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Piantare alberi contro i cambiamenti climatici, uno studio quantitativo

Qual è l'attuale copertura delle foreste, quanti alberi può sostenere il pianeta e che impatto avrebbero delle riforestazioni ad hoc?

Tutti sanno che le foreste sono essenziali per contrastare l’inquinamento del nostro pianeta. Si tratta di una conoscenza condivisa, ovvia, quasi banale. Oggi, però, siamo in grado di quantificare in modo esatto la loro importanza. Ecologi, botanici e climatologi studiano da tempo il ruolo degli alberi nell’assorbimento dell’anidride carbonica presente nell’atmosfera: ora un nuovo studio, pubblicato sulla rivista Science, fornisce una valutazione quantitativa sulla fattibilità della riforestazione in varie zone del pianeta e sulle ricadute globali in termini climatici. Il lavoro è stato condotto dal Crowther Lab, gruppo di ricerca interdisciplinare con sede presso il Politecnico federale di Zurigo.

I risultati dello studio

I ricercatori, guidati da Jean-Francois Bastin, sono riusciti a ottenere il numero complessivo di piante potenzialmente presenti sul nostro pianeta, le zone della Terra in cui si potrebbero piantare nuovi alberi e la quantità effettiva di anidride carbonica che potrebbero immagazzinare. Dalla ricerca emerge come sia possibile, in linea teorica, aumentare di un terzo la superficie boschiva totale senza intaccare le aree urbane e quelle destinate all’agricoltura. Nel complesso, si potrebbero piantare alberi su una superficie di oltre nove milioni di chilometri quadrati, corrispondente più o meno all’area di una nazione grande quanto la Cina o gli Stati Uniti.

“Prima di questo studio eravamo già a conoscenza del fatto che la riforestazione contribuirebbe in modo significativo a contrastare i cambiamenti climatici, ma non avevamo alcuna comprensione scientifica del suo impatto”. Sono parole di Tom Crowther, autore senior della ricerca. “Il nostro lavoro”, aggiunge Crowther, “mostra chiaramente che il ripristino delle foreste è la soluzione migliore al riscaldamento globale e fornisce prove concrete per giustificare investimenti in tal senso: agendo ora, nei prossimi decenni l’anidride carbonica presente in atmosfera potrebbe essere ridotta del 25%, tornando ai livelli di quasi un secolo fa”.

Una volta cresciuti, gli alberi presenti in queste foreste potrebbero immagazzinare oltre 200 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, pari a circa i due terzi dei 300 miliardi di tonnellate di CO₂ immessa nell’atmosfera dagli esseri umani a partire dalla rivoluzione industriale.

La riforestazione possibile

Le foreste attualmente presenti sul nostro pianeta coprono circa 5,5 miliardi di ettari, mentre la canopia – ovvero lo strato arboreo superiore, composto dalle chiome degli alberi – ha una copertura complessiva di 2,8 miliardi di ettari. Secondo lo studio, le nuove foreste potrebbero essere ricollocate su 1,8 miliardi di ettari di terreno, corrispondenti a una canopia di circa 0,9 miliardi di ettari. Non sono stati presi in considerazione i terreni urbani o agricoli, ma solo quelli degradati in cui l’attività antropica è inesistente o quasi, in grado quindi di sostenere una fitta vegetazione. Aggiungendo le aree urbane e coltivate, le foreste potrebbero essere ricollocate su altri 1,4 miliardi di ettari, pari a una canopia di 0,7 miliardi di ettari.

Lo studio sottolinea l’importanza di piantare alberi anche nelle aree urbane e in quelle utilizzate a scopi agricoli. In tutti i contesti, anche in quelli più antropizzati, gli alberi possono fare la differenza e contribuire in modo significativo a ridurre l’impatto complessivo dell’inquinamento, con enormi ricadute positive per la qualità della vita.

