in modo che gli scienziati e gli astronauti dei nostri due paesi – e in effetti di tutto il mondo – possano lavorare insieme alla conquista dello spazio, spedendo sulla Luna non i rappresentanti di una singola nazione, ma i rappresentanti di tutti i nostri paesi”.

Due mesi dopo, il 22 novembre 1963, Kennedy sarà ucciso a Dallas. Forse Chruščëv stava prendendo in considerazione l’idea di accettare l’invito a unire le forze nelle missioni lunari umane, ma la morte di Kennedy e il ritiro forzato del leader sovietico nell’ottobre  del 1964, porranno definitivamente fine a questa possibilità.

Dieci anni, tre mesi e due giorni separano il discorso pronunciato da John Fitzgerald Kennedy alla Rice University di Houston dall’ultima passeggiata lunare compiuta da un essere umano, Eugene Cernan, il 14 dicembre 1972. Tra queste due date è accaduto di tutto: non solo l’assassinio di Kennedy, ma anche i fallimenti delle prime sonde lunari lanciate dalla NASA, la travagliata fase progettuale del programma Apollo, i successi e i passi falsi delle missioni sovietiche, le tensioni geopolitiche, la tragedia dell’Apollo 1, i dubbi sulla riuscita del progetto e infine l’eccezionale traguardo raggiunto il 20 luglio 1969, cinquant’anni fa, quando Neil Armstrong toccò per la prima volta il suolo lunare. Una storia incredibile, la storia del decennio in cui sembrava che il genere umano avesse intrapreso un viaggio destinato a non avere fine.

Nei prossimi articoli ripercorreremo le tappe più importanti di questa straordinaria avventura.


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

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Simone Petralia
Giornalista freelance. Amo attraversare generi, discipline e ambiti del pensiero – dalla scienza alla fantascienza, dalla paleontologia ai gender studies, dalla cartografia all’ermeneutica – alla ricerca di punti di contatto e contaminazioni. Ho scritto e scrivo per Vice Italia, Scienza in Rete, Micron e altre testate. Per OggiScienza curo Ipazia, rubrica in cui affronto il tema dell'uguaglianza di genere in ambito scientifico attraverso le storie di scienziate del passato e del presente.