Gli strumenti utilizzati

Questo studio ha collegato in modo diretto le caratteristiche degli alberi a specifici contesti ambientali, in modo da fornire una precisa stima quantitativa della copertura potenziale di foreste in diverse zone del pianeta. I ricercatori hanno attinto a una enorme mole di dati sulle foreste e si sono avvalsi del software cartografico gratuito fornito da Google Earth Engine. Per valutare il livello naturale di copertura degli alberi nei vari ecosistemi, sono state studiate circa 80.000 fotografie satellitari ad alta risoluzione. In questo modo è stato possibile analizzare la copertura di alberi attualmente presente e quella potenziale in aree protette, perlopiù non contaminate dall’attività antropica, come la foresta pluviale delle zone equatoriali e la tundra artica.

Si è scoperto che alcuni modelli climatici esistenti sbagliano nel prevedere un aumento spontaneo della copertura arborea globale dovuta ai cambiamenti climatici in atto. Probabilmente il riscaldamento globale produrrà una crescita delle foreste in regioni come la Siberia, dove la canopia è in media del 30-40%. Questo non basterà però a compensare le enormi perdite in termini di foreste tropicali, in genere molto più fitte rispetto alle altre, con uno strato canopico che supera il 90%.

Gli algoritmi di Google Earth Engine si sono rivelati molto utili per l’identificazione delle variabili che caratterizzano i diversi tipi di suolo e per determinare una stima della copertura di alberi totale in ogni ecosistema. In questo modo è stato possibile generare un modello predittivo in grado di mappare la copertura boschiva potenziale, date le condizioni ambientali attuali, in diverse aree del pianeta in cui l’attività umana è bassa o inesistente. Questi dati sono poi stati sommati a quelli di tre noti modelli climatici, in modo da ottenere nuove variabili in grado di fornire proiezioni accurate sulle possibilità effettive di copertura boschiva nei prossimi decenni.

Sul sito del Crowther Lab è presente una mappa interattiva che consente di ottenere, selezionando qualsiasi punto del pianeta, informazioni sulle specie di alberi nativi, le zone adatte alla riforestazione, l’area di copertura boschiva attuale e potenziale, le caratteristiche del suolo e molto altro.

Considerazioni finali

Gli autori dello studio evidenziano come la maggior parte degli impegni per una effettiva riforestazione siano stati presi dai singoli stati senza considerare la quantità effettiva di terreni adatti al rimboschimento. Prendendo come esempio il cosiddetto Bonn Challenge, patto per la riforestazione sottoscritto in Germania nel 2011, che vede coinvolti 48 paesi e mira a piantare 350 milioni di ettari di alberi entro il 2030, si sottolinea come oltre il 40% delle nazioni coinvolte si siano impegnate al rimboschimento di meno della metà dell’area in grado di sostenere nuove foreste, mentre al contrario il 10% prevede di procedere alla riforestazione di un territorio considerevolmente maggiore rispetto a quello effettivamente adatto.

Dalla ricerca emerge inoltre l’importanza di agire il prima possibile. Ogni anno i cambiamenti climatici in atto riducono in modo significativo le aree in grado di ospitare nuove foreste. Entro il 2050, con un riscaldamento globale complessivo di appena 1,5 gradi centigradi, le zone adatte al rimboschimento potrebbero essere ridotte di un quinto rispetto a oggi.

Se anche si riuscisse a realizzare la totale riforestazione delle aree segnalate nello studio, occorrerebbero decenni per la piena maturazione e il raggiungimento del potenziale di assorbimento massimo degli alberi piantati adesso. Per evitare che il riscaldamento globale produca effetti disastrosi e irreparabili è fondamentale che in parallelo vengano portate avanti altre iniziative, prima di tutto la conservazione delle foreste esistenti e la drastica riduzione dell’emissione di combustibili fossili.


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.    Fotografia: Pixabay

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Simone Petralia
Giornalista freelance. Amo attraversare generi, discipline e ambiti del pensiero – dalla scienza alla fantascienza, dalla paleontologia ai gender studies, dalla cartografia all’ermeneutica – alla ricerca di punti di contatto e contaminazioni. Ho scritto e scrivo per Vice Italia, Scienza in Rete, Micron e altre testate. Per OggiScienza curo Ipazia, rubrica in cui affronto il tema dell'uguaglianza di genere in ambito scientifico attraverso le storie di scienziate del passato e del presente.